La formazione del nuovo Governo in Afghanistan ha richiesto più giorni del previsto, ma alla fine l’esecutivo è pronto per segnare il nuovo corso dell’Emirato islamico. I posti chiave sono andati, come previsto, ai leader talebani e tra loro ci sono anche nomi che figurano nella lista dell’Onu di persone definite “terroristi o associati a terroristi”.
Non ci sono donne, come immaginabile. Ora le cancellerie di tutto il mondo attendono le prime mosse del Governo, che dichiara di voler procedere con la nomina di “figure di alta professionalità” e che mira a instaurare, almeno nelle intenzioni, “buone relazioni, secondo le regole islamiche”, ma avverte: "Non consentiremo interferenze nelle nostre relazioni, nelle nostre politiche e nei nostri affari” come chiarito dal Zabihullah Mujahid.
Un Governo secondo la Sharia
“Non consentiremo di chiederci cose non corrispondenti alla sharia e alle regole islamiche. Abbiamo diritto di essere riconosciuti ufficialmente e sostenuti. Rispetteremo i nostri obblighi". Così il portavoce del nuovo governo afghano, Zabihullah Mujahid, durante la conferenza stampa di presentazione dell’esecutivo di Kabul, insediatosi dopo la presa del potere da parte dei talebani 24 giorni fa.
Ecco chi sono i componenti.
Il capo del Governo e il vice: nomi e storia
Il primo ministro è il mullah Mohammad Hassan Akhund, già capo della Rahbari Shura, il Consiglio direttivo dei talebani. Il suo nome, però, preoccupa l’Occidente, dal momento che figura nella lista dell'Onu di persone ritenute "terroristi o associati a terroristi". In passato è stato consigliere politico del Mullah Omar, già guida dei talebani, oltre che governatore di Kandahar e ministro degli Esteri negli anni del primo governo degli studenti coranici, tra il 1996 e il 2001.
Al suo fianco come vice ci sarà Abdul Ghani Baradar, co-fondatore del movimento talebano e negoziatore degli accordi del febbraio 2020 a Doha, con gli Stati Uniti. È anche capo politico in pectore degli studenti coranici e ricoprirà la carica di numero 2 del nuovo governo a Kabul. Nato nel 1968 nella provincia di Uruzgan (Sud), cresciuto a Kandahar, ha combattuto contro i sovietici negli anni '80. Dopo la sconfitta degli uomini di Mosca, nel 1992, Baradar fu uno dei protagonisti della guerra civile. Fondò una madrasa (una scuola religiosa e di diritto) a Kandahar con il suo ex comandante e presunto cognato, Mohammad Omar, deceduto nel 2013 e la cui morte è ancora oggi avvolta nel mistero. Baradar è considerato l'artefice della vittoria militare del 1996, che permise ai talebani di prendere il prendere il potere sulle fazioni rivali, come accaduto nelle scorse settimane.
Fino al 2001, quando il regime talebano cadde nuovamente con l’inizio dell’operazione militare americana nel Paese, ha ricoperto una serie di ruoli militari e amministrativi, tra i quali quello di vice ministro della Difesa. Dopo l’arrivo delle truppe Usa, Baradar avrebbe sostenuto il progetto di alcuni insorti pronti a un accordo per il riconoscimento dell’amministrazione di Kabul, che però naufragò. Nel 2010 è stato arrestato a Karachi, in Pakistan. Pur in “esilio” per quasi 20 anni, ha continuato a essere ritenuto una delle principali guide dei talebani. Dopo la sua liberazione nel 2018, appoggiata dagli Usa, è stato nominato capo dell’ufficio politico del movimento, in Qatar, da dove Baradar ha portato avanti i negoziati con gli americani, fino ad arrivare al ritiro delle forze straniere dall'Afghanistan.
Gli altri ministri
Il ministero della Difesa è andato a Mawlawi Mohammad Yaqub, figlio del mullah Omar, mentre all’Interno è stato designato Sirajuddin Haqqani. Ricercato dall'Fbi, sulla sua testa c’è una taglia da cinque milioni di dollari per chiunque fornisca informazioni utili alla sua cattura. Figlio del celebre comandante della jihad anti-sovietica, Jalaluddin Haqqani, Sirajuddin è il numero 2 dei talebani ed è a capo della rete Haqqani, fondata dal padre. Si tratta di un’organizzazione ritenuta “terroristica” dagli Stati Uniti, dove è vista come una delle fazioni più pericolose per il contingente statunitense in Afghanistan e per gli uomini della Nato nei 20 anni di missione nel Paese.
In particolare, sono attribuiti alla rete Haqqani i principali attentati avvenuti in Afghanistan negli ultimi anni, specie quelli messi in atto tramite kamikaze. Lui stesso è ricercato per l’attacco del 14 gennaio 2008 contro il Serena hotel di Kabul, costato la vita a sei persone, tra le quali un cittadino americano, Thor David Hesla. È sospettato anche del tentato omicidio dell’ex presidente afghano, Hamid Karzai, sempre nel 2008.
Qari Din Hanif è stato nominato a capo del ministero dell'Economia, Mawlawi Noor Mohammad Saqib è a capo di quello del Pellegrinaggio e degli affari religiosi e Mawlawi Abdul Hakim Sharie a quello della Giustizia. Il mullah Mohammad Esa Akhund guiderà il dicastero delle Miniere e del petrolio, il mullah Noorullah Noori quello dei Confini e degli affari tribali, mentre Khalilurahman Haqqani è stato scelto per il ministero per i Rifugiati. Per guidare il ministero dell'Aviazione dei trasporti pubblici è stato scelto il mullah Hamidullah Akhundzada, per l'Istruzione superiore Abdul Baqi Haqqani e per le Telecomunicazioni Najibullah Haqqani. Infine, ministro per lo Sviluppo rurale sarà il mullah Mohammad Younus Akhundzada, mentre ai Lavori pubblici andrà il mullah Abdul Manan Omari e il mullah Abdul Latif Mansoor sarà titolare del dicastero dell'Acqua e dell'energia.
La guida suprema
La Guida suprema dell'Emirato islamico dei talebani sarà il Mullah Hibatullah Akhundzada, nominato “Ameer-ul-momineen", il 'comandante dei fedeli', nel maggio del 2016 dopo l'uccisione in un raid di un drone Usa in Pakistan del predecessore, il mullah Akhtar Mansour, che a sua volta aveva sostituito il mullah Omar. Akhunzada era stato il capo della 'giustizia' talebana all'epoca del regime (1996-2001) e oggi dovrebbe essere 60enne. A lui ha giurato fedeltà al-Qaeda.
Le altre nomine: servizi segreti e banca centrale
Altri due posti chiave sono quelli della guida degli 007 talebani, affidata ad Abdul Haq Wasiq, mentre Haji Mohammad Idris sarà direttore della Banca centrale e l'ufficio di presidenza sarà diretto da Ahmad Jan Ahmady.
Tra i primi commenti a caldo alle nomine c’è stato quello del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che ha parlato di "pessimi segnali": "Non sono buoni segnali alla comunità internazionale, anzi sono pessimi segnali" ha detto il responsabile della Farnesina.