Tv pubblica e politica

Nomine Cda Rai, quanti sgambetti nei partiti e nelle coalizioni

Il Parlamento elegge i 4 componenti. Salvini si prende la rivincita: Meloni resta fuori. Vito (FI): “Ora la presidenza della Vigilanza a Fratelli d’Italia”

Nomine Cda Rai, quanti sgambetti nei partiti e nelle coalizioni

Salvini fa lo sgambetto alla Meloni, Conte ai grillini, Renzi al Pd. Sulla nomina dei quattro consiglieri del Cda Rai, la cui elezione spetta al Parlamento, la politica consuma le sue vendette e porta avanti battaglie parallele. Un regolamento di conti in piena regola che approfitta del voto sui componenti dell’organismo della tv pubblica per manifestare malumori e dissidi interni, nei partiti come nelle coalizioni. 

 

Partiamo dal leader leghista. La vicenda della presidenza Copasir, il Comitato parlamentare per la Sicurezza della Repubblica, passata dopo un lungo braccio di ferro a Fratelli d’Italia, il Capitano se l’è legata al dito. Aspettava solo la prima occasione utile per dispiegare la sua rivincita. Così ha fatto. Gianpaolo Rossi, consigliere uscente in quota Fratelli d’Italia è rimasto fuori. La Lega non solo non lo ha votato al Senato ma a Montecitorio ha dato pieno appoggio alla candidata di Forza Italia, Simona Agnes.

Un gioco che deve aver fatto infuriare Giorgia Meloni, rimasta senza rappresentanti nel Consiglio di Amministrazione Rai, pur essendo unica forza di opposizione. Una confitta che alimenta le tensioni e complica ulteriormente i già difficili rapporti con via Bellerio. Prova a gettare acqua sul fuoco il forzista Elio Vito: “Ora credo sia giusto che all’opposizione di Fratelli d'Italia vada riconosciuta almeno la presidenza della Commissione parlamentare di Vigilanza, come peraltro sempre accaduto in passato. Mi spiace per gli amici di Forza Italia, ma dobbiamo lasciarla”. 

 

Intanto, se la Lega conferma il suo uomo, il consigliere uscente Igor De Biasio, per il M5S ha la meglio l’avvocato Alessandro di Majo, che fino a pochi giorni prima non figurava tra le proposte pentastellate. Altro sgambetto. Stavolta dell’ex premier, Giuseppe Conte, nei confronti dei grillini del Comitato di Vigilanza Rai che avevano proposto l’avvocato Antonio Palma. Una prova di forza che la dice lunga sullo scontro in atto tra le ‘correnti’ interne al Movimento. Che vanno via via prendendo corpo a seguito della faida irrisolta tra il giurista di Volturara Appula e Beppe Grillo. Un duello che spacca i gruppi parlamentari. Di Majo passa con soli 78 voti, quaranta in meno di quelli previsti. E non sono stati Pd e Leu a far mancare i propri. 

 

Ma anche sulla candidata del centrosinistra si sono accesi gli animi. Pesa lo scontro sul Ddl Zan che vede Italia Viva sulla stessa linea di Salvini e in rotta di collisione con Enrico Letta. I renziani alla fine anche sulle nomine Rai giocano una partita diversa dal resto della coalizione. Non votano Francesca Bria, rimarcando una distanza che aumenta di giorno in giorno col Nazareno.

 

Durissimo il commento sul voto di Camera e Senato del sindacato dei giornalisti di Viale Mazzini: “La lottizzazione è compiuta. Quanto sta avvenendo in questi giorni dimostra che nessuna svolta per il servizio pubblico sarà possibile finché non cambierà la legge di nomina”. L’Usigrai insiste: “Al di là dei nomi, senza quindi esprimere alcun giudizio sulle persone, questa volta c'è stato un ulteriore salto di qualità: si è dimostrato che questa legge consente ai partiti di governo di prendere tutto il banco, lasciando fuori dal Cda qualunque rappresentanza dei partiti di opposizione. È un precedente grave. Che dovrebbe richiamare tutti coloro che credono nel pluralismo a pretendere con urgenza una nuova legge”.

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