Vittorio Sgarbi non è più sottosegretario alla Cultura. Lo ha comunicato lui stesso durante un evento a Milano, dove ha esposto le ragioni della sua decisione. In sintesi, si tratta di una protesta contro il ministro Gennaro Sangiuliano, che avrebbe presentato due lettere anonime all’Antitrust che contestavano le sue attività extra-istituzionali, come le presentazioni di libri o le consulenze artistiche, ritenendole in conflitto di interessi con il suo ruolo di governo. Sgarbi ha definito Sangiuliano «un uomo senza dignità» e ha sostenuto di aver ricevuto una lettera «molto complessa e confusa» dall’Antitrust, che gli avrebbe impedito di tenere la sua lecture su Michelangelo nell’ambito dell’evento “La ripartenza - liberi di pensare”, organizzato da Nicola Porro. «Per evitare che tutti voi siate complici di un reato, io parlo da questo momento libero del mio mandato di sottosegretario», ha dichiarato Sgarbi, aggiungendo che avrebbe formalizzato le sue dimissioni «nelle prossime ore» alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che lo ha nominato nel suo esecutivo.
Un colpo di teatro
La scelta di Sgarbi ha sorpreso tutti, anche perché il 15 febbraio l’aula della Camera avrebbe discusso la mozione delle opposizioni per chiedere al governo di revocare l’incarico di sottosegretario al critico d’arte, accusato di essere incompatibile con la sua professione. Sgarbi ha ammesso di aver meditato per due ore se dimettersi o no, definendo la sua mossa «un colpo di teatro». Ha poi spiegato che la legge gli consentiva di ricorrere al Tar per contestare la decisione dell’Antitrust, ma ha preferito rinunciare al suo ruolo per poter continuare a fare le sue attività. «Non può essere in conflitto di interessi chi non ha un lavoro, chi non fa l’attore, chi non fa il professore, chi è in pensione come professore e come sovrintendente», ha affermato, sottolineando di aver fatto «occasionalmente» conferenze come quella di Milano. «Avete comunque un ministro e altri sottosegretari», ha concluso, annunciando che da ora in avanti avrebbe potuto «andare in tv e fare conferenze».
Sangiuliano, un uomo senza dignità
Il bersaglio principale delle critiche di Sgarbi è stato il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, con cui ha avuto un rapporto conflittuale fin dall’inizio. Sgarbi ha rivelato di non averlo sentito e di non averci parlato dal 23 ottobre, quando gli ha dato la delega per occuparsi della Garisenda, una torre pendente di Bologna che rischia il crollo. «Non potevo sentire una persona che riceve una lettera anonima e la manda all’Antitrust. Le lettere anonime si buttano via, gli uomini che hanno dignità non accolgono lettere anonime», ha detto Sgarbi, accusando Sangiuliano di aver inviato all’Antitrust due missive anonime contro di lui. «Tutto quello che hanno dichiarato arriva da lettere anonime», ha insistito.
In un’intervista a Prima di domani su Retequattro, Sgarbi ha chiarito di aver ricevuto la decisione dell’Antitrust, «per altro senza sanzioni», secondo cui le sue attività di consulenza o di presentazioni libri sono incompatibili con il suo ruolo di sottosegretario. La decisione «mette in discussione queste mie attività ma non attraverso un’indagine, ma attraverso una lettera anonima», ha lamentato.
Meloni lo ringrazia per il lavoro svolto
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha preso atto delle dimissioni di Sgarbi e lo ha ringraziato per il lavoro svolto in questi mesi come sottosegretario alla Cultura. «Vittorio Sgarbi è una persona di grande cultura e di grande passione, che ha portato avanti con determinazione e competenza le sue deleghe, in particolare quella relativa al recupero del patrimonio artistico e architettonico del nostro Paese», ha dichiarato Meloni in una nota. «Gli sono grata per il contributo che ha dato al governo e alla nostra coalizione, e gli auguro ogni successo per le sue future iniziative», ha aggiunto. Le dimissioni di Sgarbi sono le seconde per il governo Meloni, dopo quelle di Augusta Montaruli, condannata per peculato e costretta a lasciare il suo incarico di sottosegretario alla Giustizia. Il governo, tuttavia, non sembra in crisi e gode ancora di una solida maggioranza in Parlamento.