a 18 giorni dalle europee

Pasticcio Redditometro, Meloni convoca un vertice di emergenza a Chigi

Nel governo si tenta di arginare e rimediare all’errore del viceministro Leo sul “grande fratello fiscale” finito, non si sa come, in Gazzetta Ufficiale

Pasticcio Redditometro, Meloni convoca un vertice di emergenza a Chigi

Nel pomeriggio di una giornata già tesa per i timori legati alle scosse di terremoto ai Campi Flegrei, il governo italiano si trova ad affrontare una crisi interna inaspettata. La Premier Giorgia Meloni, ancora furiosa per il clamoroso errore del suo viceministro con delega al "fisco amico", Maurizio Leo, convoca un vertice d'urgenza a Palazzo Chigi. Con la campagna elettorale europea in corso, ogni mossa è cruciale, e l'errore di Leo, con la sua infausta tempistica e una comunicazione fallimentare, rischia di trasformare l'immagine del governo da fautore della riduzione delle tasse a inaspettato esattore fiscale. Questa percezione negativa è un cortocircuito micidiale che arriva a soli 18 giorni dalle elezioni europee, viste come decisive per la leadership di Meloni e per l'Italia intera.

 

La reazione di Meloni, Tajani e Salvini

Nel contesto di questo tumultuoso scenario, i due vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, nonostante la competizione proporzionale che li vede solitamente su fronti opposti, si uniscono contro la decisione della leader di Fratelli d'Italia. Tajani critica apertamente l'errore, mentre Salvini non esita a definirlo un vero e proprio "orrore", cercando di capitalizzare il passo falso per raccogliere consensi. La Premier Meloni, determinata a fermare le polemiche, sceglie di affrontare la questione pubblicamente. Alle dieci del mattino, dopo aver tentato di placare le critiche giurando che "mai nessun grande fratello fiscale sarà introdotto da questo governo", decide di metterci la faccia e registrare un video per spiegare la situazione. Nel video, Meloni afferma che il governo ha "ereditato una situazione molto pericolosa" e, nonostante i rimproveri interni a Leo, sceglie di non addossare tutta la colpa al viceministro. Piuttosto, annuncia la sospensione del decreto in attesa di ulteriori approfondimenti, cercando di proteggere la stabilità del suo governo e dimostrare un impegno verso una gestione più ponderata delle politiche fiscali.

 

Il Consiglio dei Ministri sul Redditometro

Per il finale di questa intricata vicenda bisognerà attendere il Consiglio dei ministri previsto per domani. Maurizio Leo, con un atteggiamento contrito, sarà chiamato a tenere una relazione imposta da Giorgia Meloni, nella quale dovrà spiegare come sia stato possibile che una norma, sconosciuta sia alla Premier che al Ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, sia finita sulla Gazzetta Ufficiale. Il cortocircuito ha creato non pochi imbarazzi tra Palazzo Chigi, il Ministero dell'Economia e delle Finanze, e la sede di Fratelli d'Italia in via della Scrofa. In questo contesto, Antonio Tajani proporrà il suo drastico emendamento per l'“abrogazione” della norma, mentre Matteo Salvini ribadirà il contenuto dell'ordine del giorno, primo firmatario Alberto Gusmeroli, con cui la Lega chiede di superare il redditometro per evitare un'intrusione sproporzionata nella privacy degli italiani. Tuttavia, all'interno di Forza Italia, questo ordine del giorno viene giudicato irrilevante, paragonato a un “sorso di acqua minerale”.

 

La necessità di una soluzione

Il nodo centrale ora è trovare una via d'uscita da questa situazione imbarazzante. La mossa di Leo, sebbene ora vista come un grave errore, era attesa da tempo e persino sollecitata dalla Corte dei conti. Per condividere le responsabilità dell'incidente elettorale con Lega, Partito Democratico e Movimento 5 Stelle, fonti dell'esecutivo hanno fatto circolare un documento che ricostruisce la storia normativa del redditometro. Nato nel 1973, codificato dal governo Renzi nel 2015, abrogato nel 2018 dal Conte I, e rispuntato nel 2019 con l'obiettivo di rispettare la privacy dei contribuenti, è infine approdato in Gazzetta con la firma di Leo. Ora, per cancellare il decreto ministeriale, sarà necessario abrogare le norme a monte che lo prevedono o sostituirlo con un nuovo decreto. La soluzione più probabile è quest'ultima, ma con un chiaro vincolo politico imposto da Meloni: fino al 9 giugno, è vietato menzionare qualsiasi cosa che possa ricordare un "grande fratello fiscale".

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