Il jet privato del capo del gruppo della Wagner, Yevgeny Prigozhin, è atterrato all'aeroporto militare di Machulishchi, vicino a Minsk, in Bielorussia. A riferirlo Ukrainska Pravda. L'aereo, scrive, è arrivato all'aeroporto alle 6:40, ora locale, da Rostov sul Don. Pochi minuti dopo un altro jet è atterrato allo stesso aeroporto da San Pietroburgo.
Prigozhin dunque riceve il via libera ad atterrare in Bielorussia. Ma, lo fa solo dopo aver rilasciato ieri, in audio di 11 minuti, la sua versione sui fatti accaduti fra sabato notte e domenica e dopo aver detto che la sua “marcia della giustizia” non è stato un golpe di stato, e quindi un attacco al potere di Putin, ma solo una dimostrazione, al quanto plateale aggiungiamo noi, per "esprimere una protesta" e "non per rovesciare il governo del Paese". Ma soprattutto dopo il discorso alla nazione del presidente russo Vladimir Putin, tenuto nella tarda sera di ieri, per rassicurare i cittadini della fine del pericolo, che gli ammutinati non sono riusciti a spaccare la Russia, che i tentativi "criminali" di creare disordine interno sono falliti e che il Paese è stato "salvato dalla distruzione" grazie alla fedeltà dei suoi militari e dei suoi servizi di sicurezza.
Nella giornata di oggi, invece, sarà il presidente della Bielorussia Alexander Lukashenko a parlere e risponderà alle domande dei giornalisti. Mentre è appena arrivata la notizia che i servizi russi, l'Fsb, hanno archiviato il procedimento penale per ribellione armata nei confronti dei miliziani del gruppo Wagner, rilevando che "i suoi partecipanti hanno interrotto le azioni direttamente volte a commettere l'ammutinamento". Lo riportano le agenzie russe.
Il discorso di Putin alla nazione
Dopo un’attesa durata due giorni, tra voci che lo davano addirittura in fuga dal Paese, alla fine Putin riappare in tv in un discorso durato meno di cinque minuti, come quello che ha tenuto sabato mattina e in cui aveva denunciato il "tradimento" mentre le milizie della Wagner si dirigevano verso Mosca.
Il presidente si assume il merito di avere evitato "un bagno di sangue", perché "la rivolta sarebbe stata soffocata" comunque ma lui ha evitato di dare l'ordine di sparare sui rivoltosi prima che la marcia si fermasse a 200 chilometri dalla capitale grazie, ufficialmente, ad un accordo mediato dal presidente bielorusso Alexander Lukashenko.
Putin ha poi assicurato che manterrà la parola data, offrendo ai miliziani della Wagner la possibilità di trasferirsi in Bielorussia senza dover essere processati, oppure di mettersi al servizio del ministero della Difesa. Nemmeno una parola invece sul loro capo, Yevgeny Prigozhin.
"I neonazisti volevano che soldati russi uccidessero altri russi, che la nostra società si spaccasse, soffocasse nel sangue. Invece tutti i nostri militari, i nostri servizi speciali, sono riusciti a conservare la loro fedeltà al loro Paese, hanno salvato la Russia dalla distruzione".
Subito dopo il discorso Putin si è riunito con i capi delle agenzie di sicurezza e con il ministro della Difesa Serghei Shoigu, il nemico numero uno di Prigozhin.
La versione di Prigozhin
Nell'audio di 11 minuti il capo di Wagner ha dato la sua versione dei fatti e dato le sue motivazioni a quanto avvenuto tra venerdì e sabato.
Prigozhin ha spiegato che la marcia è stata la risposta alle autorità che avevano deciso di sciogliere la Wagner il primo luglio a seguito di "intrighi". Per questo la marcia era stata organizzata, per impedire la "distruzione" della compagnia militare privata e chiamare alle loro responsabilità "quegli individui" che "hanno commesso un enorme numero di errori nell'operazione militare speciale" in Ucraina.
Inoltre, aggiunge, il presidente bielorusso Alexander Lukashenko ha offerto di trovare una soluzione "per la continuazione delle operazioni della Wagner in una giurisdizione legittima".
Prigozhin chiarisce che lui e gli altri ufficiali della Wagner avevano deciso di deporre le armi a Rostov il 30 giugno, rifiutando però di entrare a far parte delle forze armate regolari entro il primo luglio, come era stato imposto dal ministero della Difesa. Ma poiché sono stati "bombardati", hanno intrapreso la cosiddetta "marcia della giustizia" verso Mosca.
"La marcia ha evidenziato seri problemi di sicurezza nel Paese", ha dett Prigozhin, evidenziando che il convoglio si è fermato a 200 chilometri da Mosca e ha "bloccato tutte le infrastrutture militari", comprese le basi aeree lungo il suo percorso.
Prigozhin ha poi aggiunto che i suoi combattenti hanno avuto il sostegno di civili "felici" nelle città che hanno attraversato mentre avanzavano verso Mosca. "Nelle città russe i civili ci hanno accolti con bandiere russe e simboli di Wagner. Erano tutti felici quando siamo passati".
"La famiglia di Prigozhin presa in ostaggio"
Varie voci su Telegram ed ora anche il Telegraph, che cita fonti della sicurezza del Regno Unito, confermano invece la versione del dissidente ceceno Abubakar Yabgulbaev che è stato uno dei 300 uomini di Ramzan Kadyrov inviati a Mosca venerdì, il giorno prima della ‘Marcia della giustizia” di Prigozhin. A riferirlo all’Adnkronos è lo stesso Yangulbaev.
Secondo lui il capo della Wagner ha deciso di fermarsi a 200 chilometri da Mosca non per evitare un bagno di sangue ma perché l’Fsb e il Comitato investigativo hanno fatto irruzione nelle sue proprietà, sequestrato i suoi beni e fermato i suoi familiari, trattenuti “come ostaggio“.
Secondo il Telegraph, questo potrebbe aver contribuito alla decisione di Prigozhin di annullare inaspettatamente l'operazione militare. Secondo le stesse fonti, le truppe della Wagner ammontavano solo a 8.000 uomini anziché 25.000 e molto probabilmente avrebbero rischiato una sconfitta se avessero tentato di prendere la capitale.