Il summit sull’ambiente

Cop26 Glasgow: programma, ospiti, obiettivi della conferenza sul clima

Le attenzioni (e i big della Terra) si trasferiscono da Roma, dove si è concluso il G20, in Scozia per discutere di clima e perfezionare gli accordi

Cop26 Glasgow: programma, ospiti, obiettivi della conferenza sul clima

Prendono il via i lavori della Cop26 a Glasgow, in Scozia, dove i “big” del mondo si trasferiscono per proseguire i negoziati sul clima, ma non solo. In occasione della 26esima Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che si concluderà il 12 novembre, si ripartirà dall’impegno raggiunto a Roma in occasione del G20 appena conclusosi.

Non a caso il premier, Mario Draghi, nella conferenza stampa finale del summit ha parla di "fondamenta solide" sulle quali continuare a costruire. Si riparte, dunque, dall’impegno a raggiungere la neutralità climatica "entro o attorno" al 2050.

Ma sono principalmente tre gli obiettivi concreti del vertice scozzese.

 

Al via i lavori

La Conferenza entra nel vivo oggi con il World Leaders Summit. Intervengono il premier britannico, Boris Johnson, il premier italiano, Mario Draghi (dopo che l'Italia ha ospitato la Pre-Cop26 a settembre a Milano), il primo ministro delle Barbados, Mia Amor Mottley come rappresentante dei paesi che rischiano di rimanere sommersi dall'innalzamento dei mari, il documentarista britannico David Attenborough (che rappresenta “un’istituzione” nel Regno Unito, quando si affrontano i temi di clima e ambiente), il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, e il principe Carlo di Windsor, che sostituisce la regina Elisabetta, alla quale i medici hanno vietato di partecipare per motivi di salute. 

 

I tre obiettivi della Cop26

Il primo riguarda il modo di rendere concreto l’impegno assunto dai 20 Paesi più industrializzati, in occasione del vertice di Roma, ossia mantenere il riscaldamento del pianeta intorno a 1,5 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali, come d’altra parte era stato previsto dall'accordo di Parigi del 2015. Il secondo punto in agenda riguarda gli aiuti economico-finanziari ai Paesi meno sviluppati, per convertire economiche e piani di sviluppo in modo che abbiano un minor impatto ambientale. C’è anche una cifra: 100 miliardi di dollari da affidare proprio a questo scopo fin dal 2022, anticipando rispetto all’iniziale data del 2023. Infine, si punta a fissare una serie di regole (il cosiddetto 'rulebook'), che indichino in modo scientifico le modalità di misurazione delle emissioni inquinanti e climalteranti, e il relativo scambio di quote di queste tra i Paesi.

 

L’ottimismo di Bruxelles (anche grazie a Biden)

Nonostante la difficoltà dell’impresa, l’Unione europea sembra ottimista sul fatto di poter raggiungere intese vincolanti, anche grazie al cambio di inquilino alla Casa Bianca. Se Donald Trump si era mostrato sempre sordo a ogni genere di accordo sul fronte dell’emergenza climatica, arrivando a negarla, con Biden pare più realistico raggiungere l’obiettivo di tagliare le emissioni in questo decennio. In particolare si punta a ridurre di 28 gigatonnellate da oggi qui al 2030 (dunque 28 miliardi di tonnellate), per consentire di mantenere il riscaldamento del pianeta sotto i 2 gradi centigradi e, idealmente, a 1,5 gradi.

 

L’incognita di Cina e India

Resta, però, il grande dubbio sull’adesione a politiche di contenimento delle emissioni da parte di due dei maggiori Paesi inquinanti al mondo, come Cina e India, senza dimenticare altri attori importanti come Messico, Brasile, Indonesia, Sudafrica, Arabia Saudita, Russia. Ancora una volta il presidente cinese, Xi Jinping, non dovrebbe prendere parte ai lavori e questo non lascia molte speranze, anche se gli esperti ritengono già un passo avanti il fatto che Pechino si sia impegnata a non finanziare più centrali elettriche a carbone fuori dai confini nazionali.

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