Le recenti elezioni europee hanno offerto uno spaccato interessante sul consenso dei candidati di vari partiti, mettendo in luce personalità capaci di raccogliere un numero impressionante di preferenze. La premier Giorgia Meloni, con 2,4 milioni di voti in cinque circoscrizioni, ha raggiunto livelli di consenso paragonabili a quelli di Silvio Berlusconi ai tempi d'oro di Forza Italia. Notevoli anche i risultati del generale Roberto Vannacci e del sindaco di Bari, Antonio Decaro. Analizziamo più da vicino i protagonisti di questo scenario elettorale e le dinamiche che ne sono emerse.
Il trionfo di Meloni: un partito compatto
Le 2,4 milioni di preferenze ottenute da Giorgia Meloni nelle cinque circoscrizioni in cui si è candidata non solo la collocano al vertice del consenso popolare, ma rappresentano anche un indicatore della compattezza del suo partito, Fratelli d'Italia (FdI). Il divario tra le preferenze ottenute dalla premier e quelle degli altri candidati di FdI è significativo: ad esempio, nel Nord-Ovest, Meloni ha ricevuto 623.684 voti, mentre il secondo candidato, Carlo Fidanza, si è fermato a 50.751. Questo enorme divario suggerisce che tutti i candidati hanno lavorato per portare la seconda preferenza alla loro leader, dimostrando l'unità del partito. Un risultato simile riporta alla mente i tempi in cui Silvio Berlusconi, con Forza Italia, superava il 30% dei consensi.
La sfida interna del PD: riformisti contro segreteria
Nel Partito Democratico (PD), le preferenze hanno assunto il ruolo di un vero e proprio "congresso" interno, con i candidati riformisti dell'area Guerini che hanno superato quelli della segreteria. Il caso più eclatante è quello di Antonio Decaro, che ha ottenuto 495.918 preferenze nel Sud, superando di gran lunga Lucia Annunziata, la capolista scelta da Elly Schlein, che si è fermata a 241.016 voti.
Anche Stefano Bonaccini, con 389.284 preferenze, e altri riformisti come Giorgio Gori (210.000) e Dario Nardella (100.000) hanno ottenuto risultati superiori rispetto ai candidati vicini alla segreteria. Questo scenario mette in luce le tensioni interne al partito e la spinta riformista che emerge dalle urne.
Il successo di Vannacci e la sconfitta di Renzi e Bonino
Roberto Vannacci, con le sue 532.368 preferenze ottenute in cinque circoscrizioni, ha confermato la fiducia riposta in lui da Matteo Salvini. Nel Nord-Ovest, i suoi 186.637 voti sono più del doppio rispetto a quelli della capolista Silvia Sardone, europarlamentare uscente. Nonostante il calo generale dei consensi della Lega, che nella stessa circoscrizione è scesa da 995.000 a 802.000 voti rispetto alle politiche, il contributo di Vannacci ha mitigato questa perdita.
D'altra parte, la lista Stati Uniti d'Europa, che vedeva tra i candidati Matteo Renzi ed Emma Bonino, ha registrato un risultato deludente. Renzi ha superato Bonino sia nel Nord-Ovest, con 64.977 preferenze contro 45.353, sia al Centro, con 54.096 contro 21.757. Questo risultato ha indotto Carlo Calenda a sostenere che l'alleanza con Italia Viva abbia alienato gli elettori di +Europa, molti dei quali potrebbero aver dirottato il loro voto verso altre formazioni politiche.
Promossi e bocciati: chi va a Strasburgo
Con la chiusura delle urne, è emersa una chiara distinzione tra i candidati promossi e bocciati. Tra i volti noti che siederanno al Parlamento Europeo troviamo, oltre a Roberto Vannacci e Ilaria Salis, figure come Lucia Annunziata, Pasquale Tridico, Nicola Zingaretti, Cecilia Strada, Antonio Decaro, Stefano Bonaccini, Mimmo Lucano e Marco Tarquinio (indipendente PD). Tuttavia, molti altri non hanno superato la soglia di sbarramento e non andranno a Strasburgo: tra questi, Matteo Renzi, Carlo Calenda, Emma Bonino, Michele Santoro, Luciano Bandecchi e Cateno De Luca.
In conclusione, le elezioni europee hanno evidenziato non solo i record personali di preferenze, ma anche le dinamiche interne ai partiti e le sfide che questi dovranno affrontare nei prossimi anni. La leadership di Meloni in FdI appare consolidata, mentre nel PD si preannunciano nuovi equilibri. La Lega trova in Vannacci un elemento di forza, mentre la lista Stati Uniti d'Europa dovrà riflettere sulle ragioni del suo insuccesso.