Mes, il ministro Gualtieri: “Tensioni di cassa senza quei fondi”

Levata di scudi contro il titolare del Mef da opposizione e M5S. Ma anche Paolo Gentiloni da Bruxelles: “L’Italia può trarre vantaggi da quel prestito”

Mes, il ministro Gualtieri: “Tensioni di cassa senza quei fondi”

La tregua è davvero finita. E il Mes ancora una volta agita le forze politiche di maggioranza e di opposizione. A riaccendere la miccia alcune dichiarazioni che il ministro dell’Economia Gualtieri avrebbe reso ai capidelegazione della maggioranza prima della riunione a Palazzo Chigi di due giorni fa sullo scostamento di Bilancio. A riportarle, oggi, il Sole 24 ore secondo il quale il ministro riterrebbe “necessario” il ricorso al Mes per evitare problemi alle casse dello Stato. Le reazioni di favorevoli e contrari non si sono fatte attendere. Ad andarci giù pesante è leader del Carroccio, Matteo Salvini. "Pur di rifilarci il Mes come pretende il suo Pd, il ministro parla di problemi di cassa per l'Italia. Dopo mesi di lockdown cosa si aspettava?”, si chiede. E aggiunge: “Quello di Gualtieri è un pessimo segnale per i mercati e un’assurdità dopo i successi delle ultime aste dei Btp. Anziché gli italiani, il Pd tutela gli interessi della Troika. Questo governo mette in pericolo l'Italia".


Il tema è incandescente. Nella maggioranza sono i Cinquestelle a escludere il ricorso al Meccanismo di Stabilità. Vito Crimi in un’intervista a tutto campo parla anche di Mes. Secondo il capo politico del Movimento tirarlo in ballo ora è “fuori tempo. I soldi per la sanità ci sono, abbiamo messo in campo 85 miliardi dopo lo scostamento, usiamo quelli". E osserva: “Sul Mes il dibattito è asincrono. La preoccupazione deve essere quella di come mettere a terra gli stanziamenti e gli investimenti già in campo. Prima ancora di cercare nuovi fondi dobbiamo lavorare per come investire le risorse già disponibili". Una risposta chiara e tonda la sua, che tempestivamente arriva al commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni. Che, proprio questa mattina, dalle pagine del quotidiano La Repubblica lanciava il suo ‘monito’. Sui prestiti per complessivi 700 miliardi tra Recovery Fund, Sure e Mes che l’Ue sta mettendo a disposizione per arginare la crisi post Covid, l’ex capo dell’esecutivo italiano osservava: “Se c’è un Paese in Europa che può trarre vantaggio da questi prestiti è l’Italia e all’interno di questo pacchetto uno strumento è già disponibile, ovvero il Mes. Abbiamo eliminato dalle sue linee di credito le vecchie condizionalità macroeconomiche e ora è chiaramente vantaggioso per un Paese con i tassi di interesse come quelli italiani. Ma la decisione ovviamente non si prende a Bruxelles”.


Mentre il dossier Mes è al centro del dibattito ed è davvero difficile immaginare un rinvio a oltranza di una decisione da parte del Governo, c’è un altro fronte aperto in tema di fondi europei. Si tratta della cabina di regia che dovrà gestire il Piano di riforme e di investimenti per l’accesso alle risorse del Recovery Fund. Circa 209 miliardi tra prestiti e contributi a fondo perduto che l’Italia nell’arco di pochi mesi dovrà chiarire come intende spendere. Il Parlamento ambisce ad un ruolo più attivo in questa partita, rispetto a quello avuto nella fase dell’emergenza. Si parla di una Commissione bicamerale che con il coinvolgimento del centrodestra potrebbe lavorare fianco a fianco del Governo. Ma Giorgia Meloni fa già sapere che l’ipotesi sarebbe accettabile solo se fosse “paritetica” o “presieduta dall’opposizione”. Così Sarebbe “uno strumento serio” e rappresenterebbe anche un segnale che “non si vuole procedere a colpi di maggioranza”.


La proposta di un organismo parlamentare al lavoro sulle riforme che ci chiede l’Europa è stata avanzata da Forza Italia ma viene sostenuta anche da una parte del Partito Democratico. Tuttavia a Palazzo Chigi, secondo notizie stampa, si sarebbe più orientati ad attribuire funzioni e compiti ad organismi già esistenti e che prevedono figure amministrative di altissimo livello. Un’idea sarebbe quella del Comitato interministeriale per gli Affari europei - Ciae, istituito nel 2012 e che opera presso la presidenza del Consiglio. Il comitato è presieduto e convocato dal capo dell’esecutivo o, in assenza, dal ministro dei Affari europei. Ne fanno parte i ministro dell’Economia e tutti i ministri titolari dei dicasteri competenti per le materie oggetto dei provvedimenti. Stesso criterio per la partecipazione degli enti locali. Possono prendere parte alle riunioni il presidente della Conferenza delle Regioni, l’Anci – Associazione nazionale dei Comuni Italiani e l’Upi-Unione delle province quando sono trattate questioni di loro attribuzione. Ma i tempi sono stretti. Bisogna decidere e farlo in fretta.

COPYRIGHT THEITALIANTIMES.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA