Effetto Brexit

Brexit 2021: effetti e cosa cambia per Europa, Regno Unito e Italia?

Con o senza deal, gli effetti Brexit ricadono sull’economia dell’Ue. Impatti sull’export italiano con l’uscita della GB da Mercato unico e Unione doganale.

Brexit 2021: effetti e cosa cambia per Europa, Regno Unito e Italia?

Le regole sul commercio e molti altri aspetti della quotidianità di cittadini ed imprese cambieranno in modo drastico quando terminerà il periodo di transizione della Brexit (in scadenza al 31 dicembre 2020). Dal 1° gennaio, infatti, il Regno Unito uscirà dal Mercato unico e dall’Unione doganale dei 27 Stati membri.

È dunque in aumento l’apprensione in merito alle trattative in corso tra Londra e Bruxelles per scongiurare il no-deal e trovare l’accordo per un divorzio “ordinato” tra GB e Ue entro la fine dell’anno. Mentre i Governi nazionali, le istituzioni Ue, le organizzazioni internazionali, i mercati e il business si stanno ancora interrogando su come prepararsi alle conseguenze immediate della Brexit, arginandone gli effetti negativi tramite la messa a punto di misure specifiche, The Italian Times ha dato uno sguardo ai possibili scenari sulla base di dati e pronostici, per capire cosa cambierà per l’Europa (soprattutto per l’Eurozona) e per l’Italia.

 

Innanzitutto, se l’intesa non si materializza nel giro di pochi giorni, l’Unione europea (Italia inclusa, quindi) e il Regno Unito si affideranno alle norme dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) per regolare i rapporti commerciali reciproci. Abbiamo già visto come Bruxelles sia corsa ai ripari tramite la proposta di misure d’emergenza (applicabili in caso di mancato deal solo ad alcuni settori, per lo più trasporti, viaggi e pesca) elaborate dalla Commissione europea e presentate da Ursula Von der Leyen. E si è già illustrato, nel nostro speciale, come funziona il “sistema a punti” – già annunciato dal Governo Tory - per fare ingresso e lavorare nel Regno Unito.

Un numero crescente di osservatori ed analisti (sia britannici che europei) dimostra che una Brexit senza accordo commerciale potrebbe generare impatti economici più o meno gravi in diversi Paesi e settori dell’Ue, in primis l’Italia.

 

Brexit 2021 e il possibile impatto sul Made in Italy

Con o senza accordo, il Made in Italy vivrà un contesto difficile e del tutto particolare, dato che – secondo le stime - l’uscita di Londra dall’Ue darebbe campo libero al “fake Made in Italy” sul mercato britannico. Per compensare al divorzio dal blocco dei 27 e al venir meno dei vecchi rapporti commerciali, la Gran Bretagna sta già preparando il terreno per allacciare nuove relazioni con Stati Uniti, Canada e Australia. Chi potrebbe subire tale manovra è proprio l’eccellenza dell’agroalimentare italiano. È il caso del formaggio Grana Padano, del Parmigiano Reggiano e altri prodotti della Dieta mediterranea, promossa e salvaguardata anche dall’Europarlamento dallo Stivale fino a Bruxelles. Sono questi i prodotti più frequentemente contraffatti nei tre Paesi anglofoni “d’oltre mare” già citati.

 

Durante la seconda settimana di dicembre, è arrivato da Roma un segnale di preoccupazioni che si stanno amplificando riguardo agli effetti negativi della Brexit. Ad alimentare, sono anche le previsioni - poco confortanti – sull’andamento dell’economia del Paese, già drammaticamente colpito dall’emergenza sanitaria covid-19. A livello globale, oltre che a fenomeni di concorrenza sleale, l’imitazione dei brand agroalimentari italiani genera un fatturato di circa 100 miliardi di euro. Come detto, tra i migliori contraffattori figurano gli Stati Uniti, con cui le autorità britanniche hanno già siglato un accordo commerciale (stessa cosa per i due membri del Commonwealth: Canada e Australia).

 

A parlarne è la Coldiretti. “Senza accordo sulle regole con l’Unione europea, il Regno Unito rischia di diventare il porto franco del falso Made in Italy in Europa per la mancata tutela giuridica dei marchi dei prodotti italiani ad Indicazioni geografica e di qualità (Dop/Igp), che rappresentano circa il 30% sul totale dell’export agroalimentare tricolore”, avverte Ettore Prandini, Presidente dell’associazione.

