Il confronto

Stati Generali: occasione persa per un Movimento senza leader

Di Battista chiede garanzie sui nodi politici, ma i big non si sbilanciano. I Cinquestelle sospesi nel limbo di una guida collegiale tutta da definire

Stati Generali: occasione persa per un Movimento senza leader

Doveva essere l’assise da cui sarebbe scaturita la nuova leadership dei Cinquestelle. E anche il programma politico dei prossimi due anni. E, invece, i tanto attesi Stati Generali non hanno prodotto nulla di tutto questo. Grandi assenti Beppe Grillo e Davide Casaleggio, quest’ultimo in totale rotta di collisione con gli attuali dirigenti pentastellati, la scena è stata presa da Alessandro Di Battista. Che ha tirato dritto su temi politici specifici e dettato le sue condizioni sulla linea del Movimento che vorrebbe.

 

Per il resto, atmosfera sospesa. L’ordine di scuderia dell’ala governista sia di Luigi Di Maio che di Roberto Fico è sembrata la stessa: gettare acqua sul fuoco, non raccogliere le provocazioni, evitare ogni scontro diretto con i ribelli. L’esito è stato quello di una tregua apparente che l’attuale ministro degli Esteri spera di puntellare facendo entrare Dibba nella governance futura. Il come è tutto da decidere.

 

Il ritorno di Dibba alle sue condizioni

Cinque minuti. Tanto i relatori avevano a disposizione per i loro interventi. Che sono bastati a Di Battista nella plenaria di domenica per inanellare uno dietro l’altro il nodo nomine, quello del doppio mandato, il tema delle concessioni autostradali e quello dirimente delle alleanze con le altre forze politiche.  Il leader dei duri e puri del Movimento chiede di mettere “nero su bianco” il limite massimo che consiglieri e parlamentari non devono superare. Nessuna deroga, nessuna possibilità di arrivare al terzo mandato. Che per Di Maio e altri big alla seconda legislatura significa fine della carriera elettiva. E poi le nomine. Vuole un comitato di garanzia “senza nessun esponente di Governo” ma solo con iscritti e parlamentari 5S per decidere chi inserire nelle partecipate e nei ministeri.

 

Altra frecciata all’ex amico ministro degli Esteri. E ancora: la revoca delle concessioni autostradali ai Benetton e il ‘no’ secco a una legge elettorale senza preferenze e alle alleanze con il Pd: “Il Movimento si presenti da solo alle prossime politiche" dice. Ma alla fine la guerra sui temi più divisivi non c’è stata. E anche le altre questioni ‘calde’ – dal Mes alla ricandidatura di Virginia Raggi a sindaco di Roma – sono caduti in una sorta di limbo. Una zona grigia da cui il Movimento fatica ad uscire. E che, in nome di un’agognata unità. si avvia ad una governance collegiale che avrà forme e modi che dovranno passare per una modifica dello statuto.

 

Di Maio e il Governo Conte

Forse una segreteria, forse un organo direttivo vero e proprio. Forse entrambi. Che forma avrà la nuova guida dei Cinquestelle dovrà essere deciso entro fine anno e previo voto degli iscritti. Di Battista vuole rientrare e dichiara: “Non vedo l'ora di poter rimettermi in prima linea con il Movimento, vedremo come e in che ruolo". Ma sulle garanzie che ha posto nessuno si pronuncia. Anche Di Maio fa un po’ il pesce in barile. Poche ore prima in diretta tv con Myrta Merlino su la 7, in perfetto stile moderato, non si sbilancia e finisce per spegnere l’enfasi mediatica sugli Stati Generali. Quasi a volerli ridimensionare. La sua preoccupazione è tutta per gli equilibri nel Governo. Un Movimento spaccato non aiuta a rafforzare il peso dei 5S nell’esecutivo. E, invece, l’obiettivo del titolare della Farnesina è proprio questo: contare di più nelle decisioni di Palazzo Chigi e riequilibrare la posizione di forza assunta dal Pd dopo le elezioni regionali di settembre. Conte in questo momento è meno forte nei sondaggi e Di Maio gioca per non cedergli lo scettro di leader del Movimento nel 2023.

 

Il presidente del Consiglio interviene agli Stati Generali che in tempi di pandemia si sono svolti rigorosamente in diretta Facebook. “Siete una comunità tosta che ha affrontato scelte sofferte, ma che non ha mai mollato” e riconosce che alcune battaglie dei pentastellati sono “ora patrimonio comune”. Poi parla ai ribelli e forse anche ai governisti: “La coerenza è sicuramente un valore, ma quando governi devi valutare la complessità, bisogna avere anche il coraggio di cambiarle le idee, quando ti accorgi che queste sono migliori di quelle che avevamo”. E il Mes potrebbe essere una di quelle. Ma ora che è al governo il Movimento non riesce a ritrovare la sua strada. I vecchi legami, innanzitutto con l’erede di Gianroberto Casaleggio, sono spezzati. Anche se è ancora il ministro degli Esteri a smorzare i toni e dire: “Troveremo una nuova sinergia con Rousseau”. Tutto da verificare se le mancate decisioni di questi virtuali Stati generali potranno scongiurare la scissione.

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