Pensioni e Draghi

Pensioni e Quota 100: cosa cambia con Draghi. Sindacati: serve Riforma

Si teme che Draghi possa ostacolare flessibilità in uscita dopo scadenza naturale Quota 100 prevista per 31 dicembre 2021. Sindacati chiedono Riforma

Pensioni e Quota 100: cosa cambia con Draghi. Sindacati: serve Riforma

L’arrivo di un nuovo esecutivo al governo rimette in discussione tutto, non solo i ristori e bonus Covid che stavano per essere approvati ma anche argomenti da affrontare in un prossimo futuro come la Riforma delle Pensioni.

 

In particolare, i sindacati temono che Draghi possa ostacolare la flessibilità in uscita dopo la scadenza naturale di Quota 100 prevista per il 31 dicembre 2021.

 

Draghi e le pensioni: cosa succederà dopo la scadenza di Quota 100

In passato Mario Draghi, quando si trovava alla guida della Banca d’Italia, riteneva necessario allungare la vita lavorativa per garantire un tenore di guida adeguato agli anziani. Se il presidente del Consiglio incaricato e futuro premier la dovesse ancora pensare così si creerebbero non pochi problemi sulle pensioni con la scadenza naturale di Quota 100, prevista per il 31 dicembre 2021.

 

Come ben sappiamo se non verranno implementate nuove misure atte a garantire la flessibilità in uscita, a partire dal 2021 si potrà andare in pensione di vecchiaia solo a 76 anni, quota fissata dalla Legge Fornero. Si verrebbe così a creare uno scalone di 5 anni rispetto ai 62 anni di Quota 100 (62 anni di età + 38 anni di contributi).

 

Pensioni: come cambieranno con il governo Draghi. Sindacati chiedono confronto e Riforma

La flessibilità in uscita è un tema ampiamente sostenuto da M5s e Lega ma anche dai sindacati, che chiedono al nuovo governo non solo un tavolo di confronto sul tema ma anche una vera e propria Riforma della Pensioni.

 

In ballo la proroga di Quota 100 o la sua sostituzione con la formula Quota 102 (64 anni di età + 38 anni di contributi).

 

Secondo il segretario confederale della Cgil, Roberto Ghiselli, la "sola proroga di Quota 100 rappresenterebbe un ennesimo intervento spot che non modificherebbe la legge Fornero e non darebbe risposte alle persone che lavorano”. Serve “una riforma seria e duratura, che consenta a tutti i lavoratori di poter scegliere quando andare in pensione dopo i 62 anni o con 41 anni di contributi, ed in particolare che affronti il tema di chi fa i lavori manuali o gravosi, riconosca il lavoro di cura e la situazione specifica delle donne e che dia una prospettiva previdenziale ai giovani e a chi fa lavori poveri o discontinui. In sostanza una riforma che guardi al mondo del lavoro di oggi e a quello futuro e non a quello che è stato. Il fatto che tutte le persone che andranno in pensione da ora in poi avranno prevalentemente un calcolo contributivo, rende queste misure non solo eque socialmente ma anche compatibili finanziariamente”.

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