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Mes, il no alla ratifica della Camera divide maggioranza e opposizione

Il governo Meloni non procede alla riforma del Meccanismo europeo di stabilità, ma il voto evidenzia le fratture tra i partiti. Giorgetti sotto attacco.

Mes, il no alla ratifica della Camera divide maggioranza e opposizione

Il Mes, il fondo salva-Stati dell’Unione europea, non passa alla Camera. Il governo Meloni, con l'appoggio di Lega e M5S, ha deciso di non ratificare la riforma del Meccanismo europeo di stabilità, che prevede anche una linea di credito per le banche in difficoltà. Ma il voto ha mostrato le spaccature sia nella maggioranza che nell’opposizione, con il Pd, +Europa, Iv e Azione favorevoli, Forza Italia, Noi moderati e Avs astenuti e l’ex premier Conte in linea con i populisti.

 

Il no del governo alla ratifica del Mes

La Camera ha respinto con 184 voti contrari, 72 favorevoli e 44 astenuti l’autorizzazione alla ratifica del Mes, l’accordo sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità firmato dai leader europei nel 2019. Il Mes è il fondo salva-Stati dell’Ue, dotato di 700 miliardi di euro, che può prestare denaro ai Paesi in crisi a condizioni favorevoli. 

Il leader della Lega, Matteo Salvini, ha esultato per il no della Camera, definendolo una “nostra vittoria” e chiedendo di recuperare i soldi che l’Italia ha versato finora nel fondo. A Palazzo Chigi, invece, si è cercato di minimizzare il risultato, affermando che il governo “si era rimesso al Parlamento” e che la riforma del Mes era di “relativo interesse” per l’Italia, visto che il sistema bancario nazionale è “tra i più solidi in Europa e in Occidente”. Inoltre, si è aggiunto che la scelta di non ratificare il Mes potrebbe essere “l’occasione per avviare una riflessione in sede europea su nuove, eventuali, ratifiche al trattato, più utili all’intera Eurozona”. Ma è chiaro che fino alle elezioni europee, previste per il 2024, il governo italiano non intende riaprire il negoziato con l’Ue sul Mes, che resta comunque in funzione nella sua configurazione originale.

 

Le divisioni dell’opposizione

Il voto sulla riforma del Mes ha evidenziato anche le divisioni all’interno dell’opposizione, che ha visto schierarsi a favore della ratifica il Pd, +Europa, Italia viva e Azione, contrari Fratelli d’Italia, Lega e M5S e astenuti Forza Italia, Noi moderati e Alleanza Verdi e Sinistra. Un unico punto ha unito le forze politiche che si oppongono al governo Meloni: la richiesta di dimissioni del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, accusato di essere stato smentito dall’Aula e umiliato dal leader del suo partito, Salvini.

Il dem Vincenzo Amendola ha chiesto le dimissioni di Giorgetti nel suo intervento in Aula, seguito dalla segretaria del Pd, Elly Schlein, che ha parlato di una “clamorosa smentita” del ministro. Anche Benedetto Della Vedova (+Europa), Nicola Fratoianni (Avs) e Carlo Calenda (Azione) hanno insistito su questo punto, mettendo in dubbio la credibilità di Giorgetti.

Ma le contraddizioni dell’opposizione sono emerse anche sul fronte dei populisti, con l’ex premier Giuseppe Conte che ha attaccato duramente Meloni, accusandola di “aver mentito sul Mes” e di fare il “leone ad Atreju e l’agnellino in Europa”. Conte ha votato contro la ratifica del Mes, in linea con i partiti della maggioranza che sta criticando. E ha compiuto così un “miracolo”, come ha detto ironicamente Matteo Renzi, leader di Italia viva, che ha dichiarato morto il “campo largo” e ha definito Conte, Meloni e Salvini dei “populisti”. Anche Calenda ha osservato che il voto sul Mes è la “testimonianza della fine del campo largo” e ha definito “imbarazzante” l’astensione di Forza Italia, che si è allineata alla sinistra radicale.

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