In sostanza rimarrebbe lo stop alla prescrizione dopo la sentenza di primo grado ma con l’introduzione di un nuovo criterio: quello della improcedibilità con il tetto di due anni per l’appello e di uno per la Cassazione. Sono ore di trattative tra la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, e le forze politiche.
Il premier Draghi, in accordo con la Guradasigilli, non rinuncia a un’accelerazione sulla riforma del processo penale che il 23 luglio dovrebbe approdare in Parlamento. E che rientra tra le condizioni dell’Unione europea per sbloccare i fondi da destinare al Piano nazionale di ripresa. Oggi gli emendamenti arriveranno direttamente sul tavolo del Consiglio dei ministri. Se in linea di massima tra le forze politiche c’è un’adesione alla riforma nel suo complesso, così come riscritta dalla Commissione di tecnici di via Arenula, il nodo della prescrizione resta un ostacolo. I Cinqusetelle alzano le barricate affinché non si tocchi la riforma Bonafede: per loro una questione di principio. Ma la soluzione prospettata, anche se la prescrizione estingue il reato mentre l’improcedibilità ferma il processo, potrebbe bastare per un compromesso.
I partiti, in ogni modo, attendono di vedere i testi delle proposte emendative. In particolare i grillini è probabile che chiederanno tempo per analizzarle. La situazione interna al Movimento è complicata. Il ministro Patuanelli, capo delegazione nell’esecutivo, fa da tramite tra le istanze dei rappresentanti 5S nelle commissioni Giustizia di Camera e Senato e il governo. Al premier Draghi e alla ministra Cartabia serve però un accordo con tutte le forze politiche di maggioranza prima di arrivare in Aula per evitare brutte sorprese. Questo è, insomma, il momento della mediazione finale per blindare la riforma.
Intanto, secondo il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia: “sembra di capire che il governo si sta indirizzando sulla cosiddetta prescrizione processuale con una tempistica per il giudizio di appello e di Cassazione di due anni e un anno. L’Anm non ha ancora potuto esprimersi, resto un po' perplesso perché occorrerebbe quanto meno una buona disciplina transitoria”. Critico verso i partiti il vice presidente del Consiglio Superiore della magistratura, David Ermini: “La giustizia dovrebbe uscire dalle agende delle campagne elettorali. La democrazia ha bisogno di confronto, di dibattiti anche aspri, ma alla fine una soluzione si deve trovare. I tempi brevi dei processi non sono un fatto ideologico, ma tecnico, i partiti sotterrino l’ascia di guerra e trovino una soluzione comune”. Staremo a vedere cosa succederà nelle prossime ore.
Il Consiglio dei ministri si riunirà alle 17. Nessuno, nemmeno i grillini, è interessato a far saltare il tavolo della trattativa. È vero anche che la Giustizia resta uno dei temi più incandescenti tra quelli che Palazzo Chigi deve affrontare nelle prossime settimane. Un nodo gordiano che il premier ha intenzione di recidere. Il Paese non può più permettersi le statistiche raccapriccianti sulla lentezza dei processi. Un vulnus che finisce per favorire la prescrizione senza assicurare giustizia. La modernità dell’Italia, il salto verso la svolta con le risorse del Next Generation Eu, deve passare anche dalla riduzione dei tempi delle cause e dalla qualità del sistema giudiziario. E non solo perché ce lo chiede l’Europa.