La scelta

La difficile successione: impazza il toto-nomi sul reggente del Pd

In lizza ci sarebbero Pinotti, Finocchiaro, Provenzano e l’ex premier Letta. Si tratta per un accordo su un “segretario per la parte restante del mandato”

La difficile successione: impazza il toto-nomi sul reggente del Pd

Generalmente è il congresso il passaggio che porta nel Partito democratico all’elezione del segretario e dell’Assemblea nazionale. Ma le dimissioni improvvise e anticipate di Nicola Zingaretti rispetto alla scadenza naturale del mandato, nel 2023, aprono la possibilità a un’altra opzione, contemplata dallo Statuto: “l’Assemblea può eleggere un nuovo segretario per la parte restante del mandato”. E mentre impazza il toto-nomi sui possibili reggenti – Roberta Pinotti, Anna Finocchiaro, l’ex ministro Provenzano e, ultim’ora, l’ex premier Enrico Letta - tra i maggiorenti del partito prende corpo una convinzione: sia che si tratti di un traghettatore o di una traghettatrice, a condurre i dem alla soglia del prossimo congresso dovrà essere una personalità di rilievo.

In grado di interloquire con le altre forze che sostengono il governo Draghi e con capacità e autorevolezza per trattare i temi in agenda con il premier. “Non possiamo pensare a soluzioni provvisorie, ballerine”, spiega il ministro della Cultura e capo della potente corrente AreademDario Franceschini. “Serve un segretario forte, con la maggioranza più larga possibile, che guidi il partito per almeno un anno”. Dunque, l’idea, è comunque quella di anticipare la fase congressuale al 2022 ma con un nuovo segretario, che sia tale a tutti gli effetti, e non una figura di facciata. 

 

La fase è delicata. Nel Paese la pandemia non dà tregua e così la crisi economica. Sul fronte interno, le diatribe e i toni dello scontro hanno acceso oltre modo il dibattito dopo la caduta dell’esecutivo giallorosso, fino a determinare il passo indietro di Zingaretti. Ora, per non implodere, il Pd deve tornare a dialogare. “L’assemblea della settimana prossima nominerà un reggente o una reggente”, dice Luigi Zanda, anche lui franceschiniano e tra i big piddini. Ma ci sono “due problemi irrisolti che vanno affrontati”. Il primo è “l’identità. Il Pd ha assoluto bisogno di avere una visione a lungo termine”. Il secondo è “riflettere su come stare assieme. Va capito cosa significa un partito plurale, dove convivono filoni diversi, e quindi dialogare senza toni ultimativi e senza la tentazione continua della scissione”.

Intanto, l’ex ministro degli Affari regionali, Francesco Boccia, molto vicino al governatore pugliese, Emiliano, avverte: a decidere chi guiderà il Pd sarà l'Assemblea composta “da mille persone elette” e non “4 capicorrente”. Graziano Delrio insiste invece sulla necessità di “un segretario unitario”. Ma chi sono in questo momento gli uomini di punta del Pd e candidati naturali alla segreteria? Senza dubbio i nomi di peso sono tre: Andrea Orlando, zingarettiano, Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia Romagna, dato come appartenente a Base Riformista che fa capo a Lorenzo Guerini (anche se sostiene di non seguire alcuna corrente), e Dario Franceschini. Possibili aspiranti sono soprattutto i primi due, dietro le quinte si sussurra che il ministro della Cultura abbia altre ambizioni, addirittura il Colle. 

 

In condizioni normali, ovvero a conclusione naturale del mandato del segretario, non c’è dubbio che Orlando e Bonaccini sarebbero i due sfidanti più gettonati. Ma in quelle attuali, con in palio un incarico pro-tempore, non è detto che i due siano disposti a correre rischi. Entrambi al momento hanno anche incarichi istituzionali. Il primo è ministro del Lavoro, e se diventasse segretario dovrebbe lasciare (nessun segretario di partito è nel governo Draghi), il secondo è presidente di Regione. In più, con il mandato dell’Assemblea, otterrebbero la leadership con un’investitura che manca della legittimazione del congresso. 

 

Vedremo nei prossimi giorni cosa accadrà e se tra i nomi che circolano invece in queste ore ci sarà il nuovo segretario. Sabato 13 e domenica 14 marzo l’Assemblea nazionale dovrà fare una scelta. Le correnti hanno una settimana di tempo per trattare e trovare un accordo su un successore o un ticket a due, un uomo e una donna. Se così non fosse resta la convocazione anticipata del congresso. Ma c’è anche chi chiede l’avvio di un “processo costituente aperto a tutti, sardine comprese, già dal 14 marzo”. “E’ quello che chiedo dal 2016. Non è tempo di ribalte o caminetti: produciamo con serietà fatti concreti”, dichiara il veltroniano, Roberto Morassut. Favorevoli anche Matteo Mauri, Michele BordoEnrico Morando, tutti appartenenti ad aree diverse.

COPYRIGHT THEITALIANTIMES.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA