Non solo Navalny

Da Navalny all’Ucraina al genocidio armeno. Tensione Usa-Russia

Proteste di piazza in molte città russe a sostegno dell’oppositore di Putin, mentre Biden è il primo presidente Usa a riconoscere l’eccidio del 1915

Da Navalny all’Ucraina al genocidio armeno. Tensione Usa-Russia

La tensione tra Usa e Russia cresce su più fronti. Da un lato c’è il caso di Alexej Navalny, a sostegno del quale i russi sono tornati in piazza per chiederne la liberazione. La stessa richiesta era stata avanzata nei giorni scorsi anche da Europa e Stati Uniti, pronti a ritenere Mosca responsabile della sorte dell’oppositore del presidente russo, Vladimir Putin.

 

Dall’altro c’è l’Ucraina, ai cui confini si sono ammassati uomini e mezzi russi, impegnati in una esercitazione imponente nel Mar Nero, nelle cui vicinanze, però, è giunta anche un’unità navale militare americana. In questo contesto si inserisce la storia presa di posizione del Presidente americano, Joe Biden, che ha annunciato il riconoscimento del genocidio armeno, diventando il primo inquilino della Casa Bianca a compiere questo gesto, non senza conseguenze nell’area, tanto che è attesa la prima reazione da parte del presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, che in passato aveva già minacciato gli Usa di chiudere l'accesso a una importante e strategica base militare nel proprio paese. Il punto su quanto sta accadendo.

 

Biden, il riconoscimento del genocidio armeno e le conseguenze

A riportare la notizia del riconoscimento americano dell'uccisione di 1,5 milioni di armeni durante la prima Guerra mondiale, da parte dell'impero ottomano, è stato il New York Times, precisando che l'annuncio è atteso per sabato, 106/mo anniversario dell'eccidio di massa. Biden sarà il primo presidente Usa a farlo, mentre una trentina di Paesi ha già riconosciuto il genocidio, negato invece dalla Turchia.

Ankara, che sostiene che le vittime furono il risultato degli inevitabili scontri della grande Guerra, aveva già convocato lo scorso autunno l’ambasciatore degli Stati Uniti in segno di protesta all’ipotesi di un riconoscimento statunitense dell’eccidio, minacciando di chiudere la base militare di Incirlik, dove sono ospitate testate nucleari americane.

Un punto strategico anche alla luce di quanto sta accadendo nei rapporti con la Russia e sul caso Ucraina. Ai confini del paese, infatti, si sono concentrate truppe e navi militari russe per un’imponente esercitazione. L’Ucraina e la Repubblica Ceca hanno chiesto agli alleati sostegno contro Mosca, che risponde invocando la fine della “psicosi anti-russa". Dopo l’annuncio di nuove sanzioni statunitensi contro la Russia, il Cremlino ha “consigliato” il rientro in America dell’ambasciatore Usa in Russia, John Sullivan, ha infatti sta tornando in Patria "per consultazioni".

 

Navalny, nuove proteste e oltre 1000 arresti

A complicare i rapporti tra Russia e Usa c’è il caso di Alexej Navalny. Sono oltre 1.000, infatti, gli arresti durante la giornata di mobilitazione a sostegno dell'oppositore del presidente russo, Vladimir Putin. Secondo l'Ong Ovd-Info, solo a San Pietroburgo sono state fermate 351 persone, mentre il corteo di Mosca ha sfilato senza incidenti di grande rilievo e gli arresti sono stati una ventina. L’Onu, però, si è unita a Usa e Ue nel chiedere il rilascio di Navalny per le cure necessarie legate alle sue condizioni di salute.

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