Ore cruciali

A un passo dalla crisi di governo. La debacle di un M5S spaccato

Iniziata al Senato la discussione sul decreto Aiuti. Dopo l’uscita dall’Aula dei pentastellati Draghi salirà al Quirinale e non vuole il rinvio alle Camere

A un passo dalla crisi di governo. La debacle di un M5S spaccato

Le ore cruciali sono arrivate davvero. Stamattina occhi puntati sull’Aula del Senato quando si vedrà se il Movimento Cinque Stelle, come annunciato ieri, uscirà dall’Aula e non voterà il decreto Aiuti. Una volta consumato lo strappo il presidente del Consiglio, Mario Draghi, salirà al Quirinale. Il premier ha già espresso al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di non volere il rinvio alle Camere. Ma non sappiamo ancora quale è il pensiero del capo dello Stato e come gestirà l’inevitabile crisi di governo, a quel punto, aperta.  

 

Nessuno si aspetta il dietro front dei 5S decisi a differenziarsi dal resto della maggioranza. Questo sembra essere l’unico pallino di una forza politica priva di un programma e di una idea delle conseguenze per il Paese di una crisi di governo. Inutile dire che i problemi sul tavolo sono molti, alcuni rischiano di trasformarsi in emergenza passata l’estate. Ma Draghi non può e non vuole far finta di nulla. Una volta salito al Colle per dimettersi sarà Mattarella a determinare i passaggi successivi.

 

La situazione è precipitata ieri sera dopo una giornata di incontri e trattative. Il leader pentastellato, Giuseppe Conte, aprendo l’assemblea congiunta dei parlamentari, ha annunciato che il Movimento non avrebbe votato il decreto Aiuti nonostante l’ulteriore confronto con Draghi. “Oggi ho avuto un colloquio con il premier”, ha riferito ai suoi, “e devo registrare una disponibilità a venirci incontro su tutti i punti. Però è evidente che la fase che stiamo affrontando non può accontentarsi di impegni, occorrono concrete misure”. Rottura, dunque, con il governo che ora è a un passo dalla crisi. Ma l’accelerazione dei pentastellati ha spiazzato anche le altre forze di maggioranza costrette anch’esse ad accelerare il passo di fronte al voto anticipato. 

 

In Senato, intanto, in queste ore è cominciata la discussione generale per poi votare la fiducia al decreto che stanzia oltre 20 miliardi per famiglie e imprese. Nei 5S c’è chi parla di uscire dall’Aula ma senza la volontà di ritirare i propri ministri dall’esecutivo o chiedere rimpasti. Cosa accadrebbe di fronte a un simile scenario è difficile a dirsi. Quello che emerge è che nella formazione che guida Conte non c’è compattezza. Il ministro per i rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, ha detto: “Rischiamo di regalare il Paese al centrodestra e miniamo la coalizione progressista”. Anche il capogruppo alla Camera, Davide Crippa, e l’ex sottosegretario, Stefano Buffagni, avrebbero espresso contrarietà alla linea scelta dal Movimento. E’ evidente che l’ala dura dei 5S ha preso il sopravvento.

 

In ogni caso, con una crisi di governo adesso, gli effetti non sarebbero indolori per nessuno. Per lo stesso Movimento che sicuramente non passerà indenne un simile scossone e potrebbe perdere altri pezzi. Per l’alleanza progressista con il Pd che già avverte: “Se il governo cade si vota e vincerà chi è capace di dare risposte al Paese”. E per il centrodestra, per il quale con le lezioni più vicine si riapre la partita della leadership tra Fratelli d’Italia e Lega. Giorgia Meloni e Matteo Salvini premono per le elezioni ma la strada è in salita anche per loro. In questa partita tutti possono perdere, soprattutto il Paese che chiede alla politica atti di responsabilità. 

COPYRIGHT THEITALIANTIMES.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA