Nuove cure

Covid, dalla pillola Merck al farmaco anti-depressivo (già in uso)

Il Regno Unito è stato il primo ad autorizzare il molnupiravir, ora al vaglio anche negli Usa. Attenzioni puntante anche su un altro medicinale esistente

Covid, dalla pillola Merck al farmaco anti-depressivo (già in uso)

La notizia ha fatto il giro il giro dell’Europa in poco tempo e ora anche negli Stati Uniti si prende in considerazione la possibilità di autorizza l’uso della prima pillola anti-Covid, prodotta dalla Merck.

L'agenzia britannica del farmaco (Mhra) ha autorizzato l'impiego del farmaco, che in ambito medico-scientifico si chiama molnupiravir, considerato dagli esperti una nuova arma contro la malattia da Sars-Cov2.

La pillola è ancora al vaglio degli altri enti regolatori internazionali, fra i quali l'americana Food and Drug Administration e l'europea Ema. Nei test clinici ha dimezzato il rischio di ricovero in ospedale o di decesso per le persone colpite dal Covid in forma lieve o moderata.

 

Cos’è la pillola Merck

Molnupiravir (o Lagevrio, cioè il nome del marchio scelto per il farmaco nel Regno Unito) è stato approvato dalla Mhra in base ai risultati di un'analisi ad interim pianificata nell'ambito dello studio di fase 3 'Move-Out'. Il farmaco ha dimezzato la probabilità di ricovero e morte quando somministrato alla dose di 800 milligrammi 2 volte al giorno in pazienti Covid adulti non ospedalizzati e non vaccinati, con infezione da lieve a moderata confermata in laboratorio, insorgenza dei sintomi entro i 5 giorni precedenti l'inserimento nel trial e almeno un fattore di rischio associato a prognosi negativa (per esempio malattie cardiache o diabete).

"Come terapia orale, molnupiravir offre un'importante opportunità aggiuntiva ai vaccini e ai medicinali impiegati finora per contrastare la pandemia di Covid-19" ha spiegato Dean Y. Li, vicepresidente esecutivo e presidente di Merck Research Laboratories.

 

Anche Ema avvia le analisi

Anche l'Agenzia europea del farmaco ha avviato la procedura di revisione continua (rolling review) per la pillola anti Covid di Merck sulla base dei risultati preliminari di studi preclinici e clinici. I dati mostrerebbero, infatti, che sia in grado di ridurre la capacità del coronavirus Sars-CoV-2 di replicarsi, prevenendo così il ricovero o la morte nei pazienti Covid. L'Agenzia valuterà più dati su qualità, sicurezza ed efficacia del prodotto, e la revisione continuerà "fino a quando non saranno disponibili prove sufficienti per consentire all'azienda di presentare una domanda formale di autorizzazione all'immissione in commercio" (Aic), precisa l'authority.

 

Per chi sarebbe indicata

Al momento le indicazioni di somministrazione indicherebbero che sia adatta a pazienti con almeno un fattore di rischio, come obesità o problemi cardiaci, in caso di terapia precoce, cioè entro i primi 5 giorni dalla comparsa dei sintomi. Secondo il direttore della Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza, i dati preliminari vanno valutati “con attenzione. È chiaro che abbiamo bisogno anche di antivirali. Abbiamo vaccini e anticorpi monoclonali, mancano ancora farmaci antivirali”.

 

Il farmaco antidepressivo

Intanto si guarda con attenzione anche a un farmaco anti-depressivo già in uso per altre patologie e che si sarebbe rivelato efficace contro il Covid. Si tratta della fluvoxamina, impiegata contro depressione e disturbi d’ansia, che ha dato risultati incoraggianti in un test clinico, riducendo sensibilmente i rischi di sviluppare sintomi gravi che possono rivelarsi letali.

Il principio attivo non è più coperto da brevetto ed è piuttosto economico, quindi il suo impiego potrebbe rivelarsi molto utile soprattutto nei paesi più poveri. Al momento il limite è dato dal campione limitato sul quale sono stati condotti gli studi.

La possibilità di usarlo anche contro il Covid è giunta dopo che Angela Reiersen, una psichiatra statunitense parte del gruppo di ricerca che ha partecipato alla sperimentazione, aveva iniziato a studiare la fluvoxamina nel 2019, dunque prima della pandemia.

L’esperta si era resa conto che il farmaco era efficace nel trattare su alcune cavie animali la sepsi, un’infiammazione molto forte e diffusa innescata da vari tipi di infezioni e causata da una risposta fuori misura del sistema immunitario.

Di fronte alla comparsa del Covid Reiersen ha ripreso quegli studi per approfondirli. Stando ai risultati pubblicati a fine ottobre sulla rivista medica Lancet, nel gruppo che aveva assunto il farmaco nelle prime fasi della malattia le morti per Covid erano diminuite del 90% rispetto al gruppo di controllo con il placebo. È stata anche riscontrata una riduzione del 65% dei casi di ricorso a cure ospedaliere e più invasive, rispetto a chi non aveva assunto il farmaco vero e proprio.

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