Uscita anticipata dal lavoro

Pensione anticipata 2024, le nuove regole nella Legge di Bilancio

Da domani cambiano le regole: per la pensione anticipata serve una quota minima e massima di assegno e cambia anche la rivalutazione degli importi

Pensione anticipata 2024, le nuove regole nella Legge di Bilancio

La nuova legge di Bilancio, approvata definitivamente dalla Camera il 29 dicembre, non porta novità positive per chi vuole andare in pensione prima del tempo. Il governo Meloni ha infatti confermato la linea dura: nel 2024 sarà più difficile lasciare il lavoro in anticipo rispetto all’età di vecchiaia (67 anni e 20 di contributi, come stabilito dalla legge Fornero che, nonostante le promesse elettorali, torna in vigore dal prossimo anno). La spesa previdenziale, secondo le stime del Def, salirà dal 16% al 17,2% del Pil nel 2035, rendendo necessari interventi di contenimento.

Il governo ha quindi prorogato alcune misure, come Quota 103, Ape sociale e Opzione donna, ma con requisiti più stringenti. Chi vuole andare in pensione anticipata dovrà affrontare una serie di ostacoli, tra quote minime e massime di assegno, penalizzazioni per alcune categorie e pace contributiva limitata. Dal 2024, inoltre, ci sarà anche la rivalutazione degli assegni, ma non per tutti allo stesso modo. Vediamo nel dettaglio cosa cambia per le pensioni nel 2024 dopo il via libera alla Manovra.

 

Pensione anticipata 2024: quota minima e massima di assegno

La pensione anticipata sarà ancora possibile nel 2024, ma con dei paletti. Chi vuole lasciare il lavoro a 64 anni di età e 20 anni di contributi dovrà avere un assegno previdenziale compreso tra una quota minima e una massima. La quota minima dipende dal numero di figli: per chi non ne ha, l’assegno deve essere almeno pari a tre volte l’assegno sociale; per le donne con un figlio, la soglia si abbassa a 2,8 volte; per le donne con due o più figli, la soglia si riduce a 2,6 volte. La quota massima, invece, è uguale per tutti: l’assegno non può superare le cinque volte il minimo Inps, indipendentemente da quanto si è versato.

 

Pace contributiva: copertura fino a 5 anni

Per i lavoratori che hanno versato i contributi secondo il sistema contributivo, c’è la possibilità di ricorrere alla pace contributiva. Si tratta di una misura introdotta nel 2019 con il “Decretone”, che prevede la possibilità di coprire periodi di assenza di contribuzione, come aspettative, inoccupazione, mesi tra un impiego e l’altro o studi non riscattabili con il riscatto di laurea. La pace contributiva, valida solo fino al 2021, viene ripristinata per il 2024 e il 2025, ma con dei limiti: si possono coprire al massimo 5 anni (anche non consecutivi) tra il 1° gennaio 1996 e il 31 dicembre 2023.

 

Quota 103: proroga con metodo contributivo

Quota 103, la misura che sostituisce Quota 102 dal 2023, viene prorogata anche per il 2024, ma con il metodo contributivo. Si tratta della possibilità di andare in pensione con 62 anni di età e 41 di contributi, ma con un tetto massimo dell’assegno, fissato a circa 2.500 euro mensili. Il ricalcolo, per la maggior parte dei pensionati, comporterà dunque un taglio dell’assegno rispetto a quanto era stato previsto da Draghi. Infine, cambiano vengono inasprite anche le cosiddette “finestre mobili” per l’uscita, che – una volta raggiunti i contributi necessari - passano dagli attuali 3 mesi a 7 per i lavoratori privati e dagli attuali 6 mesi a 9 per quelli pubblici. La misura, fortemente voluta dalla Lega, prevede però una penalizzazione per chi sceglie questa opzione: l’assegno viene calcolato con il sistema contributivo, anche per chi ha versato i contributi con il sistema retributivo. Inoltre, la misura è valida solo per chi matura i requisiti entro il 31 dicembre 2024.
Infine, chi opta per Quota 103 non potrà lavorare e quindi non potrà cumulare redditi da lavoro con quelli da pensione fino al raggiungimento dei 67 anni di età. 

 

Rivalutazione degli assegni: differenze tra fasce

Dal 2024, gli assegni pensionistici saranno rivalutati in base all’inflazione, ma con delle differenze tra le fasce di importo. Gli assegni fino a tre volte il minimo Inps avranno una rivalutazione piena, pari al 5,4%. Gli assegni tra tre e sei volte il minimo Inps avranno una rivalutazione parziale, pari al 3,6%. Gli assegni oltre sei volte il minimo Inps non avranno alcuna rivalutazione

Per gli altri assegni la percentuale gradualmente scenderà: 
4,6% per gli assegni fra 4 e 5 volte il minimo; 
2,9% per gli assegni tra 5 e 6 volte il minimo; 
2,5%per gli assegni tra 6 e 8 volte il minimo; 
2% per gli assegni fino a 10 volte il minimo;
1,2% per le pensioni oltre 10 volte la minima.

