Reazioni e dichiarazioni

Perché l’Italia non ha firmato la dichiarazione UE sui diritti LGBTIQ+

Il nostro paese, insieme ad altri otto, si è astenuto dalla firma del documento. La decisione presa già da tempo, solleva ora un dibattito nazionale.

Perché l’Italia non ha firmato la dichiarazione UE sui diritti LGBTIQ+

In un’epoca storia in cui la lotta per l’uguaglianza e il riconoscimento dei diritti delle comunità LGBTIQ+ guadagna sempre più attenzione, l’Italia si trova al centro di un acceso dibattito. La recente scelta del governo di non firmare una dichiarazione europea a sostegno di queste comunità ha suscitato reazioni contrastanti, evidenziando una frattura sia a livello politico che sociale.

 

Diritti LGBTIQ+, perché l’Italia non ha firmato la dichiarazione UE

L’Unione Europea, con la presidenza belga, ha presentato una dichiarazione per rafforzare le politiche a tutela delle comunità LGBTIQ+. Questo documento, mirato a promuovere l’uguaglianza e combattere la discriminazione, è stato sottoscritto da 18 dei 27 stati membri. Tuttavia, l’Italia, insieme a Ungheria, Romania, Bulgaria, Croazia, Lituania, Lettonia, Repubblica Ceca e Slovacchia, ha deciso di non apporre la propria firma. La dichiarazione, preparata in occasione della Giornata Mondiale contro l’Omofobia, la Transfobia e la Bifobia, (17 maggio), ha trovato opposizione nel Ministero della Famiglia italiano, guidato da Eugenia Roccella. Secondo fonti ministeriali, la decisione è stata presa giorni fa, motivata dal fatto che il testo fosse “sbilanciato sull’identità di genere”, riflettendo il contenuto della controversa legge Zan. La ministra Roccella ha inoltre accusato la sinistra di utilizzare l’omofobia per celare obiettivi legati al gender.

 

Reazioni e dichiarazioni contrapposte 

La giornata iniziata ieri con le parole del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in cui ha sottolineato come l’Italia non sia immune da episodi di omotransfobia, definendoli “lacerazioni alla convivenza democratica” e affermando che “non è possibile accettare di rassegnarsi alla brutalità, era proseguita con quelle del Ministro degli esteri e vicepremier Antonio Tajani in cui ha garantito l’inviolabilità dei diritti, in netto contrasto con la posizione espressa dal Ministero della Famiglia. La giornata si è conclusa con l’intervento della premier Giorgia Meloni, che ha ribadito l’impegno del governo nel contrastare ogni forma di discriminazione e violenza, definendole “inaccettabili”. Queste dichiarazioni contrapposte riflettono la complessità del dibattito in corso e la necessità di un dialogo costruttivo per una società più inclusiva e rispettosa delle identità.

 

Opposizioni all'attacco: dure critiche al governo

Reazioni infuocate da parte delle opposizioni, in particolare dal Partito Democratico. La segretaria Elly Schlein ha espresso indignazione: "Che rabbia e che vergogna questo governo che decide di non firmare, non è accettabile". Schlein ha ricordato che lo stesso esecutivo aveva firmato l'anno scorso, accusandolo di sfruttare il tema della discriminazione per fare campagna elettorale.

Anche il leader del M5S, Giuseppe Conte, ha criticato duramente la decisione, affermando che "l'Italia ha deciso di inseguire il modello culturale orbaniano, questa è la posizione reazionaria di chi ci governa".

Simile il commento di Riccardo Magi di +Europa: "Meloni schiaccia il nostro paese tra i piccoli staterelli omofobi". Ivan Scalfarotto di Italia Viva ha definito la decisione "scellerata", mentre per Avs è "inaccettabile". Daniela Ruffino di Azione ha parlato di "una brutta pagina".

Anche Alessandro Zan ha criticato aspramente la destra, definendola "vigliacca" e ricordando l'esultanza in Senato nell'ottobre 2021 per l'affossamento del ddl Zan. Zan ha inoltre bollato come "ipocrita" il post del Ministero dell'Istruzione in occasione della giornata, accusando le istituzioni di "omotransfobia dilagante".

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