La governance della Tv pubblica

Cda Rai, voto slitta anche al Senato. Palazzo Chigi tira dritto su Ad

Manca l’intesa politica sui consiglieri di nomina parlamentare: pesa lo stallo 5S. Ma dal governo nessun rinvio sulla scelta dell’amministratore delegato

Cda Rai, voto slitta anche al Senato. Palazzo Chigi tira dritto su Ad

Non si sbloccano le nomine Rai. Il caos all’interno del Movimento Cinque Stelle e la mancanza di una guida politica sono i motivi dello slittamento del voto sui componenti del Cda di espressione parlamentare: due devono essere eletti dalla Camera e due dal Senato ‘con voto limitato a un solo candidato’.

 

Dopo Montecitorio, dove si è rinviato al 14 luglio, oggi anche Palazzo Madama ha dato forfait, determinando uno slittamento. Sarà la conferenza dei capigruppo a stabilire la prossima data. Una questione complicata quella della governance della Tv pubblica per la quale devono essere rinnovati gli organi di direzione aziendale. I componenti del Cda sono in tutto sette: dei tre rimanenti due vengono indicati dal governo, uno dall’assemblea dei dipendenti. Intanto Palazzo Chigi non cambia i suoi piani e non attenderà che si sblocchino le nomine politiche per calare il suo asso sull’amministratore delegato. Per il ruolo più importante di governo dell’azienda è probabile che lunedì 12 luglio sia il giorno decisivo. 

Lo stallo nei 5S non è, però, un problema da poco. L’ipotesi dell’avvocato e docente di diritto civile Luigi Di Majo per i pentastellati è definitivamente tramontata, per fare posto a un altro nome, quello di Antonio Palma, avvocato amministrativista napoletano. Ma anche su quest’ultimo pare sia arrivato l’altolà perché manca un leader che dia il via libera all’operazione.

 

Nel frattempo la riunione dell’Assemblea degli azionisti Rai è convocata appunto per il 12. E in teoria, oltre il bilancio, avrebbe dovuto ratificare la nomina dei i 4 consiglieri di amministrazione indicati dalle Camere. I profili - è evidente - per quella data non saranno disponibili. Un corto circuito che irrita e non poco molti esponenti della maggioranza e, ovviamente, il governo. L’ostacolo tuttavia non esiste solo in casa del Movimento. Si chiede tempo anche nel centrodestra dove il candidato indicato da Fratelli d’Italia, Giampaolo Rossi, non sembra avere il favore degli altri partiti. Certi, ad oggi, sono solo i nomi fatti da Pd con Francesca Bria, e dalla Lega che spinge per la riconferma di Igor De Biasio.

 

In Parlamento sono giorni di fibrillazioni. Il muro contro muro sul ddl Zan che vede Italia Viva schierata con il centrodestra ha inasprito gli animi. Proprio dai renziani arriva la protesta per il rinvio del voto sui consiglieri Rai. “La tv pubblica pagata dagli italiani - ha affermato Davide Faraone - non può' aspettare i tempi dei giochi di potere di alcuni partiti. Uno a caso: il M5S che sta prendendo tempo perché non ha ancora capito se gli ordini sui nomi arrivano da Grillo o da Conte. Lo stesso M5s che ha sempre detto che i partiti devono restare fuori dalla Rai”.

 

Anche l’Usigrai, il sindacato dei giornalisti di Viale Mazzini, va all’attacco: “Con l’ennesimo rinvio i partiti hanno definitivamente gettato la maschera. Nei convegni si esercitano sugli slogan ‘fuori i partiti dalla Rai’, poi nella pratica esercitano il controllo più stretto ed evitano ogni ipotesi di riforma”. Ad ogni modo l’assemblea dei dipendenti ha indicato il suo componente nel Cda: è Riccardo Laganà, per il momento l’unico nome certo.   

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