 

Opzione donna 2024: requisito anagrafico più alto

Tra le misure prorogate per il 2024, c’è anche Opzione donna, che permette alle lavoratrici di andare in pensione anticipata con 35 anni di contributi e un’età inferiore a quella ordinaria. Tuttavia, il governo Meloni ha reso più difficile l’accesso a questa opzione, aumentando il requisito anagrafico e restringendo le categorie di beneficiarie. Opzione donna, nata nel 2004 come sperimentazione, prevedeva originariamente la possibilità di pensionamento anticipato per le lavoratrici con 35 anni di contributi e 57 anni di età (58 per le autonome). Nel 2023, il governo ha alzato il requisito anagrafico a 60 anni, mantenendo però la possibilità di ridurlo di un anno per ogni figlio, fino a un massimo di due anni. Nel 2024, il requisito anagrafico sale ulteriormente a 61 anni, con la stessa possibilità di riduzione per le madri. Inoltre, Opzione donna sarà riservata solo alle lavoratrici che si trovano in una delle seguenti situazioni:

a) licenziate o dipendenti in aziende con tavolo di crisi aperto presso il Ministero;

b) con disabilità pari o oltre il 74% con accertamento dello stato di invalido civile;

c) che assistono da almeno 6 mesi persone disabili conviventi, con disabilità grave in base alla legge 104 del 1992, di primo o secondo grado di parentela solo in quest’ultimo caso per ultra 70 enni.

Per chi sceglie Opzione donna, il calcolo della pensione sarà interamente con il metodo contributivo, con una riduzione dell’assegno di circa il 18/20% rispetto al sistema retributivo. Inoltre, ci saranno delle finestre mobili di 12 mesi per le dipendenti e 18 mesi per le autonome, che ritarderanno l’effettivo pensionamento. La pensione ottenuta con Opzione donna sarà cumulabile con altri redditi da lavoro, come qualsiasi altra pensione.

 

Ape sociale: cinque mesi di età in più

Un’altra misura prorogata per il 2024 è l’Ape sociale, che consente ai lavoratori in condizioni di disagio di andare in pensione con un’età inferiore a quella ordinaria e con 30 anni di contributi. Anche in questo caso, però, il governo Meloni ha introdotto un inasprimento del requisito anagrafico: invece dei 63 anni previsti fino al 2023, si dovranno avere 63 anni e cinque mesi.

L’Ape sociale sarà destinata ai lavoratori che rientrano in una delle seguenti categorie:

a) i lavoratori disoccupati con almeno 63 anni e 5 mesi di età e 30 anni di contribuzione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale o dipendenti di aziende con tavolo di crisi aperto presso il Ministero e che hanno esaurito i periodi di disoccupazione, tipo Naspi;

b) le persone con 63 anni di età e 30 anni di contribuzione, con disabilità pari o oltre il 74% e riconosciuti invalidi civili;

c) i lavoratori con 63 anni di età e 30 anni di contribuzione che assistono da almeno 6 mesi persone disabili conviventi, con disabilità grave in base alla legge 104 del 1992, siano di primo o secondo grado di parentela (solo per over 70);

d) lavoratori dipendenti che svolgono mansioni cosiddette “gravose” con almeno 63 anni di età e 36 anni di contribuzione e che al momento della domanda di accesso all’Ape sociale, abbiano svolto una o più delle professioni contenute nell’Allegato n. 3 alla legge n. 234/2021 per almeno sei anni negli ultimi sette oppure per almeno sette anni negli ultimi dieci; non è stato fatto il preannunciato ampliamento delle categorie di lavoratori gravosi riconosciute dalla legge n. 234/2021.

Per il 2024, l’Ape sociale non sarà più cumulabile con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, salvo il lavoro occasionale entro un massimo di 5.000 euro annui. L’assegno sarà sempre calcolato con il sistema misto, ma con un importo massimo di 1.500 euro lorde mensili, senza tredicesima e senza gli adeguamenti dovuti all’inflazione fino al raggiungimento della pensione di vecchiaia a 67 anni.

 

Pensioni dei medici e degli insegnanti: penalizzazioni per l’uscita anticipata

Riguardo a medici ed insegnanti, il governo Meloni, ha deciso di mantenere le penalizzazioni per chi vuole andare in pensione anticipata nel 2024. Subiranno dunque una riduzione dell’assegno previdenziale se lasceranno il lavoro prima dei 67 anni.

Per loro, infatti, scatterà il taglio dell’assegno, che sarà ridotto “in misura pari a un trentaseiesimo per ogni mese di posticipo dell’accesso al pensionamento rispetto alla prima decorrenza utile per gli iscritti alla cassa per la pensione dei sanitari e per quelli alla cassa per le pensioni dei dipendenti degli enti locali che cessano l’ultimo rapporto di lavoro da infermieri”. Questo per assicurare “un efficace assolvimento dei compiti primari di tutela della salute e di garantire l’erogazione dei livelli assistenziali di assistenza”. Per medici e infermieri però la decurtazione sarà più soft e diminuirà man mano che si ritarderà l’anticipo del pensionamento.

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