La conferenza stampa

Draghi non parla di Quirinale. Intanto Berlusconi lancia l’ultimatum

Il premier difende la scelta del governo di tenere le scuole aperte. Durissimo sui non vaccinati: “Gran parte dei problemi che abbiamo dipende da loro”.

Draghi non parla di Quirinale. Intanto Berlusconi lancia l’ultimatum

Il presidente del Consiglio dei ministri, Mario Draghi nel corso della conferenza stampa convocata ieri da Palazzo Chigi parla dell’emergenza sanitaria che in Italia sta facendo registrare un record di positivi: circa 2 milioni, una cifra mai raggiunta da due anni. Il premier difende le ultime scelte del suo governo. “La priorità è la scuola in presenza, la Dad crea problemi e disuguaglianze”, dice riaffermando l’importanza che le lezioni si svolgano in presenza. Ma niente Quirinale. Sulle imminenti elezioni, che vedranno il Parlamento riunito in seduta comune con l’aggiunta dei delegati regionali per la scelta del successore di Mattarella, avverte subito i giornalisti: nessun cenno, nessun commento. E così è.

Intanto il leader azzurro, Silvio Berlusconi, lancia in serata il suo aut aut: “Se Draghi va al Colle, Forza Italia non si sente vincolata a sostenere alcun governo senza di lui a Palazzo Chigi, e, nel caso, uscirebbe dalla maggioranza”. Replica Enrico Letta: “Berlusconi è un capo partito, quindi è divisivo. Come me, Salvini e Conte”.

 

Dunque il premier non si sbilancia e con i cronisti parla ‘solo’ di emergenza sanitaria. “Non ha senso chiudere la scuola e va respinto il ricorso generalizzato alla didattica a distanza”. Sull’obbligo vaccinale per gli over 50 rassicura: la decisione è stata presa “in base ai dati. I numeri dicono che la categoria più a rischio è quella. Sono dati scientifici”. Poi bastona i no vax: “Gran parte di problemi che abbiamo dipende da loro. I due terzi delle terapie intensive sono occupati dai non vaccinati, artefici di una scelta controcorrente a cui tutti gli italiani sacrificano ogni giorno una parte della loro libertà”.

 

Sullo sfondo la questione dominante però resta il Colle. L’ex numero uno della Bce non affronta quello che giorno dopo giorno diventa un argomento sempre più difficile e, soprattutto, pieno di incognite. Ma respinge l’immagine di una maggioranza sfilacciata. “L’esperienza di questi 11 mesi è stata di una maggioranza molto grande, un’esperienza in cui occorre accettare la differenza di vedute. È chiaro che su alcuni provvedimenti è importante l’unanimità. Ma la diversità di opinioni non è mai stata un ostacolo per l’azione di governo”.

 

In realtà le ultime due settimane non devono essere stati facili per l’inquilino di Palazzo Chigi, che nella conferenza stampa del 22 dicembre ha di fatto lanciato la sua candidatura al Quirinale senza riscuotere particolari aperture dai partiti che lo sostengono. Da quel momento, piuttosto, sembrano essere aumentate le fibrillazioni in vista del 24 gennaio, quando avranno inizio le votazioni a scrutinio segreto del nuovo capo dello Stato. E l’ultimatum di Silvio Berlusconi complica ulteriormente la questione.

 

Il leader della Lega, Matteo Salvini, da qualche giorno va rivendicando che il prossimo presidente della Repubblica debba essere di area centrodestra ribadendo la necessità che il premier resti al suo posto, cioè alla guida del governo fino al 2023. Dal campo opposto il segretario del Pd risponde: “Nessuno può pretendere di avere il presidente della Repubblica, perché questo Parlamento è senza maggioranza, è la somma di tante debolezze, di tante minoranze. Il presidente non può che uscire da uno sforzo condiviso da parte di tutti”. E ancora: “Non è il momento del muro contro muro, chi lo fa se ne assume la responsabilità davanti agli italiani.  Questo è il momento dell’unità e della condivisione”. Dunque, Letta vuole il dialogo. Sui numeri c’è poco da avere fantasie. Il centrodestra come il centrosinistra da soli non possono eleggere nessuno, nemmeno alla quarta votazione, quando saranno sufficienti 505 voti per la fumata bianca. Ma il Cavaliere resta un ostacolo e non molla.

 

La fase resta avvolta nell’incertezza e le variabili sono ancora molte. Ci sono i franchi tiratori, quasi sempre dirimenti nelle votazioni per il Colle. E poi c’è il Covid, convitato di pietra di queste elezioni. Cosa succede se aumenta ancora il numero dei parlamentari contagiati o in quarantena che non potranno partecipare al voto? 

COPYRIGHT THEITALIANTIMES.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA