lo Stato islamico del Khorasan

Strage a Mosca: Isis rivendica ma Putin insiste sulla matrice ucraina

La tragedia ha scatenato una ferma condanna da parte della comunità internazionale e riacceso il dibattito sulla sicurezza globale e l’efficacia degli 007

Strage a Mosca: Isis rivendica ma Putin insiste sulla matrice ucraina

In una notte come tante il Crocus City Hall di Mosca è diventato teatro di un orrore inimmaginabile. Un assalto durante un concerto ha lasciato dietro di sé un bilancio devastante di 137 morti, tra cui tre bambini innocenti, e oltre 180 feriti. Il servizio di sicurezza federale russo (FSB) ha arrestato 11 individui, inclusi i quattro esecutori dell’attacco, che apparentemente cercavano di raggiungere il confine con l’Ucraina.

L’Isis non solo ha rivendicato la responsabilità dell’attacco ma ha anche diffuso le foto e un video che documenta la strage dal punto di vista degli attentatori, una mossa che ha scosso la comunità internazionale. Mentre Putin punta il dito verso l’Ucraina, l’intelligence americana sostiene la responsabilità dell’Isis, confermando di aver ricevuto e condiviso con Mosca avvisi di possibili attacchi sin da novembre.

 

L'Isis rivendica ma Putin insiste sull'Ucraina

Mentre Mosca riversa tutte le accuse verso Kiev, gli Stati Uniti confermano i loro timori pregressi, rivelando di aver messo in guardia la Russia sul rischio di attacchi da parte dell’Isis-K, il ramo afghano dello Stato islamico. Segnali di allarme erano stati percepiti già da novembre, ma la minaccia si è concretizzata in un assalto che ha lasciato un’impronta indelebile sulla città.

L’Isis-K, o Stato islamico del Khorasan, non è nuovo a gesti di tale ferocia. Attivo dal 2014 e nato dall’unione di militanti provenienti da diverse fazioni, tra cui quelle pakistane e uzbèke, il gruppo ha dimostrato la sua portata mortale anche al di fuori dei confini afghani. Il nome “Khorasan” evoca immagini di un’antica regione, nota come “la terra del sole”, che si estende attraverso l’Afghanistan, il Pakistan e parti dell’Iran. Proprio in quest’ultimo, a gennaio, due attentati hanno causato la morte di quasi cento persone, sottolineando la capacità dell’Isis-K di colpire con precisione e brutalità.

Questi eventi non solo riaffermano la minaccia globale rappresentata dall’Isis-K, ma sollevano anche interrogativi sulla sicurezza internazionale e sull’efficacia delle reti di intelligence nel prevenire tali attacchi. La tragedia di Mosca diventa così un monito per il mondo intero, un richiamo alla vigilanza e alla cooperazione tra nazioni nell’ombra di una minaccia che non conosce confini.

L’Isis-K si estende oltre l’Afghanistan, il Pakistan e l’Iran, sogna di erigere un califfato che abbracci anche le terre delle ex repubbliche sovietiche come Turkmenistan, Tagikistan e Uzbekistan. Un progetto ambizioso che mira a unire sotto la stessa bandiera territori diversi, ma accomunati da un passato storico e culturale.

 

La Russia nel mirino dell'Isis-K

La minaccia dell’Isis-K si estende fino alla Russia, un Paese che ha già sperimentato il dolore e la devastazione causati dalle ribellioni islamiste, in particolare nel Caucaso settentrionale. Il generale Michael Kurilla del comando centrale Usa ha evidenziato come l’Isis-K mantenga basi sicure in Afghanistan e continui a tessere le sue reti, non solo localmente ma anche a livello internazionale, invocando attacchi contro chiunque contrasti la loro ideologia estremista.

Sanaullah Ghafari, noto anche come Shahab al-Muhajir, guida l’Isis-K dal giugno 2020. Con il ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan nel 2021, il gruppo ha intensificato il suo focus sulla Russia, già teatro di alcuni tra i più efferati attacchi terroristici degli ultimi anni. L’attentato nella metropolitana di San Pietroburgo nel 2017, che ha causato 15 morti e 45 feriti, ne è un esempio. Recentemente, i servizi d’intelligence russi hanno sventato un attacco pianificato da una cellula del Khorasan contro una sinagoga a Mosca.

Secondo gli esperti internazionali, l’attacco al Crocus City Hall segna un’escalation significativa nell’opposizione dell’Isis-K a Vladimir Putin. Le azioni del presidente russo in Siria, dove è intervenuto a sostegno di Bashar al-Assad, e i suoi interventi in Afghanistan e Cecenia, hanno lasciato un segno indelebile, portando l’Isis-K ad accusare il Cremlino di avere “sangue musulmano sulle mani”, come sottolineato dall’analista antiterrorismo Colin P. Clarke. Questa ostilità si è intensificata negli ultimi due anni, rendendo la Russia un obiettivo primario per il gruppo.

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