Il governo contro il nemico del virus

Produrre autonomamente i vaccini: la sfida dell’Ue secondo Draghi

In Italia permangono i ritardi della campagna vaccinale. Fondazione Gimbe: “Troppo pochi gli ultraottantenni che hanno ricevuto la somministrazione”

Produrre autonomamente i vaccini: la sfida dell’Ue secondo Draghi

Nella lotta al Covid vince chi vaccina di più e più in fretta. I ritardi nelle forniture che i Paesi europei stanno subendo in queste settimane mettono in luce l’handicap di non produrre autonomamente i farmaci per l’immunizzazione. Non è un caso che gli unici Stati al mondo che procedono spediti con le campagne vaccinali sono produttori, Usa in testa con 42 milioni di prime vaccinazioni. Mario Draghi questo lo sa e lavora perché Bruxelles superi gli ostacoli esistenti e verifichi la fattibilità di avviare la produzione sul territorio Ue.

Non è un problema di facile soluzione, ma è l’unico sistema per superare le difficoltà riscontrate nella rapidità dell’approvvigionamento e di distribuzione.

 

Giani: “Potremmo vaccinare di più ma non ci sono le dosi”

La lotta al Covid e la campagna vaccinale sono per il nuovo governo priorità assolute. Per rimettersi in marcia l’Italia, che nell’Unione europea resta tra gli Stati più colpiti dalle conseguenze economiche dell’emergenza sanitaria, ha bisogno di investire ogni forzo politico in questa direzione. Nelle ultime settimane le strutture territoriali per la somministrazione dei vaccini sono in affanno.

Le parole di Eugenio Giani, presidente della Regione Toscana, danno il senso dello stallo determinato dalla mancanza di dosi nonostante i contratti stipulati dalla Commissione Europea con le case farmaceutiche produttrici. “Ho 310 luoghi su 273 comuni della Toscana assolutamente disponibili” e ci sono anche medici e infermieri ma “il problema”, dice il governatore, “è il numero dei vaccini”. E’ “frustrante andare come ho fatto io in questi giorni nei vari luoghi in cui somministriamo e sentirmi dire dagli operatori sanitari: ‘noi oggi vacciniamo mille persone ma con i medici e gli infermieri che abbiamo a disposizione e con l’organizzazione che ci siamo dati potremmo somministrare anche 3mila, 4mila dosi al giorno'”.

 

La fotografia della Fondazione Gimbe

Una fotografia dettagliata della campagna vaccinale italiana la scatta questa mattina la Fondazione Gimbe. “Gli ultraottantenni vaccinati rappresentano ancora una percentuale esigua”, fa sapere il presidente, Nino Cartabellotta. “Vaccinarne l'80% entro il 31 marzo ad oggi è una mission impossible. Il programma prevede 12,8 milioni di dosi per il primo trimestre, di questi solo quelli Pfizer sono in linea con le previsioni. Soffriamo della continua revisione al ribasso delle dosi previste e del ritardo di alcune aziende nella consegna”. C’è preoccupazione poi per “l’accelerazione del virus e delle varianti”. “La situazione dell'epidemia è in calma piatta apparente. Da 4 settimane abbiamo circa 85 mila nuovi casi settimanali. Ma se ci addentriamo nelle singole realtà regionali e provinciali ci sono differenze importanti”.

 

Cdm e le nuove misure

Intanto, il Consiglio dei ministri riunito questa mattina ha approvato il decreto legge Covid che proroga il divieto di spostamenti tra Regioni fino al 27 marzo e la regola per limitare gli spostamenti verso le abitazioni private in zona rossa. Nelle zone gialle e arancioni permane la possibilità, una sola volta al giorno, di spostarsi verso un'altra abitazione privata abitata, tra le 5 e le 22, in massimo due persone, con i figli minori di 14 anni. Il governo ieri ha incontrato le Regioni per discutere le misure da approvare. Stefano Bonaccini, presidente della Conferenza delle Regioni, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, invoca un “deciso cambio di passo perché cessino i tagli e le dosi” dei vaccini “in arrivo si moltiplichino”. Le forniture “dipendono dalle aziende produttrici, i contratti li ha firmati la Commissione europea per tutti gli Stati membri. Confido nella forza della Ue e nell'autorevolezza internazionale del presidente Draghi”. E rilancia il pensiero dell’ex premier Prodi perché “le imprese che detengono i diritti sui vaccini li rendano disponibili a chiunque sia in grado di produrli con efficacia”, I vaccini “devono essere un bene pubblico”.

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