Sotto i riflettori, anche le conseguenze che dovrà gestire il settore vitivinicolo che, nonostante la crisi e la pandemia, resiste e suggerisce dati rassicuranti che fanno parlare di boom dell’export. Complessivamente, il ‘vino’ italiano fattura sul mercato britannico quasi 827 milioni di euro all’anno. In testa, ci sono il Prosecco Dop con 348 milioni di euro. Sempre tra i numeri diffusi dalla Coldiretti, si legge che tra gli altri prodotti agroalimentari italiani più gettonati in Gran Bretagna compare l’ortofrutta fresca e trasformata (ad esempio, i derivati del pomodoro con 234 milioni, l’intramontabile pasta, i prodotti lattiero-caseari come mozzarella e stracchini e – immancabile - l’olio d’oliva).

 

 

La mancanza di un accordo è lo scenario peggiore perché rischia di rallentare il flusso dell’export, ma a preoccupare è anche il pericolo che con l’uscita dall’Unione europea si affermi in Gran Bretagna una legislazione sfavorevole alle esportazioni agroalimentari italiane”, ha spiegato Prandini. “Un esempio è l’etichetta nutrizionale a semaforo sugli alimenti che si sta diffondendo in gran parte dei supermercati inglesi e che boccia ingiustamente quasi l’85% del Made in Italy a denominazione di origine (Dop)”. Ed è proprio questa famigerata “etichetta” (che Francia, Belgio e Olanda chiamano già “Nutriscore”) che è stata al centro di un nuovo tour de table al Consiglio dei 27 Ministri Ue dell’Agricoltura a Bruxelles del 15 e 16 dicembre (l’Agrifish, nel gergo istituzionale). In un tweet dall'Europa building, la Ministra per l'Agricoltura e la Pesca, Teresa Bellanova, riporta il suo intervento integrale per spiegare la posizione dell'Italia su questo dossier che ha assunto particolare importanza e visibilità nelle utlime settimane.

 

 

È tutto in divenire. E gli scenari potrebbero cambiare se nelle prossime settimane se Boris Johnson e Ursula Von der Leyen (e i rispettivi capo-negoziatori per la Brexit) riusciranno a raggiungere un accordo che potrà tutelare anche la produzione agroalimentare italiana.

 

Brexit 2021, Dogane e procedure contrattuali: cosa cambia?

C'è una sorpresa “amara” in arrivo per le aziende a causa delle nuove procedure doganali e di possibili dazi. Bisogna valutare accuratamente le condizioni dei contratti, soprattutto in merito alla ripartizione delle spese. Infatti, sia nel caso di approvazione dell’accordo commerciale Ue-GB sia in caso di no deal, l’inserimento delle procedure doganali nello scambio di merci tra i due blocchi produrrà immediati effetti economici anche sui contratti di fornitura già in corso. È il caso di un’azienda italiana che – ad esempio- acquisterebbe “franco fabbrica” (nel gergo Incoterms, è la clausola ex-works, particolarmente vantaggiosa per le imprese italiane che fanno export). Le merci normalmente viaggiano dal Regno Unito (che finora si è fatta carico soltanto delle spese di trasporto fino al Paese di arrivo) all’Italia. Ma con il nuovo obbligo (si introdurrebbe dal 2021) di occuparsi degli adempimenti in esportazione (alle dogane del Regno Unito) e di quelle in importazione (alla dogana italiana) una raffica di costi aggiuntivi peserebbero sulle consegne. Per non parlare dei rallentamenti nella tempistica di arrivo ai magazzini (si vedrà quali ulteriori impatti ci saranno – ad esempio – all’indice di rotazione delle scorte).

 

Effetti Brexit no deal sulle Borse europee:

Tempo fugit, le ore passano e sono molteplici gli sforzi di tutti per andare oltre i nodi della Brexit. E soprattutto, organizzarsi per recepire un accordo last-minute (se ci fosse) prima dell’ultimo saluto al 2020.

Il Parlamento europeo si sta già preparando a fare gli straordinari durante le feste natalizie e San Silvestro per finalizzare e approvare il dossier in caso di esito positivo dei negoziati entro il 31 dicembre.

 

Non serve aspettare il 1° gennaio per capire in che misura lo spettro del no-deal possa dare segnali immediati che si riflettono sulle tendenze dei mercati finanziari, dove la sterlina britannica sta perdendo quota rispetto all'euro e al dollaro. Sul sentiment negativo pesano ancora l’incertezza sul futuro di molteplici transazioni commerciali e finanziarie, le misure restrittive anti-coronavirus sempre più stringenti in Europa. Da ultimo, anche la situazione covid-19 e nuovo semi-lockdown di Natale in realtà economiche forti come la Gran Bretagna e la Germania.

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