La sentenza

Cassazione: il saluto romano è lecito se non c’è apologia del fascismo

Suprema Corte: il gesto è punibile solo se accompagnato da elementi che provino la volontà di ricostituire il partito fascista o la violenza razziale

Cassazione: il saluto romano è lecito se non c’è apologia del fascismo

Il saluto romano non costituisce di per sé un reato, ma deve essere valutato in base al contesto e alle circostanze in cui viene compiuto. Questo il principio espresso dalle Sezioni unite della Cassazione, che hanno annullato con rinvio la sentenza di condanna emessa dalla corte d’appello di Milano nei confronti di otto persone che avevano fatto il saluto romano durante una manifestazione di estrema destra nel 2016. La Suprema Corte ha ritenuto che il gesto, se fatto in occasione di una commemorazione, non integra il reato di apologia del fascismo previsto dall’articolo 5 della legge Scelba, quello di propaganda di idee fondate sull’odio etnico o religioso previsto dalla legge Mancino, a meno che non siano presenti altri elementi che dimostrino la volontà di ricostituire il partito fascista o di promuovere la discriminazione o la violenza razziale.

 

Saluto romano, la decisione della Cassazione

La decisione della Cassazione è stata resa nota ieri, dopo l’udienza tenutasi davanti alle Sezioni Unite della Suprema Corte. Gli otto imputati erano stati assolti in primo grado per l’assenza dell’elemento soggettivo, ma poi condannati in appello a pene tra i 6 e i 10 mesi di reclusione, in base alla legge Mancino del 1993, che sanziona le manifestazioni pubbliche di ideologie discriminatorie. La Cassazione ha accolto il ricorso degli imputati e ha annullato la sentenza di condanna, disponendo un nuovo processo di appello da parte di un’altra sezione della corte d’appello di Milano.

La Cassazione ha motivato la sua decisione richiamando la legge Scelba del 1952, che punisce con la reclusione fino a tre anni e con la multa chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista o di organizzazioni naziste. La Suprema Corte ha precisato che il saluto romano rientra tra queste manifestazioni, ma che per configurare il reato di apologia del fascismo è necessario contestare anche il pericolo concreto di ricostituzione del partito fascista, come previsto dall’articolo 5 della legge Scelba. Inoltre, la Cassazione ha affermato che il saluto romano può integrare il reato di propaganda di idee fondate sull’odio etnico o religioso, previsto dalla legge Mancino, solo se realizza un pericolo concreto per l’ordine pubblico, e se è accompagnato da altri elementi che dimostrino la finalità discriminatoria o violenta del gesto.

 

Le reazioni degli avvocati e di CasaPound

L’avvocato generale della Cassazione, Pietro Gaeta, aveva sostenuto la tesi della corte d’appello, sottolineando che il saluto romano è un simbolo di una ideologia che ha portato alla guerra e alla persecuzione di milioni di persone, e che quindi non può essere considerato un gesto innocuo o neutro. Gaeta aveva anche aggiunto che la nostra democrazia è forte e sa distinguere tra la finalità commemorativa e il potenziale pericolo di ordine pubblico.

Gli avvocati difensori degli imputati, invece, avevano contestato la condanna, sostenendo che il saluto romano era stato fatto in occasione di una cerimonia del “presente”, e che quindi non aveva alcuna valenza politica o ideologica, ma solo storica e culturale. Gli avvocati avevano anche affermato che in Italia non si possono punire le opinioni, e che il saluto romano non è reato se fatto in una commemorazione.

Il movimento di estrema destra CasaPound, che organizza ogni anno la commemorazione della strage di Acca Larentia, in cui morirono tre militanti neofascisti nel 1978, ha accolto con favore la decisione della Cassazione, dichiarando che continuerà a fare il saluto romano come segno di rispetto verso i propri caduti. 

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