La guerra di Gaza, iniziata il 7 novembre 2023, è entrata nel suo 139° giorno senza una soluzione tangibile in vista. Il conflitto ha causato la morte di quasi 30mila persone, tra cui molti civili, e ha provocato una grave crisi umanitaria nella Striscia di Gaza, assediata da Israele e priva di cibo, acqua, elettricità e medicine. Tuttavia, oggi potrebbe aprirsi uno spiraglio di speranza, grazie ai negoziati in corso tra Hamas, il movimento islamico che controlla Gaza, e Israele, con la mediazione di Egitto, Qatar, Stati Uniti e altri paesi. A Parigi si terrà un incontro di alto livello per discutere di una possibile tregua e di uno scambio di ostaggi, mentre il presidente palestinese Mahmoud Abbas Abu Mazen chiede un intervento internazionale per fermare il genocidio israeliano.
Parigi, crocevia dei negoziati
La capitale francese ospita oggi un importante incontro tra i rappresentanti di Egitto, Qatar, Stati Uniti e Israele, che cercheranno di trovare una soluzione alla guerra di Gaza. Il capo della Cia, William Burns, sarà presente per discutere dell’atteso accordo sugli ostaggi, che prevede il rilascio di circa 3mila detenuti palestinesi in cambio di quelli israeliani, di cui solo 100 sarebbero ancora in vita. Hamas ha posto come condizione che i prigionieri liberati siano quelli condannati a lunghe pene e che i negoziati per un cessate il fuoco definitivo inizino dopo una tregua di 6 settimane. La proposta, tuttavia, non è stata accettata da Israele, che vuole il rilascio immediato di tutti i suoi ostaggi e la fine delle attività militari di Hamas. La Cina, che presiede il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, ha fatto appello a entrambe le parti per un cessate il fuoco immediato e incondizionato.
Hamas lascia l’Egitto dopo colloqui inconcludenti
Il leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh, ha abbandonato l’Egitto dopo aver parlato con il capo dell’intelligence egiziana Abbas Kamel dei modi per porre fine alla guerra, dell’accordo per gli ostaggi e del flusso di aiuti a Gaza. Hamas ha rilasciato una dichiarazione in cui non ha chiarito se i colloqui abbiano portato a qualche progresso o a una svolta. I colloqui al Cairo sono stati preceduti da una visita di Haniyeh in Qatar, dove ha incontrato l’emiro Tamim bin Hamad Al Thani, che ha espresso il suo sostegno alla causa palestinese e ha promesso di inviare aiuti umanitari e finanziari a Gaza. Il Qatar è uno dei principali alleati di Hamas e uno dei mediatori del conflitto.
Austin a Gallant, serve piano credibile per sicurezza Rafah
Il segretario alla Difesa Usa, Lloyd J. Austin III, ha avuto oggi una conversazione telefonica con il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, per discutere delle operazioni militari di Israele contro Hamas a Khan Younis, una delle aree più colpite dai bombardamenti. Austin ha chiesto a Gallant di presentare un piano credibile per garantire la sicurezza e il sostegno a oltre un milione di persone che si rifugiano a Rafah, al confine con l’Egitto, prima di procedere a eventuali azioni militari. Austin e Gallant hanno anche parlato degli sforzi per assicurare il rilascio di tutti gli ostaggi rimasti e per migliorare il processo di risoluzione dei conflitti con i gruppi umanitari. Austin ha sottolineato la necessità di garantire che più aiuti raggiungano i civili palestinesi, poiché i saccheggi e la violenza ostacolano l’accesso ai convogli umanitari a Gaza.
Abu Mazen: “La comunità internazionale fermi il genocidio”
Il presidente palestinese, Mahmoud Abbas (Abu Mazen), ha lanciato un appello urgente alla comunità internazionale per fermare la guerra di genocidio israeliana contro il popolo palestinese nella Striscia di Gaza, compresa la fame, conseguenza dell’occupazione israeliana. Abbas ha anche chiesto la fornitura di cibo e aiuti medici nella Striscia di Gaza, in particolare nella regione settentrionale, dove la situazione è più critica. Abbas ha accusato Israele di essere responsabile della diffusione di malattie, epidemie e carestie nella Striscia di Gaza a causa del suo blocco all’ingresso di cibo e aiuti medici. Ha ribadito il suo sostegno a una soluzione a due stati, basata sui confini del 1967 e con Gerusalemme Est come capitale della Palestina.