L’ora del colle

Conte si è dimesso, la crisi nelle mani di Mattarella. Gli scenari

Certezze sul reincarico non ce ne sono: gli alleati per l’allargamento ma un Conte ter fotocopia del bis è da escludere. Il capo dello Stato vuole solidità

Conte si è dimesso, la crisi nelle mani di Mattarella. Gli scenari

Un Conte Ter che sia sic et simpliciter una riedizione del Conte bis più qualche transfugo proveniente da uno o più forze centriste è un’ipotesi a cui nei Palazzi non si dà credibilità e non è detto che ci creda lo stesso Conte. La crisi che si è aperta questa mattina con le dimissioni nelle mani del capo dello Stato del premier è davvero al buio e non è detto che finisca con la riconferma a Palazzo Chigi dell’avvocato pugliese. Il quale è stato costretto a rimettere il mandato e a quel passo che fino all’ultimo ha cercato di evitare, consapevole delle trappole di cui è lastricato ora il cammino. Il suo futuro adesso dipende dagli eventi, dai partiti e, ovviamente, in primis dal presidente Mattarella. Che domani pomeriggio, dopo le cerimonie per la Shoah, avvierà le consultazioni e quella liturgia della crisi che cercherà in ogni modo di velocizzare per dare stabilità al Paese.

Le difficoltà per la formazione di un nuovo governo sono tante e molte dipendono dalla frammentazione delle forze parlamentari. Che finora, in parte, hanno giocato a carte coperte e con diversi distinguo all’interno dei medesimi gruppi. L’allargamento della maggioranza cui punta Giuseppe Conte deve perciò passare, e forse fare leva, sulle divisioni interne ai partiti. In cui, è evidente, indirizzi e strategie non sono univoci.

 

Gli alleati di Conte

Pd, M5S e Leu si stringono attorno al premier ma chi conosce le dinamiche politiche e ha esperienza della vita parlamentare sa che l’epilogo di crisi al buio è sempre incerto. I tre alleati di Conte ribadiscono che è l’avvocato del popolo il “punto di equilibrio, imprescindibile” per la formazione di un nuovo esecutivo. E puntano a un Conte Ter con maggioranza “ampia”. Come si possa però arrivare a questo ampiamento e in pochi giorni è tutto da vedere. Due le alternative che potrebbero anche camminare insieme: da un lato reclutare forze, e non singoli parlamentari, dell’ala centrista dell’opposizione e del gruppo Misto. Dall’altro allearsi nuovamente con l’artefice dello strappo, ovvero Matteo Renzi. Quest’ultima opzione è la più divisiva: remano contro le correnti di sinistra del Pd e una parte del M5S. Non esclude alcuna ipotesi Leu. 

“Pensiamo a questa maggioranza anche in prospettiva”, dice Dario Franceschini, “come un’area di forze riformiste alleate non solo temporaneamente”. Per il Pd non è il momento dei veti “Nessuno può metterli”, fa sapere Deborah Serracchiani. “Prendiamo atto che lo stesso Renzi ha detto che non debbano esserci veti su Conte”. 

 

I partiti e i numeri del Gruppo Misto al Senato. I centristi di Toti per l’unità nazionale

La battaglia numerica si gioca tutta al Senato dove il Conte bis una settimana fa ha portato a casa 156 sì alla fiducia, di cui 132 provenienti da Pd, 5S e Leu. Un ruolo di rilievo lo ha svolto il gruppo Misto che conta 29 senatori. All’interno coabitano oltre a Liberi e Uguali: 5 senatori del Maie-Italia 23, due a vita (Mario Monti e Liliana Segre), due ex grillini, (Giarrusso e Ciampolillo) e l’outsider Sandro Ruotolo. Da collocare in area di centro è la moglie di Clemente Mastella, la senatrice Sandra Lonardo. Con lei Conte ha totalizzato nel Misto 11 voti. Della stessa area ad estrazione centrodestra i tre di Cambiamo!. E’ proprio il Movimento di Giovanni Toti a lanciare in questi giorni segnali di apertura ma solo per un “governo di unità nazionale o di salvezza pubblica o di scopo”.

 

Udc e Forza Italia: i dubbi e i sospetti sul Cavaliere

I più corteggiati da giorni sono i tre centristi dell’Unione di centro che aderisce al gruppo azzurro. Le trattative sono state interrotte dall’indagine per associazione a delinquere che ha coinvolto il segretario nazionale, Lorenzo Cesa. Segnali distensivi tuttavia arrivano ancora da Paola Binetti che non esclude un’assunzione di responsabilità “ma Conte deve pensare a una roba che ci dia dignità. Noi rappresentiamo un pezzo d'Italia silenziosa ma con valori etici e morali precisi”. E ricorda: “i voti vanno contati, ma anche pesati”. Intanto da Forza Italia, che con il voto di fiducia ha perso due senatori, la Rossi e Causin, si tenta di fugare i sospetti di Salvini e Meloni su un salto del Cavaliere in una nuova maggioranza. Berlusconi smentisce: “Un governo che fosse la riproposizione di quello attuale, spostando qualche ministro e reclutando qualche parlamentare del gruppo misto, avrebbe gli stessi problemi di quello in carica. Non lo potremmo mai appoggiare”. Ieri aveva detto: “le strade sono soltanto due: un governo che rappresenti veramente l’unità del Paese o restituire la parola agli italiani”. 

 

Lega e Fratelli d’Italia e quella sponda di Giorgetti a un dialogo con i giallorossi

Rispetto a Fi che non esclude l’appoggio a un governo di unità nazionale Salvini e Meloni vogliono il voto anticipato. Ma i sovranisti sono tutt’altro che compatti. A parte Fdi che mantiene unità di intenti, nel Carroccio due anime agitano le acque. La dura e pura del leader che non vuole compromessi, né dare una mano alle forze di maggioranza con larghe intese o soluzioni simili. E quella dell’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio, possibilista e favorevole ad aperture che evitino le elezioni. Dai vertici dell’opposizione, tuttavia, si ostenta coesione e il no concorde al Conte Ter.

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