Medio Oriente conteso

Scontri in Israele. Il perché della nuova crisi con i palestinesi

Diplomazia al lavoro. Le tensioni nate dalla contesa di case e terreni occupati dagli arabi a Gerusalemme est e rivendicati dai coloni. Sospesi gli sfratti

Scontri in Israele. Il perché della nuova crisi con i palestinesi

“Se Israele continuerà ad attaccare, trasformeremo Ashkelon in un inferno”. Non ha usato mezzi termini l’ala militare di Hamas nel rispondere ai raid dell’aviazione di Tel Aviv, decisi dopo una pioggia di razzi lanciati dalla Striscia di Gaza verso il sud di Israele. La tensione è alle stelle, il bilancio è in continuo aggiornamento e gli appelli della comunità internazionale per la fine delle ostilità sono finora caduti nel vuoto.

A innescare l’escalation di violenze è l'ordine di sfratto per alcune famiglie palestinesi che occupano terreni e case rivendicate anche dai  coloni ebraici a Gerusalemme est. Il punto.

 

Nuova notte di scontri armati

Prima gli scontri per le strade di Gerusalemme, poi quelli che hanno interessato anche altre località. Nella notte sono risuonate le sirene ad Ashkelon, mentre i media israeliani hanno riferito di 26 feriti. I razzi diretti sulla città, nel sud di Israele, sono arrivati dopo “un attacco israeliano che ha colpito una casa a ovest di Gaza City. Se Israele continuerà ad attaccare, trasformeremo Ashkelon in un inferno” ha spiegato il portavoce dell'ala militare di Hamas, Abu Ubaidah, le cui parole sono state riportate dal quotidiano di Tel Aviv Haaretz.

I media israeliani riferiscono invece di 7 feriti a causa dei razzi palestinesi, tra i quali due bambini. Le forze militari israeliane sono entrate in azione proprio in risposta al lancio di razzi dalla Striscia di Gaza, con raid aerei che hanno colpito 140 obiettivi nella stessa Striscia, compresa la casa di un alto comandante di Hamas, due basi dell’organizzazione e alcuni magazzini con armi palestinesi. Il bilancio dell’operazione, chiamata Guardiano delle Mura, secondo Hamas sarebbe di 20 vittime e 65 feriti.

 

 

Scontri e appelli internazionali

Gli attacchi reciproci arrivano dopo che domenica era stati appiccati poco meno di 40 incendi nei campi israeliani con palloni incendiari lanciati dai palestinesi. Uno dei roghi aveva causato un black our alla linea ferroviaria Ashkelon-Netivot. Altri scontri sono andati in scena a Gerusalemme nella Spianata delle Moschee, con la polizia israeliana entrata in azione contro centinaia di manifestanti con un bilancio, secondo la Mezzaluna Rossa, di oltre 300 feriti tra i palestinesi e una trentina tra gli israeliani.

Finora sono caduti nel vuoto gli appelli internazionali, da parte dell’Ue, del Regno Unito e degli Usa con il segretario di Stato americano, Blinken, che ha esortato Hamas a porre fine "immediatamente" agli attacchi missilistici, aggiungendo: "Tutte le parti devono ridurre la tensione". Gli Usa hanno bloccato una dichiarazione congiunta del Consiglio di sicurezza dell'Onu, puntando invece su contatti “informali”.

 

I motivi degli scontri: terre contese

Alla base degli scontri c’è la sorte di 4 famiglie arabo-palestinesi di Gerusalemme Est minacciate di espulsione da parte di un gruppo di coloni ebraici, che rivendicano la proprietà dei terreni sui quali sorgono le case dei palestinesi, che invece sostengono d'averle ricevute negli anni '50 dalle autorità giordane che all'epoca controllavano Gerusalemme est. La controversia legale ha portato per ora il giudice Yitzhak Amit a sospendere gli sfratti decretati da un tribunale distrettuale.

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