Segreti di maggioranza

Servizi segreti, il Governo incassa la fiducia ma i malumori restano

Passa la norma che cambia la legge 124 del 2007 sulla durata degli incarichi dei vertici che guidano l’Intelligence italiana. Ma 28 grillini si defilano

Servizi segreti, il Governo incassa la fiducia ma i malumori restano

Servizi segreti, ultime notizie e aggiornamenti:

 

***Aggiornamento 3 settembre 2020: Dopo le tensioni nella maggioranza e lo scontro in Parlamento sul ‘caso’ servizi segreti il Governo incassa la fiducia sul decreto che proroga lo stato d’emergenza. Che contiene anche la norma che modifica la legge sul rinnovo dei capi dell’Intelligence. Ma i malumori nei cinquestelle non sono passati. Il decreto passa con 276 voti a favore e 196 contrari. Molte assenze, 28 grillini hanno dato forfait non partecipando al voto.

 

Servizi segreti, maggioranza divisa tra colpi di mano e smentite

E’ sotterranea la battaglia che si sta consumando tra le forze parlamentari sulla norma relativa ai Servizi segreti inserita nel decreto che proroga lo stato di emergenza per Covid. Il Governo è stato costretto in queste ore a porre la fiducia e blindare l’intero provvedimento. Lo scopo: fermare definitivamente la partita degli emendamenti, bloccando quello presentato da un terzo dei deputati pentastellati per sopprimere una norma voluta ad agosto direttamente da Palazzo Chigi. E che prevede che il presidente del Consiglio – ricordiamo che Conte ha mantenuto la delega ai Servizi - possa prorogare “con successivi provvedimenti per la durata massima di ulteriori quattro anni” i vertici di Dis-Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, Aise – Agenzia informazioni e sicurezza esterna e Aisi – Agenzia informazione e sicurezza interna, modificando così la legge 124 del 2007. 

 

Già in agosto la norma inserita quasi di soppiatto nel Dl aveva suscitato polemiche. Stavolta si è andati oltre. Tra tumulti in Aula e l’incapacità dei vertici grillini di ‘gestire’ i ‘dissidenti’ che non hanno dato la disponibilità a ritirare l’emendamento, il Governo ha rischiato e la maggioranza pure. Ma oggi è stata soprattutto la giornata delle smentite. Oggetto: i sospetti che dietro la bagarre parlamentare ci fosse il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. “In riferimento all'articolo pubblicato oggi sul quotidiano la Repubblica dal titolo ‘Intelligence, agguato 5S alla Camera. I sospetti di Palazzo Chigi su Di Maio’, si precisa che sono totalmente prive di fondamento le ricostruzioni secondo cui vi sarebbero, da parte del presidente del Consiglio sospetti sull'operato del ministro degli Esteri”, ha chiarito una nota di Palazzo Chigi. Poco prima ad intervenire per gettare acqua sul fuoco era stato proprio l’ex capo grillino e titolare della Farnesina. Confermando dai microfoni di Radio Anch’io “piena fiducia nel presidente del Consiglio e nei vertici dell'Intelligence in un momento così complicato per il Paese” e affermando che quelle emerse in Aula sono state “valutazioni che hanno fatto i parlamentari”. “Ieri ero in Libia”, ha detto Di Maio, “e non ho seguito il dibattito”. 

 

A smentire cospirazioni e giochi di forza sembra essere anche la deputata del M5S e componente del Copasir, autrice dell’emendamento ‘della discordia’. Al Corriere della Sera ha dichiarato: “L'emendamento firmato da cinquanta deputati del Movimento non va contro il Governo né contro il presidente del Consiglio Giuseppe Conte cui confermo la mia fiducia. L'obiettivo era di modificare una normativa che deve essere affrontata in sede parlamentare. Le cose si decidono nelle Camere: sarebbe stato più utile che il Governo si rimettesse all'Aula”. E poi conferma: “di certo hanno provveduto a chiamare ogni singolo firmatario chiedendo loro di ritirare la firma. Nel frattempo, però, le firme stavano crescendo. Per quanto mi riguarda, sto ragionando se votare la fiducia al Governo sul decreto emergenza”. 

 

Contrasti rientrati? Probabilmente no. Nemmeno tra i banchi dell’opposizione che è sul piede di guerra. La materia è di quelle per le quali – generalmente - si procede in accordo con quest’ultima. Che stavolta è stata tagliata fuori. Tra le file della maggioranza chi giustifica la norma voluta dal Governo lo fa basandosi sulla necessità di una maggiore flessibilità nel rinnovo dei capi dei Servizi in questa fase di emergenza. Ma la partita delle nomine resta aperta, anzi apertissima. Il primo a beneficiare della norma sarebbe il direttore dell’Aise Mario Parente, nominato da Renzi nel 2016, e il cui mandato è scaduto a giugno scorso. Il suo incarico sarebbe già stato prorogato fino allo stesso periodo del 2021. Ci sono poi da nominare i due vice dell’Aise e da rinnovare il capo del Dis. 

COPYRIGHT THEITALIANTIMES.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA