La fine delle bandiere tra Milano e Roma

Calhanoglu all’Inter, l’eterno tradimento del calcio di una volta

Un trasferimento inaspettato quello del giocatore, criticato in nome della fedeltà che non c’è più nel calcio. E se poi tutto avviene nella stessa città

Calhanoglu all’Inter, l’eterno tradimento del calcio di una volta

La polemica settimanale nel mondo del calcio è il trasferimento a parametro zero di Hakan Calhanoglu dal Milan all’Inter, che ha scatenato il putiferio tra i tifosi, creando diverse polemiche. Aver lasciato i rossoneri a bocca asciutta, senza che riuscissero a guadagnare neanche un centesimo sarebbe stata già una motivazione della rabbia dei diavoli, se aggiungiamo però che il giocatore turco ha firmato con gli eterni nemici, allora il terremoto a Milano è inevitabile

 

Questa situazione ha alzato un polverone interessante tra due città diverse: i romani affermano che nella capitale pochissime volte ci sono state situazioni del genere e questo proverebbe che la passione nel vivere un derby era ben diversa per Roma e Lazio rispetto a Milan e Inter. Quali sono stati allora i trasferimenti clamorosi da una parte e dall’altra nelle due grande metropoli?

 

Hakan, sei l’ultimo di una grande fila 

Dopo aver effettuato le visite mediche, è arrivata l’ufficialità dell’Inter per Hakan Calhanoglu: “FC Internazionale Milano comunica l'arrivo in nerazzurro di Hakan Çalhano?lu: il centrocampista classe 1994 ha firmato un contratto con il Club fino al 30 giugno 2024. #WelcomeHakan”. Contratto sino al 2024 a 5 milioni l’anno. Cifre importanti per un giocatore che, ormai da anni, deve trovare una continuità nel mostrare le sue doti da fantasista. Un investimento importante, che ha fatto storcere il naso ai tifosi da una parte e dall’altra.

 

C’è chi ovviamente si è sentito tradito da questa scelta, poiché nonostante non sia sempre stato all'altezza dei 22 milioni di euro spesi dal club quattro anni fa, nel 2017 sotto la guida di Fassone e Mirabelli, la società rossonera gli ha affidato la maglia numero 10, portata da giocatori del calibro di Rivera, Gullit o Boban. All’inizio è stato deludente perché sembrava non fosse mai in grado di sbocciare definitivamente. Nelle ultime due stgioni, nonostante abbia avuto diverse ricadute, è sempre stato al centro del progetto Pioli, concluso con il ritorno in Champions League a distanza di 7 anni dall’ultima volta.

 

Le motivazioni

In primis vi è un discorso economico abbastanza discutibile, visto che il giocatore pretendeva (e probabilmente avrebbe avuto anche al Milan) un aumento importante di stipendio, nonostante ripetiamo, non sia stato un giocatore devastante in questi anni. I suoi dubbi sulla stabilità che potesse avere il Milan nei prossimi anni, hanno scaldato e non poco i componenti del club, ogni giorno sempre più spazientiti. Su tutti Paolo Maldini, che dopo la vicenda Donnarumma si è ritrovato in mezzo ad una nuova vicenda scomoda, in cui il club ha perso non solo due giocatori titolari, ma anche la possibilità di fare bel guadagno dalle loro cessioni. Due coltellate non facili da digerire, lievemente curate con l’arrivo di Maignan tra i pali, che deve però dare da subito delle riposte all’altezza delle attese.

 

Il turco ha aspettato un’offerta allettante, senza però (da febbraio) fidarsi realmente delle idee future dei rossoneri di voler creare una rosa capace di fare un ulteriore salto di qualità. Intanto ha già contattato  il nuovo allenatore dell’Inter: “L'ultimo anno ho giocato molto bene con Pioli, ho giocato nel mio ruolo. Ho già parlato con Simone Inzaghi. Conosco il suo sistema di gioco. Mi piace molto come mi ha parlato, ho sentito tante cose belle. Ci sono grandi obiettivi all'Inter e questo mi piace”. E ha  aggiunto: “Sono molto felice, essere all'Inter è una grande cosa. Grande squadra, grande club, grande atmosfera e grandi tifosi. So cosa vuol dire arrivare qui, è una grande sensazione. Vogliamo vincere lo scudetto come l'anno scorso. Il primo anno in Italia è stato molto difficile per me, non parlavo la lingua. Ho imparato la lingua, e ora a Milano ho tanti amici, anche fuori dal campo.”

 

Milano traditrice, Roma dal cuore vero?

Sotto l’ombra del Duomo sono passate leggende di ogni tipo, in tutti i ruoli. Giocatori che rimarranno indelebili nei cuori dei tifosi, nonostante le loro scelte non siano state sempre di appartenenza alla maglia. L’ultimo esempio è quello del turco, passato da Milan a Inter. Prima di lui pero molti altri crearono stupore, talvolta travolgendo un sogno tenuto in piedi dai tifosi, di non vedere mai i loro idoli con la maglia dell’altra squadra della città. Si può pensare allo scambio Cassano-Pazzini, con il fantasista barese che fu criticato dalla Milano rossonera per la sua poca riconoscenza, dopo anni in cui era stato cullato e viziato da tutti, ritrovandosi dall’esperienza madrilena

 

Pirlo e Seedorf, due simboli del calcio italiano, hanno vestito entrambe le maglie: per l’ex tecnico della Juve si trattò di un trasferimento a parametro zero, in cui non mancarono le critiche, per non aver permesso ai nerazzurri di guadagnare cifre stellari. Seedorf rimane l’affare più grande fatto dal Milan, che si assicurò il cartellino di un talento vero, lasciando l’Inter quella volta a mani vuote. Muntari invece sembrava avesse qualche sassolino nella scarpa da levarsi, e il suo cambio di casacca fu uno sgarbo voluto all’Inter, che in quegli anni lo reputava un giocatore dalle grandi doti. Ronaldo "il fenomeno" forse esce un po’ da questa lista di “traditori”, così come Vieri, visto che hanno dato tutto per l’Inter senza praticamente mai giocare (per infortunio e poco spazio) nelle fila del Milan.

 

Sui social i romani si sono scatenati, affermando che nella capitale mai si sarebbe potuto vedere cose del genere: “Chi indossa la maglia della Lazio, non può vestire giallorosso, senno te devi nasconde bene” o, ancora, “si vede la differenza tra un derby di statuine e uno di uomini pronti a sputare sangue”. Sicuramente tra Manfredonia, Mihajlovic e Kolarov, qualche sgarbo vi è stato, però nel mezzo di queste affermazione polemiche, la verità in fondo c’è: il senso di appartenenza ormai manca totalmente, lo spirito di Zanetti o Maldini di voler sentire il derby come un’arena di guerrieri pronti a morire per quella casacca, non esiste più. 

 

Probabilmente il livello tra i talenti passati a Milano e quelli passati a Roma saranno sempre molto diversi ovviamente, ma sotto il punto di vista della fedeltà, nella capitale insegnano e non poco. A cominciare, e forse finire, da Francesco Totti.

COPYRIGHT THEITALIANTIMES.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA