Trattative in corso

Colle, Fico indica la data del voto. Comincia il conto alla rovescia

Ma il confronto tra i partiti non decolla. Letta e Salvini ancora molto lontani. M5S sempre più diviso: il gruppo al Senato vuole il Mattarella bis

Colle, Fico indica la data del voto. Comincia il conto alla rovescia

Montecitorio si prepara ad accogliere, oltre ai deputati, i senatori e i delegati che in rappresentanza dei Consigli regionali dovranno eleggere il nuovo presidente della Repubblica. Dunque, operai al lavoro per l’allestimento e l’organizzazione degli spazi, compresi quelli riservati alla stampa, generalmente ospitata per l’occasione nel cortile d’onore. Per le sedute molto conteranno anche le misure anticovid e il distanziamento richiesto per evitare i contagi e garantire che le operazioni di voto si svolgano assicurando la massima sicurezza.

 

Oggi il presidente della Camera, Roberto Fico, ha comunicato la data di convocazione del Parlamento in seduta comune che verrà poi pubblicata in Gazzetta Ufficiale. Le votazioni cominceranno il 24 di gennaio alle ore 15. Per allora le Regioni dovranno avere indicato i propri rappresentanti: ne dovranno essere eletti tre per ogni Consiglio, ad eccezione della Valle d’Aosta che ne elegge uno, ‘assicurando la rappresentanza delle minoranze’, così come dispone l’articolo 83 della Costituzione. Lo stesso articolo sancisce che ‘l’elezione avviene a scrutinio segreto a maggioranza dei due terzi dell’assemblea. Dopo il terzo è sufficiente la maggioranza assoluta’.

 

Giornata importantissime attendono i ‘grandi lettori’, un migliaio in tutto. L’elezione del presidente della Repubblica è uno dei momenti più significativi della vita repubblicana e anche dei più solenni.  Dal 1946 sono dodici i presidenti che si sono susseguiti. Il primo, Enrico De Nicola, fu eletto dall’Assemblea Costituente capo provvisorio dello Stato. Mantenne l’incarico fino al 31 dicembre 1947. Con l’entrata in vigore della Costituzione assunse il titolo di Presidente della Repubblica per qualche mese fino all’elezione da parte del primo Parlamento italiano, nel maggio del 1948, di Luigi Einaudi. Tutti i capi dello Stato, ad eccezione degli indipendenti Carlo Azeglio Ciampi e Sergio Mattarella (quest’ultimo in ogni caso con un passato nella Dc e nel Partito popolare), sono stati i provenienza partitica. Tranne Giuseppe Saragat del Partito Social Democratico, Sandro Pertini del Psi e Napolitano dei Ds, tutti gli altri di espressione dello Scudo crociato.

 

Nel caso in cui fosse eletto Mario Draghi si tratterebbe del terzo ex governatore della Banca d’Italia a salire al Colle dopo Einaudi e Ciampi. I preparativi fervono, le trattative pure. Il Partito democratico cerca il dialogo con le altre forze politiche e anche di salvare la legislatura per mettere al riparo l’alleanza con i Cinque Stelle. Un confronto con il centrodestra potrebbe aprirsi ma per il momento l’’impedimento’ ha un nome e un cognome: Silvio Berlusconi. Nessuno crede che il Cavaliere porterà fino in fondo la sua auto-candidatura, né che Matteo Salvinie e Giorgia Meloni vogliano davvero appoggiarla. E’ probabile che il fondatore di Mediaset voglia più che altro essere protagonista della partita, offrendo di ritirarsi dalla corsa in cambio di un ruolo principe nelle decisioni finali. Nemmeno c’è chi ha interesse a che le votazioni vadano per le lunghe. Più si va avanti con gli scrutini, è risaputo, più la situazione è destinata a complicarsi. Meglio raggiungere un accordo prima e arrivare in Aula con le idee chiare. Ma per il momento il confronto tra gli schieramenti non decolla.

 

Enrico Letta dopo il 6 gennaio avrà un nuovo incontro con Giuseppe Conte e Roberto Speranza per definire una linea condivisa di Pd, Leu e Movimento. Le incognite restano ancora tante. I malumori nei pentastellati non agevolano l’intesa. Ieri quasi all’unanimità il gruppo dei senatori si è espressa per fare pressing per la riconferma di Sergio Mattarella. Un’altra mossa autonoma rispetto all’indirizzo che vorrebbe dare alla trattativa l’avvocato. Intanto, il 13 gennaio, si terrà la direzione dem e anche lì il segretario dovrà tenere a bada eventuali tensioni interne per procedere, con l’appoggio pieno del partito, all’indicazione di un profilo che metta d’accordo tutti. Non è più un segreto che per Enrico Letta sia Draghi il candidato numero uno ma l’operazione per andare in porto richiede che sia fornito anche il nome del successore del premier a Palazzo Chigi per completare il lavoro sulle riforme, garantire la messa a terra dei progetti del Piano Nazionale di Ripresa e, soprattutto, portare a termine la legislatura. Ma la Lega non gradisce e accusa: “Mentre Letta mette veti e perde tempo, la Lega lavora per fare veloce e perché tutti siano coinvolti, nessuno escluso, per una scelta così importante”. Il Pd insiste: “Via il nome di Berlusconi”. 

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