I rapporti nella maggioranza

Recovery Plan, irritazione Iv per gli incontri informali di Gualtieri

Ma i renziani prima di ogni confronto vogliono ricevere la nuova bozza del Recovery e leggerla. Il Pd sulla verifica di governo: “La sintesi spetta a Conte”

Recovery Plan, irritazione Iv per gli incontri informali di Gualtieri

E’ ancora scontro. Stavolta sulla bozza del Recovery plan predisposta dal ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. Il titolare di via XX Settembre avrebbe avuto incontri riservati per discuterne con Pd, M5S e Leu. Assenti invece i renziani che a quanto pare hanno chiesto di ricevere prima il testo per avere la possibilità di consultarlo. “Risulta complicato giudicare un nuovo piano prima che ci sia inviato. Noi siamo abituati prima a leggere e poi valutare”, dichiara l’esponente di Iv Luigi Marattin. Ma mancando il confronto con il partito dell’ex sindaco di Firenze è probabile che slitti ancora la riunione del premier e di Gualtieri con i capidelegazione di maggioranza per l’adozione della bozza in Consiglio dei ministri. Il nuovo documento del Mef, che ancora non è stato consegnato ai partiti di governo, rischia infatti di diventare un nuovo caso che scuote i già tesissimi rapporti all’interno dei giallorossi.

 

Sulle riunioni informali di ieri ci va giù duro la ministra renziana delle Politiche Agricole, Teresa Bellanova, che si dice “sconcertata e irritata per un metodo molto poco istituzionale e per nulla teso a quella pari dignità politica più volte sollecitata”. Getta acqua sul fuoco il collega degli Affari Europei, Enzo Amendola, in audizione oggi in Senato sul Consiglio europeo del 10 dicembre: “Stiamo affinando il testo sulla base degli incontri con le forze politiche degli ultimi giorni che ci hanno permesso di migliorarlo per il successivo passaggio in Cdm”. Step che, assicura, “avverrà a breve”. La volontà del governo “è che prima dell'invio a Bruxelles il Parlamento analizzi, vagli, verifichi e consideri tutte le predisposizioni del piano”. Le Camere restano “interlocutore centrale di questo processo”. Amendola ricorda che per i piani nazionali “l’apertura delle consegne ufficiali è molto probabile che sarà svolta dalla metà di febbraio ad aprile”. 

 

Il clima in maggioranza resta teso 

La sensazione è che Renzi abbia tutta l’intenzione di far saltare il banco. Mentre il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, lavora per scongiurare la crisi e punta sul nuovo piano per l’accesso la Recovery Fund. E’ disponibile anche a “rafforzare la squadra” ma il senatore di Rignano sembra ogni volta alzare la posta: “nessun rischio di voto, la legislatura finisce nel 2023. Se Conte è in grado di lavorare lo faccia, altrimenti tocca ad altri”. Velati attacchi arrivano al premier anche dal Pd che teme un lento logoramento se i tempi di una verifica dovessero allungarsi ancora. “Noi vogliamo che si riparta, lo diciamo da mesi, per il rilancio di una azione di governo da qui a fine legislatura”, preme Graziano Delrio, capogruppo dem alla Camera. Quella che serve è “un’iniziativa del presidente del Consiglio che tenga insieme la maggioranza. Lui è garante dell’unità. Ci sono questioni aperte, bisogna fare alcune scelte, concrete e di sintesi. Se lui deciderà che c'è bisogno di nuove persone per questa nuova stagione, lo deciderà insieme ai leader politici, come si è fatto quando è nato il governo, e lo proporrà al presidente della Repubblica”.

Ergo: si scordi Conte di fare tutto da solo. Anche sui nomi di eventuali nuovi ministri deve decidere insieme ai partiti e poi fare una proposta al presidente Mattarella, cui spetta in base alla Costituzione la nomina dei vertici dei dicasteri. Caustico anche il vice segretario del Nazareno, Andrea Orlando. Ex ministro della Giustizia, in vista di un rimpasto tra i papabili nella girandola di nomi come sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, l’esponente Pd ammette: "Non mi iscrivo al partito di Conte, non sono fan di nessuno dei leader in campo”. Ma avverte: “impicci con la destra non se ne possono e non se ne debbono fare, non è semplice trovare una figura che tenga insieme forze politiche così diverse”. E quella figura può essere solo Conte, “le altre strade portano in un burrone”. C’è una condizione però. Perché se non si è in grado di arrivare a “un patto di legislatura non serve neanche il rimpasto. Se, invece, c'è una convergenza si discuterà se questa squadra o un’altra”.

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