Le acque agitate tra Lega e Fdi

Partito unico di centrodestra: questo matrimonio s’ha da fare o no?

Salvini: “Obiettivo a lungo termine”. Meloni frena ancora: “Più rischi che vantaggi”, meglio mantenere “la specificità” delle singole forze politiche

Partito unico di centrodestra: questo matrimonio s’ha da fare o no?

ulla strada di Matteo Salvini che tenta di gettare le basi del partito unico di centrodestra c’è un ostacolo che si chiama Giorgia Meloni. Il leghista è consapevole che il progetto è ambizioso, non “si inventa dalla sera alla mattina”. Piuttosto, “può essere un obiettivo a lungo termine”. Pensa con ogni probabilità a una meta di fine legislatura per poi presentarsi compatti alle politiche del 2023. I rapporti con una parte delle forze di centro, in particolare con Berlusconi, sono buoni e lasciano bene sperare. “Lo sento frequentemente”, dice ai microfoni di Radio Anch’io.

 

Chi invece non sente più come una volta è la presidente di Fratelli d’Italia. La competizione tra i due non solo sta frenando clamorosamente la scelta dei candidati nelle grandi città, Milano ne è l’esempio. Ma sta anche raffreddando progressivamente il dialogo sulla scia di una guerra di posizione dove, barricata nel proprio fortino, la leader della destra radicale non cede di un passo.  

 

In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, Meloni - ormai habituè delle pagine del quotidiano di via Solferino – non demolisce “l’idea della federazione fra i partiti che sostengono il governo”. Anzi, la trova “intelligente” e pensa che serva “a difendersi dall’aggressione della sinistra che pretende di imporre le proprie politiche in maggioranza. Un maggior coordinamento è utile, aiuta il lavoro”. Ma è sul partito unico che la distanza dalla Lega si fa più imminente perché, puntualizza, presenta “più rischi che vantaggi”.

Le parole della fondatrice di Fdi sono concilianti, il contenuto no. Insiste sulla “specificità di ogni partito” come “forza del centrodestra. Omologare tutto ci farebbe perdere più di quanto potremmo guadagnare”. Ricorda l’esperienza del Popolo della Libertà: “dopo lo slancio iniziale, riuscire a conciliare le diverse identità ha portato a scontri e a mediazioni poco efficaci”. E sottolinea il fronte opposto su cui si colloca oggi il suo partito rispetto alla formazione salviniana. Fratelli d’Italia è fuori dalla ‘grande coalizione’ che sostiene il governo di Mario Draghi: “siamo all'opposizione”, scandisce. E sceglie l’ipotesi dell’intergruppo parlamentare”. 

 

Ma la leader non ha alcun interesse in questa fase ad incrinare ulteriormente i rapporti con il suo competitor a destra. Prova, quindi, a rilanciare il dialogo: “Potrebbe essere utile parlarsi anche da posizioni diverse, perché noi possiamo fare ‘l’ariete’ non avendo il vincolo di fedeltà che lega i partiti di maggioranza”. E smorza, almeno tenta, le polemiche sulla scelta dei candidati sindaci: “Avremmo potuto chiedere un candidato di partito a Roma, abbiamo scelto insieme un civico che è il migliore su cui si poteva puntare”. Non è proprio così. Si sa che Enrico Michetti l’ha sostenuto Fdi più di Salvini e più dei berlusconiani. Gli azzurri avrebbero preferito di gran lunga una candidatura politica puntando su Maurizio Gasparri.

Insomma, quanto Fratelli d’Italia lavori realmente “per la coalizione”, come sostiene nell’intervista la Giorgia nazionale, ora che tutti i sondaggi la danno in ascesa e qualcuno persino avanti alla Lega, è ancora da verificare.

 

Quello che è certo è che Matteo Salvini non demorde e pensa alla sopravvivenza della Lega alla guida del centrodestra. Oggi ha incontrato il presidente del Consiglio a Palazzo Chigi e non perde occasione per rimarcare una sorta di rapporto privilegiato che avrebbe col premier. Parla di “un incontro utile, positivo e costruttivo: c’è sintonia sulle riforme, dal fisco alla giustizia. E c’è sintonia sostanzialmente su tutto”. Dice lui. Ma sul dossier migranti, ad esempio, la linea del governo diverge del tutto da quella dell’ex ministro dell’Interno.  

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