Crisi di governo

Udc: “Restiamo nel centrodestra”. La crisi rischia di aggrovigliarsi

Renzi pronto “a discutere di contenuti” ma Pd e Cinquestelle non tornano indietro. Mastella e Nencini: i due mediatori che lavorano in direzioni opposte

Udc: “Restiamo nel centrodestra”. La crisi rischia di aggrovigliarsi

Arriva il ‘no’ dell’Udc a un possibile sostegno al governo Conte. “Non si può gettare il Paese nella palude e nel caos. Gli italiani sono stanchi e stremati. Non ci prestiamo a giochi di palazzo e stiamo nel Centrodestra. Continueremo a lavorare in questo frangente drammatico per il bene del Paese. I nostri valori non sono in vendita”, si legge in una nota dell’Unione di Centro. Dunque, si complicano ancora questi pochi giorni che separano il governo dalla conta in Parlamento. Dopo le speranze accese ieri dalla ex teodem, Paola Binetti, disponibile “a collaborare se tutto il mio gruppo, l’Udc, decidesse di sostenere questa fase della legislatura”, la caccia a nuovi voti a Palazzo Madama subisce l’altolà della componente cattolica del gruppo di Forza Italia.  Allo stato attuale i voti a favore dell’esecutivo al Senato, il ramo del Parlamento dove Conte è più a rischio, si assesterebbero a quota 153.

 

Il dato numerico

E’ nata ufficialmente al Senato una nuova componente. Si chiama Maie-Italia 23, rientra nel gruppo Misto ed è stata voluta dal senatore e sottosegretario agli Esteri, Ricardo Merlo “per costruire uno spazio politico che ha come punto di riferimento Giuseppe Conte”. Il Maie esisteva anche prima, i cinque senatori che ne fanno parte hanno sempre votato con la maggioranza: numericamente, dunque, non c’è nessuna novità. Se non la formalizzazione di un contenitore che cambia nome e che è pronto ad accogliere i senatori che vogliono sostenere il governo e costruire un progetto politico con leader ‘l’avvocato del popolo’. La partita che si sta giocando è tutta al centro. E riporta in auge il ruolo di mediatore dell’ex Udeur, Clemente Mastella (la moglie Sandra Lonardo è senatrice del gruppo Misto) che è a caccia di ‘responsabili’ centristi da arruolare al posto dei renziani. Ma ora che l’Udc si è sfilato, nonostante il chiaro appoggio che avrebbe dato all’operazione la Cei, il traguardo dei 161 voti al Senato si allontana. C’è un fatto però. Per la fiducia ai governi la Costituzione non prevede espressamente la maggioranza assoluta, cioè la metà dei componenti più uno. Lasciando vaga la formulazione, la Carta e i costituenti hanno rimesso il voto per dar vita agli esecutivi, o per decretarne la fine, alla maggioranza dei presenti in Aula. 

 

Il dato politico

La crisi al buio che si è aperta con le dimissioni della squadra renziana crea una situazione di completa incertezza che permane. E anche se l’operazione ‘costruttori’ per portare in maggioranza un drappello di senatori desse martedì prossimo – quando Conte si presenterà a Palazzo Madama per le sue comunicazioni -  esito positivo nel pallottoliere, il dato politico sarebbe tutt’altro che scontato. Una fragilità strutturale dell’esecutivo sarebbe da impedimento alla gestione della difficile fase che il Paese vive e alle decisioni sulle sfide più importanti. La pensa così Andrea Orlando, vice segretario del Pd. “Si può evitare la crisi avendo un numero in più, ma non pensare di governare”. E se pure si riuscirà ad ottenere la fiducia, immediatamente dopo “si dovrà siglare un nuovo patto di legislatura e lavorare alla ricostruzione di un campo con le forze che hanno dato segnali e che, pur volendo prendere le distanze dalla destra sovranista, non si sono ancora sentite di fare questo passo”. Anche Nicola Zingaretti è favorevole “a un allargamento della maggioranza” ma non esista a strigliare Conte: “i nodi della verifica sono ancora sul tavolo”.

 

Renzi tende la mano

Forse teme di perdere l’appoggio dei suoi senatori, spaventati dal voto e da quel 2,4 % attribuito a Italia Viva dai sondaggi. O forse teme di restare intrappolato per i prossimi due anni in un ruolo secondario di oppositore senza nessuna chance di protagonismo politico. L’obiettivo dello strappo di Renzi di far fuori Conte e di minare l’asse Pd-5S non sembra raggiunto. Il senatore adesso spera che democratici e cinquestelle tornino sui loro passi e dopo la chiusura ad ogni dialogo, gli diano la possibilità di rientrare in gioco. L’ex rottamatore dal canto suo non smette di tentarli. Non esclude l’astensione dei suoi al momento del voto e dichiara: “Da noi nessuna preclusione, se si parla di contenuti ci siamo”. Favorevole a riprendere i contatti con Iv è un altro mediatore che, evidentemente, adesso lavora in direzione opposta a quella di Mastella, il socialista Nencini. “La politica, diceva Machiavelli, è l'arte di trovare una congiunzione. L'hanno trovata personalità come Togliatti, Nenni e De Gasperi, Craxi e De Mita. Possono farlo anche Conte e Renzi”, spiega in un’intervista. Il senatore del Psi è per ricucire la maggioranza e si chiede se “il bene comune è rappresentato meglio da un governo con una rinnovata solidità o con una pesca magica”. Ma la mano tesa di Renzi non trova nei grillini e nel Pd nessuna accoglienza. Per Andrea Orlando: “Le parole non bastano e i margini siano pressoché esauriti. Iv deve prima spiegare i motivi della rottura, riconoscere l'errore politico e offrire garanzie che evitino recrudescenze”.

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