Sicurezza e immigrazione

Dl sicurezza è legge, Senato vota la fiducia. La Lega scatena la rissa

Il senatore questore De Poli (Udc) e un commesso finiscono in infermeria. La maggioranza: una vergogna, atti di squadrismo. Salvini: referendum abrogativo

Dl sicurezza è legge, Senato vota la fiducia. La Lega scatena la rissa

Con 153 voti a favore, 2 contrari e 4 astensioni il Senato vota la fiducia al dl sicurezza che viene convertito in legge modificando i precedenti decreti Salvini. Il centrodestra non ha partecipato al voto. Il 9 dicembre la Camera aveva approvato la riforma in prima lettura. La discussione a Palazzo Madama è stata interrotta diverse volte e sospesa ripetutamente. Già due giorni fa il caos all’annuncio del ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, di porre la fiducia sul provvedimento. I senatori leghisti avevano protestato occupando i banchi del governo.

 

La situazione è precitata nuovamente ieri nel pomeriggio. Quando gli esponenti del Carroccio hanno esposto cartelli contro i colleghi del M5S e usato di fischietti. Poi si è arrivati alla rissa. Insulti, minacce, spintoni. Nei tafferugli sono finiti in infermeria il senatore questore Antonio De Poli (UdC) e un assistente parlamentare. Pochi minuti prima un grande striscione con la scritta "Immigrazione, obiettivo sbarchi zero’ era stato srotolato dalla Lega in riferimento alle politiche dell'immigrazione dei grillini e per sottolineare il cambiamento di posizione del Movimento. Uno stadio più che un’aula parlamentare.

 

Il Pd: adesso azioni disciplinari

La maggioranza ha chiesto provvedimenti duri. Il Pd parla di “veri e propri atti di squadrismo” e chiede “azioni disciplinari a carico dei parlamentari leghisti resisi responsabili di atti di teppismo e di aggressioni fisiche contro colleghi e dipendenti di Palazzo Madama”. Per Andrea Marcucci, capogruppo dem si tratta di “fatti di una gravità inaudita e senza precedenti dagli anni '20 ad oggi. E di un atteggiamento intimidatorio della Lega per impedire l'esercizio democratico del voto”. Italia viva di “sceneggiate vergognose”. Su quanto accaduto la presidente Elisabetta Casellati ha assicurato che aprirà un'istruttoria. Ma Salvini continua ad accusare la maggioranza di “fare il gioco degli scafisti”. E annuncia: “Sarà un referendum a cancellare questa pagina vergognosa della storia italiana”.

 

Lamorgese: riforma basata su impianto solido ed equilibrato

“Il voto definitivo sulla conversione in legge del decreto immigrazione conferma la solidità e l'equilibrio dell'impianto del testo concordato al Viminale dalle forze di maggioranza la scorsa estate”, afferma la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese. La soddisfazione per lo stop ai decreti Salvini è forte nelle file del centrosinistra. Il vice della Lamorgese, Matteo Mauri, dichiara che “L’Italia volta pagina e si torna la rispetto del diritto internazionale”. Per Zingaretti si “archivia una stagione di propaganda”. E Loredana De Petris, presidente del gruppo Misto: “sono stati cancellati i decreti vergogna" voluti dalla Lega. “Finalmente si torna alla protezione umanitaria e viene anche detta una parola chiara sull'assurda guerra dello Stato italiano contro le Ong”. Ma per la senatrice di Leu “adesso è necessario introdurre i corridoi umanitari, riprendere le missioni di salvataggio in mare, introdurre una legge civile sulla cittadinanza e, soprattutto, cancellare la legge che è all'origine di un'intera politica sbagliata: la Bossi-Fini”.  

Forza Italia non vota ma resta in Aula

Anche per Forza Italia “la Bossi-Fini va sicuramente rivista per rispondere a flussi migratori diversi da quelli del tempo in cui fu pensata ed approvata. Ma questo decreto non risolve un bel niente, anzi aggrava la situazione”. Inoltre la “riforma farà da calamita a nuovi arrivi: ed è una scelta ideologica”. Nel centrodestra Lega e Fdi sono usciti al momento del voto, il senatori di Berlusconi invece pur manifestando “totale dissenso” per i contenuti del decreto legge sono rimasti in Aula. La scelta degli azzurri sarebbe stata dettata dal rispetto per l’istituzione parlamentare. Ma con ogni probabilità si è trattato anche di un modo per prendere le distanze dai toni e dai comportamenti dei senatori leghisti.

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