132esimo giorno di conflitto

Biden e Netanyahu, dialogo sempre più difficile sulla guerra a Gaza

Il presidente americano chiede al primo ministro israeliano di presentare un piano credibile per l’operazione militare a Rafah. Distensione Israele-Vaticano

Biden e Netanyahu, dialogo sempre più difficile sulla guerra a Gaza

La guerra in Medio Oriente entra nel suo 132esimo giorno, senza segni di tregua. Israele continua a condurre raid aerei e terrestri su Rafah e Jabalia, nel sud della Striscia di Gaza, dove si presume siano detenuti alcuni dei suoi soldati catturati da Hamas il 7 ottobre e l'ultima base operativa del gruppo terroristico palestinese. Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha ribadito la sua determinazione a non cedere alle pressioni internazionali per il riconoscimento di uno Stato palestinese, sostenendo che tale soluzione possa essere raggiunta solo attraverso negoziati diretti e senza precondizioni. Il presidente americano, Joe Biden, ha espresso la sua preoccupazione per la situazione umanitaria a Gaza e ha chiesto a Netanyahu di giustificare l’operazione militare a Rafah con un piano credibile ed eseguibile per proteggere i civili. I due leader hanno avuto un nuovo colloquio telefonico, riportato dai rispettivi uffici stampa, in cui hanno discusso anche dei negoziati in corso per il rilascio degli ostaggi.

 

Ostaggi in pericolo nell’ospedale Nasser

Una delle zone più colpite dai raid israeliani è l’ospedale Nasser di Khan Yunis, dove le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno avviato un’operazione speciale per liberare gli ostaggi. Secondo il quotidiano Haaretz, le Idf hanno ricevuto informazioni di intelligence che indicavano la presenza di alcuni prigionieri all’interno dell’ospedale, confermate da alcuni degli ostaggi liberati. Il portavoce delle Idf, Daniel Hagari, ha dichiarato che un “terrorista” catturato ha ammesso durante l’interrogatorio che in passato nel Nasser erano stati tenuti degli ostaggi. L’operazione, però, ha causato gravi danni all’ospedale, che ha visto interrompersi l’erogazione di energia elettrica e la fornitura di acqua. Il ministero della Sanità di Gaza, controllato da Hamas, ha denunciato che l’ospedale “è diventato una base militare” e che centinaia di pazienti e membri del personale sono stati evacuati in un vecchio edificio, dove mancano cibo, acqua e latte per i bambini. Tra i pazienti a rischio ci sono tre neonati prematuri e sei persone in terapia intensiva.

 

Netanyahu sfida la comunità internazionale

Mentre la guerra a Gaza prosegue, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha rilanciato la sua sfida alla comunità internazionale, respingendo i diktat sul riconoscimento di uno Stato palestinese. In un messaggio sul social X, Netanyahu ha affermato che Israele “non accetta senza riserve i diktat internazionali” e che un accordo di pace può essere “raggiunto solo attraverso negoziati diretti tra le parti, senza precondizioni”. Netanyahu ha aggiunto che Israele “continuerà ad opporsi al riconoscimento unilaterale di uno Stato palestinese”, che considera un “premio enorme per il terrorismo” e un ostacolo a qualsiasi futuro accordo di pace. Il primo ministro israeliano ha espresso queste posizioni dopo aver avuto un nuovo colloquio con il presidente americano, Joe Biden, che ha cercato di mediare tra le due parti e di favorire una soluzione pacifica del conflitto.

 

Biden: lavoreremo instancabilmente per il rilascio degli ostaggi

Il presidente americano, Joe Biden, ha ribadito il suo impegno a lavorare “instancabilmente” per il rilascio degli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas, riconoscendo la loro situazione spaventosa dopo 132 giorni di prigionia. Biden ha parlato della situazione a Rafah, dove Israele sta conducendo un’operazione militare per liberare i suoi soldati, e ha chiesto al primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, di presentare un piano credibile ed eseguibile per garantire la sicurezza ai civili della città. Biden ha espresso anche la sua preoccupazione per la situazione umanitaria a Gaza e ha sollecitato Netanyahu a garantire che gli aiuti umanitari arrivino ai civili palestinesi che ne hanno disperato bisogno. Il presidente e il primo ministro hanno discusso anche dei negoziati in corso per il rilascio degli ostaggi, che coinvolgono diversi paesi e organizzazioni internazionali. Biden ha sottolineato la necessità di una soluzione pacifica e duratura del conflitto in Medio Oriente, basata sul riconoscimento reciproco e sulla convivenza tra Israele e uno Stato palestinese.

