Per milioni di cristiani in tutto il mondo, questo è il periodo più importante dell’anno. Le liturgie scandiscono momenti intensi e significativi, invitandoci a scegliere la preghiera e riviviamo gli attimi dolorosi della Passione e la morte di Gesù Cristo, che culminano in un segno di speranza per l’umanità intera: la Risurrezione.
La Terra Santa, con Gerusalemme, quest’anno però è anche il palcoscenico di una drammatica narrazione. Mancano i pellegrini. Le strade consunte dai passi dei fedeli sono vuote, eppure il richiamo spirituale risuona più forte che mai.
La croce, la guerra e la speranza di pace
La Pasqua in Terra Santa sta vivendo un momento di tensione e conflitto. La realtà è estremamente tesa, oltre che complessa. Gaza, con le sue strade polverose e le case devastate, è un simbolo di sofferenza. Qui, la guerra ha causato una catastrofe umanitaria. Le famiglie piangono i loro cari, e la paura è palpabile. Nel cuore di questa terra martoriata, Papa Francesco, i Patriarchi e i Gerarchi di Gerusalemme si sono espressi con voce ferma e compassionevole.
Così, mentre il sole sorge su Gerusalemme, la croce e la speranza si intrecciano. La Pasqua ci chiama a guardare oltre le tragedie e a credere che la luce possa ancora brillare nelle tenebre. In questa Terra Santa, dove la storia e la fede si fondono, la Pasqua è un richiamo a un cambiamento profondo. Che la Risurrezione porti con sé la promessa di un mondo rinnovato, dove la pace trionfa sulla guerra e il dialogo prevale sulla discordia.
Le parole del Papa risuonano come un'eco di speranza: “Pace, dialogo, riconciliazione.” Questi sono i pilastri su cui costruire un futuro diverso. La Pasqua, con la sua promessa di vita oltre la morte, ci invita a superare le divisioni e a cercare soluzioni pacifiche. Il terrorismo e la guerra non possono essere la risposta. In un mondo segnato da conflitti, la Pasqua ci ricorda che la pace è possibile, anche nei luoghi più martoriati.
La situazione a Gaza
Tuttavia, mentre celebriamo la Pasqua, la guerra a Gaza prosegue. L’esercito israeliano ha continuato le operazioni all’ospedale Shifa di Gaza City e nei quartieri di al-Qarara e al-Amal di Khan Yunis, la roccaforte di Hamas nel sud della Striscia. Uomini armati sono stati uccisi, armi sequestrate e siti appartenenti ai gruppi terroristi localizzati. La situazione è critica, e la sofferenza della popolazione civile è palpabile.
La diplomazia continua a tessere le sue reti. Funzionari statunitensi e israeliani potrebbero tenere colloqui di alto livello su possibili operazioni militari a Rafah. La data non è ancora confermata, ma la volontà di dialogo persiste. Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha interrotto le interlocuzioni precedenti, ma la speranza di una soluzione rimane.
Intanto, Israele contesta l’allarme dell’ONU riguardo al rischio di carestia nel nord di Gaza. Secondo le autorità israeliane, il rapporto dell’Integrated Food Security Phase Classification (Ipc) presenta difetti fattuali e metodologici gravi. Si sottolinea la mancanza di dati affidabili e la dipendenza dalle informazioni di Hamas. Tuttavia, i media palestinesi continuano a parlare di mercati alimentari pieni di cibo. Israele respinge ogni accusa di affamare intenzionalmente la popolazione civile di Gaza.