Caos Afghanistan

Afghanistan, il “no” di Austria, Ungheria e Slovenia ai profughi

Dopo il muro tra Grecia e Turchia, fanno discutere le posizioni dei tre Paesi contrari all’accoglienza, proprio nel giorno del G7 convocato da Johnson

Afghanistan, il “no” di Austria, Ungheria e Slovenia ai profughi

Se la Grecia ha alzato un muro al confine con la Turchia, c’è chi il muro per ora lo ha eretto a parole.

Parole che però pesano a livello europeo, perché l’Unione si sta spaccando, come temuto nelle scorse ore, proprio sul tema dell’accoglienza dei profughi in fuga dall’Afghanistan.

 

Alla vigilia del G7, convocato d’urgenza dal presidente di turno, il premier britannico Boris Johnson, per oggi pomeriggio in modalità virtuale, e proprio mentre a Kabul si vivono momenti drammatici per le operazioni di evacuazione dal Paese, nel cuore dell’Ue c’è chi dice no all’arrivo di migliaia di persone in fuga dal nuovo governo talebano.

Si tratta di Slovenia, Austria e Ungheria.

 

Il no di Vienna, Lubiana e Budapest

Il primo a frenare sull’accoglienza di profughi afghani è stato il premier conservatore sloveno, Janez Jansa. Lo ha fatto utilizzando il plurale, forte della sua posizione di presidente di turno del Consiglio dell’UE. “Non è compito della Ue o della Slovenia aiutare e pagare per tutti coloro che fuggono nel mondo” ha detto Jansa.

 

Ma a stretto giro di posta è arrivata anche la posizione, in linea con quella slovena, dell’Austria. “Gli eventi in Afghanistan sono drammatici, ma non dobbiamo ripetere gli errori del 2015. La gente che esce dal Paese deve essere aiutata dagli Stati vicini. L’Ue deve proteggere le frontiere esterne e combattere la migrazione illegale ed i trafficanti di esseri umani” ha dichiarato Sebastian Kurz.

L’Austria “ha accolto 44mila afghani. Abbiamo una delle più grandi comunità afghane pro-capite al mondo, dopo Iran, Pakistan e Svezia. Ci sono ancora grossi problemi con l’integrazione e siamo quindi contrari all’aggiunta” di altri profughi, ha aggiunto il capo del Governo di Vienna.

 

Ad Austria e Slovenia si è poi aggiunta anche l’Ungheria, già al centro di forti attriti con i vertici Ue per la questione dei diritti degli omosessuali e della comunità LGBT, oltreché per la realizzazione di un’altra barriera (seppure di filo spinato) per arginare l’arrivo di migranti dalla Siria e dall’est in generale.

 

“Proteggeremo l’Ungheria dalla crisi dei migranti” ha affermato il premier ungherese, Vicktor Orban, parlando dei flussi che arriveranno dall’Afghanistan, in un’intervista ad una radio, pubblicata sulla sua pagina Facebook.

Secondo Orban, occorre evitare che i profughi lascino la regione, evidenziando l’importanza di sostenere Turchia - che avrà un ruolo “fondamentale” - ed i Paesi dei Balcani per evitare l’ingresso dei migranti nell’Unione europea.

 

Il caso della Polonia

Ad aggravare la situazione c’è la condizione di alcuni migranti al confine con la Polonia. Secondo quanto dichiarato da Ewa Letowska, attivista e giurista di fama internazionale, riportato da Huffington Post, da giorni diversi profughi sarebbero fermi alla frontiera tra la Polonia e la Bielorussia, bloccati dalla Guardia di frontiera in violazione del diritto internazionale.

 

Secondo il quotidiano Gazeta Wyborcza, ci sarebbero decine e decine di persone circondate da un muro di filo spinato. I media riferiscono che la vice presidente del Senato, Gabriela Morawska Stanecka, non sarebbe riuscita a farsi largo tra le forze militari per portare medicine e cibo.

 

Il tutto mentre pochi giorni fa il governo greco ha annunciato che non permetterà l’ingresso di altri migranti dalla Turchia, dopo che la Bbc aveva mostrato i 40 km di muro realizzato proprio alla frontiera.

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