La supervisione del Piano italiano

Recovery Plan, decreto su governance questa settimana a Palazzo Chigi

Cabina di regia sul Pnrr a ‘composizione variabile’ a seconda dei progetti. Intanto le riforme accendono il dibattito politico, slitta il dl semplificazioni

Recovery Plan, decreto su governance questa settimana a Palazzo Chigi

Il decreto sulla governance del Recovery Plan arriverà sul tavolo del governo questa settimana. Ma è certo che la cabina di regia, istituita a Palazzo Chigi e presieduta da Mario Draghi, sarà “a geometrie variabili”. Questo significa che di volta in volta avrà una composizione diversa a seconda dei ministri competenti per progetti, e verrà allargata eventualmente ai presidenti di Regione quando necessario per questioni che riguardano specifici territori. In linea di massima, è quello che è emerso dalla riunione di oggi sul Pnrr, presieduta dal premier - cui hanno partecipato i ministri Franco, Colao, Orlando, Garavaglia, Gelmini, Bonetti , Speranza, Patuanelli e Cingolani in videoconferenza. La gestione degli ingranaggi, complessa e articolata, sarà come previsto in mano a Palazzo Chigi e al Ministero dell’Economia e Finanza. 


Dopo la presentazione del documento finale a Bruxelles, lo scorso 30 aprile, si entra ora nella fase più delicata. La Commissione europea non farà sconti a nessuno, tanto meno all’Italia che avrà accesso alla fetta più grossa di risorse. Dunque, vigilerà sulla concreta applicazione di quanto scritto nel Pnrr e su ogni euro che verrà speso grazie ai finanziamenti e ai prestiti che arrivano dal Next Generation Eu. A livello nazionale, se alla cabina di regia spetteranno poteri di indirizzo, impulso e coordinamento generale sull'attuazione degli interventi, al Mef - dove verrà istituita una Direzione Generale – spetterà un ruolo non solo di monitoraggio e coordinamento complessivo sull’attuazione, con particolare riferimento all’andamento finanziario, ma anche di valutazione del rispetto delle scadenze. Oltre che di collegamento con la Commissione Ue.

 

E poi ci sono le riforme. Anche su quelle l’Unione Europea esige tempi certi. Al governo Draghi spetta il compito di imboccare la strada giusta e agli esecutivi successivi, fino al 2026, di completarla. Il primo scoglio dovrebbe essere quello di una nuova normativa in materia di semplificazione amministrativa. Un terreno minato su cui, peraltro, solo pochi mesi fa era intervenuto il governo Conte. E che ora agita i partiti della maggioranza. Il tema è delicato perché chiama in causa anche le regole per appalti e sub appalti. La linea del Pd, la cui segreteria si è riunita questa mattina, è quella di “contemperare due priorità” quanto a investimenti e opere pubbliche: l’esigenza di velocizzare e la garanzia di legalità. Ma se pure la “velocità” è importante, tuttavia “non può scardinare né la giurisprudenza europea, né il sistema delle regole che in Italia preserva gli appalti pubblici da infiltrazioni mafiose e atti di corruzione”. Il dibattito si accende.

 

Ieri Matteo Salvini, leader della Lega, ribadiva di essere pronto ad “azzerare” il codice degli appalti, lasciando ai sindaci il compito di decidere a quali opere dare il via libera e in quali tempi. Mentre la Cgil, con il segretario Maurizio Landini esprimeva grande preoccupazione su quelli che sembrerebbero gli orientamenti del governo: “la liberalizzazione del subappalto, le gare al massimo ribasso, e poi ci mancava pure l'appalto integrato, quello che affida allo stesso soggetto la progettazione e l'esecuzione dell'opera. Così si torna indietro di vent’anni, ai tempi del governo Berlusconi e del suo ministro Lunardi”.

 

Siamo solo all’inizio. I dossier aperti sono diversi e i tempi stretti per fare le riforme. Entro la fine di quest’anno Bruxelles attende da Roma alcuni passaggi. Tra questi una riforma del diritto fallimentare ed entro il 2022 la giustizia. L’Italia è in mezzo al guado, gli esami da superare nei prossimi cinque anni sono molti. Intanto a Bruxelles, dal primo giugno – e questa è una novità assoluta nel panorama Ue – entrerà in funzione l’ufficio del pubblico ministero europeo (Eppo). Istituito per indagare e perseguire penalmente gli autori di reati contro il bilancio dei 27, ha compiti di vigilanza sulla gestione degli oltre 750 miliardi complessivi dei fondi per la ripresa. 

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