124esimo giorno di conflitto

Guerra a Gaza, Hamas apre al cessate il fuoco ma Israele dice no

Il segretario di Stato Usa Blinken incontra il capo dell’Idf in vista di una soluzione alla crisi. L’Egitto media tra le parti. Nyt: 32 ostaggi sono morti

Guerra a Gaza, Hamas apre al cessate il fuoco ma Israele dice no

La guerra di Gaza entra nel suo quarto mese senza una fine in vista. Hamas propone un accordo di cessate il fuoco che prevede anche lo scambio di prigionieri, ma Israele rifiuta. Il segretario di Stato americano Antony Blinken cerca di sbloccare la situazione con una visita in Israele, dove incontrerà il primo ministro Netanyahu e il capo dell’Idf Herzi Halevi. L’Egitto svolge un ruolo chiave nella mediazione tra le parti. Intanto, il New York Times svela che almeno 32 ostaggi israeliani sono stati uccisi da Hamas

 

Blinken a Israele per una missione di pace

Il segretario di Stato americano Antony Blinken è arrivato oggi in Israele per una missione di pace nella regione. Blinken ha in agenda quattro incontri con i vertici israeliani, tra cui il primo ministro Benjamin Netanyahu, il ministro della Difesa Yoav Gallant, il presidente Isaac Herzog e il capo di stato maggiore dell’Idf Herzi Halevi. Quest’ultimo incontro, richiesto da Blinken, era stato inizialmente respinto dall’ufficio di Netanyahu, che aveva precisato che Halevi avrebbe partecipato ai colloqui con il segretario come parte della delegazione del premier. Tuttavia, dopo alcune pressioni, Netanyahu ha acconsentito a lasciare che Blinken e Halevi si incontrassero privatamente. Secondo il Times of Israel, questo suggerisce che Blinken vuole ottenere una valutazione più onesta e diretta dello stato della guerra, senza la presenza di altri ministri. Blinken spera di trovare una via d’uscita alla crisi che dura da 124 giorni e che ha causato migliaia di vittime e danni ingenti.

 

Hamas offre il cessate il fuoco ma Israele lo boccia

Nel frattempo, Hamas ha fatto sapere di aver accettato uno schema di accordo di cessate il fuoco elaborato a Parigi la settimana scorsa con la mediazione del Qatar, dell’Egitto e delle Nazioni Unite. Il gruppo palestinese ha posto come condizioni la fine dell’offensiva israeliana, la garanzia di aiuti umanitari, la ricostruzione, la fine dell’assedio alla Striscia di Gaza e il completamento di uno scambio di prigionieri. Hamas detiene ancora 136 ostaggi israeliani, rapiti durante l’operazione militare lanciata da Israele il 7 ottobre. Israele, però, ha respinto le richieste di Hamas, definendole inaccettabili. Una fonte del governo israeliano ha dichiarato all’emittente pubblica Kan che Israele “non accetterà alcuna condizione per porre fine alla guerra”. Il Qatar, che ha annunciato la “risposta positiva” di Hamas, ha espresso la sua delusione per il rifiuto israeliano e ha invitato le parti a riprendere il dialogo.

 

Il Nyt: “32 ostaggi israeliani uccisi da Hamas”

A rendere ancora più drammatica la situazione, il New York Times ha rivelato che almeno 32 ostaggi israeliani sono morti nelle mani di Hamas. Il quotidiano americano ha avuto accesso a una valutazione interna dell’esercito israeliano, che ha confermato la morte di un quinto dei 136 ostaggi. Le famiglie dei 32 ostaggi sono state informate, hanno detto quattro ufficiali militari al Nyt, aggiungendo che ci sono prove di intelligence che indicano che almeno altri 20 ostaggi sono stati uccisi. Il numero di 32 ostaggi morti è superiore a quello finora comunicato dalle autorità israeliane. L’Idf ha detto al Nyt che la maggior parte degli ostaggi è stata uccisa il 7 ottobre, il giorno dell’inizio dell’operazione israeliana. Il Nyt ha anche riportato che Hamas ha usato gli ostaggi come scudi umani e ha tentato di negoziare la loro liberazione in cambio di concessioni politiche e militari.

 

Mar Rosso, missili houthi contro due navi: nessun ferito

Nel frattempo due navi commerciali sono state attaccate da missili balistici lanciati dai ribelli Houthi dello Yemen, mentre navigavano nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden. Lo ha reso noto il Comando centrale degli Stati Uniti (Centcom), precisando che le navi erano il cargo Morning Tide, con bandiera delle Barbados e proprietà britannica, e la nave portarinfuse Star Nasia, con bandiera delle Isole Marshall e proprietà greca. Nessun membro dell’equipaggio è rimasto ferito negli attacchi. I ribelli Houthi, appoggiati dall’Iran, hanno rivendicato la responsabilità degli attacchi in un comunicato del loro portavoce militare, il generale Yahya Saree. Da novembre, gli Houthi hanno preso di mira diverse navi nel Mar Rosso, in risposta all’operazione israeliana a Gaza contro Hamas. In alcuni casi, hanno attaccato navi con legami diretti o indiretti con Israele, compromettendo la sicurezza di una rotta commerciale vitale.

 

Iran nega responsabilità negli attacchi in Iraq e Siria

L’Iran ha respinto con forza le accuse degli Stati Uniti di aver sostenuto gli attacchi in Iraq e Siria. In una lettera al Consiglio di sicurezza dell’Onu, l’ambasciatore iraniano Saeed Iravani ha definito “infondate” le dichiarazioni americane e ha denunciato le “azioni militari illegali” contro i due Paesi arabi, che hanno colpito i civili e violato la loro sovranità. Gli Stati Uniti, invece, hanno giustificato gli attacchi di venerdì contro le basi dei gruppi filoiraniani in Iraq e Siria, come una misura di autodifesa per proteggere il personale americano e dissuadere l’Iran e i suoi alleati.

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