Il Sofagate

Sofagate, il mea culpa di Michel. Ankara attacca ricordando Mussolini

Il presidente del Consiglio UE dopo le critiche: “Non volevo essere paternalista”. Richieste dimissioni dopo il caso della “sedia mancata” a von der Leyen

Sofagate, il mea culpa di Michel. Ankara attacca ricordando Mussolini

Tiene banco il Sofagate, scoppiato dopo che la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, è rimasta “senza poltrona” in occasione del bilaterale con il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan.

Dopo la bufera e le critiche iniziali rivolte proprio al leader di Ankara, nelle ultime ore le attenzioni si sono concentrate sul presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, presente all’incontro.

 

Nonostante l’evidente imbarazzo di von der Leyen, infatti, non ha fatto nulla per risolvere l’empasse e la gaffe diplomatica. Dopo aver chiarito che si è trattato di un incidente legato a un errore del protocollo europeo, è stato travolto dalle critiche tanto che una ventina di europarlamentari ne hanno chiesto le dimissioni, ritenendolo responsabile di aver permesso di “umiliare” l’Europa.

Lui si difende e in un’intervista pubblicata oggi su Il Sole 24 Ore dice di rivivere la scena e auspica che si possa tornare a discutere della sostanza dell’incontro in Turchia.

Ankara, intanto, continua a protestare con l’Italia per le parole del premier, Mario Draghi, che aveva definito Erdogan “un dittatore”, ricordando Mussolini.

 

Michel: “Non dormo la notte”

Non volevo avere alcun atteggiamento paternalista. Rispetto le opinioni contrarie e capisco le critiche che mi sono state rivolte. Spero che a un certo punto torneremo alla sostanza dell'incontro” ha dichiarato al Sole 24 Ore il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, aggiungendo: “Vi assicuro che da allora non dormo bene la notte e che nella mia testa ho riavvolto il film dell'episodio decine di volte. Assumo la mia parte di responsabilità".

Tra le critiche che gli sono state mosse c’è quella di non aver ceduto il proprio posto a von der Leyen, che peraltro ricopre un ruolo di maggior importanza a livello europeo: "Ho avuto qualche secondo per decidere l'atteggiamento da avere. Sul momento, la mia impressione è stata che una eventuale reazione avrebbe messo in dubbio il lungo lavoro diplomatico che aveva preparato la nostra visita. Inoltre, non volevo avere nei confronti della signora von der Leyen alcun atteggiamento paternalista”.

 

La richiesta di dimissioni

“Per togliere questa macchia e riscattare la dignità delle istituzioni europee, le chiediamo un gesto di responsabilità. Le chiediamo di dimettersi". Così si legge in una petizione firmata da una ventina di deputati europei e rivolta proprio a Charles Michel. Il motivo sta proprio nel non aver “difeso” Ursula von der Leyen in quanto rappresentante della massima istituzione europea al bilaterale di Ankara con il presidente Erdogan. Ppe e socialdemocratici sono le due forze politiche che si sono schierate più di tutte contro il presidente del Consiglio Ue. Secondo Manfred Weber (PPE) la missione in Turchia avrebbe dovuto essere un messaggio di fermezza e unità nelle relazioni con il Paese membro della Nato, ma ha finito con l’ottenere l’effetto opposto.

Ora la presidente della Commissione Ue e quello del Consiglio saranno chiamati a riferire al Parlamento dopo quello che da più parti è ritenuto uno “sgarbo” da parte di Erdogan.

 

Il silenzio di von der Leyen

Nel frattempo nessuna dichiarazione è filtrata dallo staff di von der Leyen. Secondo quanto riferito dall'Ansa, la Presidente della Commissione europea non avrebbe ancora parlato a Charles Michel, nonostante le parole di quest’ultimo: “Mi spiace molto per l'accaduto. Ho già espresso il mio rincrescimento alla signora von der Leyen e a tutte le donne – ha dichiarato Michel, che minimizza l’accaduto e punta l’attenzione ai rapporti con la Turchia: "Nei mesi scorsi le tensioni nel Mediterraneo ci avevano realmente preoccupato. Temevamo di essere vicini a un incidente grave. L'obiettivo della visita è stato di riaprire un dialogo positivo con la Turchia. Spero che a un certo punto torneremo alla sostanza dell'incontro: lo Stato di diritto, la modernizzazione dell'unione doganale, la cooperazione economica, la stabilità regionale".

 

La Turchia cita il fascismo e attacca ancora l’Italia

Intanto tiene banco anche un incidente dentro l’incidente, ossia quello scatenato dalle parole del premier, Mario Draghi, che in conferenza stampa aveva definito Recep Tayyip Erdogan “un dittatore”. Se quest’ultimo non ha rilasciato dichiarazioni, dopo la convocazione dell’ambasciatore italiano in Turchia per chiarimenti, a rincarare la dose ci ha pensato il vicepresidente turco, Fuat Oktay, che si è rivolto al premier italiano dicendo: “Se vuole vedere cosa sia una dittatura, deve guardare alla storia recente” dell’Italia. Ancora più esplicito Numan Kurtulmus, "numero due" del partito governativo Akp: “Se volete vedere un dittatore, guardate alla vostra storia, a Mussolini”. Lo stesso ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, aveva definito Draghi come premier “nominato” in contrapposizione a Erdogan “eletto”, come a sottolineare il valore democratico della presidenza turca.

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