 

Schutz: con il Vaticano solo un equivoco, traduzione sbagliata

“Mi dispiace, ma il mio italiano è molto scarso, il nostro lavoro si svolge in inglese. La parola che abbiamo usato nel comunicato originale era ‘regrettable’, e la confermo. Per quanto riguarda la traduzione più corretta in italiano, lascio la parola a chi è bilingue”. Raphael Schutz, ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, parla di “equivoco” con il Vaticano. Mercoledì, una nota dell’ambasciata aveva definito “deplorevole” la dichiarazione del cardinale Pietro Parolin sulla “strage” in corso a Gaza. “È fondamentale che le relazioni in generale, comprese quelle diplomatiche, si fondino sempre sulla sincerità e sulla chiarezza - dice Schutz - finché ci saranno questi elementi, sarà più facile gestire le divergenze di opinione e di visione, come quelle attuali.

Non ho il minimo dubbio sulle buone intenzioni del Vaticano. Condivido anche l’invito di Parolin a non perdere la speranza. Nella storia ebraica e israeliana ci sono stati molti momenti di difficoltà, ma la speranza è sempre stata ed è tuttora presente. Tuttavia, non mi sento qualificato per stabilire quale sarebbe in questo momento il modo più efficace per la Santa Sede di esercitare la sua autorità morale unica”. Quanto alla preoccupazione del Papa per i civili e la richiesta di un cessate il fuoco, l’ambasciatore afferma che “ci sono alcuni punti da considerare. Il linguaggio, innanzitutto: dire ‘la guerra a Gaza’ è una rappresentazione errata della realtà. Dal 7 ottobre c’è una guerra condotta contro Israele da almeno quattro fronti — Libano, Siria, Yemen oltre a Gaza — con tutti gli aggressori sostenuti e riforniti dall’Iran. Quando poi Gaza viene citata più volte, mentre le città e i kibbutz israeliani attaccati il 7 ottobre in modo criminale non vengono affatto menzionati per nome, si crea l’impressione che essi e la sofferenza dei loro abitanti siano meno importanti. Se si aggiunge l’omissione di qualsiasi menzione dei circa duecentomila mila sfollati israeliani nel sud e nel nord del Paese, il risultato è ciò che chiamo un deficit di empatia”.

 

Yemen, gli Houthi ammettono l’attacco a una nave britannica

Intanto, le milizie Houthi dello Yemen, appoggiate dall’Iran, hanno ammesso di aver lanciato missili contro una “nave britannica” al largo delle coste del Paese. Si tratterebbe dell’ultimo di una serie di incidenti che hanno interrotto la navigazione globale. L’annuncio segue alle notizie diffuse da due agenzie di sicurezza marittima di un attacco a est di Aden, nello Yemen, ed è arrivato dopo che gli Stati Uniti hanno dichiarato di aver sequestrato una spedizione di armi iraniane a gennaio destinata agli Houthi. Il sequestro fa parte di uno sforzo più ampio da parte degli Stati Uniti per contrastare gli attacchi Houthi sulla principale rotta marittima attraverso il Golfo di Aden e il Mar Rosso.

 

Mosca organizza conferenza con Hamas e Jihad islamica

La Russia ha invitato 14 fazioni palestinesi, tra cui Hamas e la Jihad islamica, a partecipare a una conferenza intra-palestinese che si terrà a Mosca dal 29 febbraio al 2 marzo. Lo ha detto l’inviato speciale per il medio oriente Mikhail Bogdanov, citato dall’agenzia Tass. Invito al quale il movimento della Jihad islamica intende inviare una delegazione, ha detto a RIA Novosti il rappresentante ufficiale del movimento in Libano Muhammad al-Haj Musa. “Il movimento ha ricevuto un invito ufficiale a visitare Mosca, invieremo una delegazione ufficiale all’incontro”, ha detto Musa che ha sottolineato come il gruppo abbia già partecipato agli incontri dal 2005.

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