Piccole manovre

La politica cerca un nuovo baricentro: i centristi ci credono

Calenda lancia la sua sfida. Il Pd per ora osserva. Oggi faccia a faccia Conte-Letta sulle prossime comunali: ma l’alleanza Democratici -M5S esiste ancora?

La politica cerca un nuovo baricentro: i centristi ci credono

Più che grandi sono davvero piccole le manovre che i partiti, almeno quelli della maggioranza di unità nazionale che sostiene Mario Draghi, stanno tentando timidamente in questi giorni. L’obiettivo è la costruzione dei contatti necessari a comprendere quali tele tessere, quali alleanze sono possibili, su che numeri poter contare a partire dalla prossima tornata di elezioni amministrative. Sembra un gioco ad incastro, in cui a un anno dalle elezioni politiche del 2023, gli elementi a disposizione sono ancora troppo deboli e alcune formazioni osano, azzardano, pensano in grande più di quanto la loro reale forza numerica e politica possa consentire.

 

Oggi è previsto l’incontro tra Enrico Letta e Giuseppe Conte, sulle possibili intese per i Comuni che andranno al voto. Nel Movimento la fase di smottamento è in pieno corso e l’ex presidente del Consiglio - che prima ha guidato l’asse giallo-verde, poi di quello giallo-rosso - deve attendere le decisioni dei giudici del Tribunale di Napoli (il 1 marzo), per capire se è ancora leader e in che termini. Da questo discende un evanescente potere di trattativa con qualunque possibile alleato o generico interlocutore politico. La posizione di forza di Letta è, invece, per ora un elemento di certezza. Il leader del Pd è uscito consolidato dalla sfida che si è consumata sul Quirinale ma non è detto che la pax tra le correnti interne sia duratura.

 

L’inchiesta sul finanziamento illecito alla Fondazione Open sta per arrivare di nuovo in Senato. Matteo Renzi ha chiesto di intervenire in Aula sul conflitto di attribuzione che ha sollevato davanti alla Corte Costituzionale sui magistrati di Firenze che pochi giorni fa hanno anche chiesto il rinvio a giudizio per lui, Maria Elena Boschi, Luca Lotti, Marzo Carrai e Alberto Bianchi. E’ noto che nel Pd gli ex renziani di Base Riformista, la corrente che fa capo al ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, non hanno mai fatto mistero di continuare a nutrire simpatie per il fondatore di Italia Viva. Anche se la loro scelta è stata quella di non seguirlo e di restare nell’orbita del Nazareno. Vedremo. Ma non c’è dubbio che tra le diverse anime dem il nome del senatore di Rignano resti divisivo, Insieme a quello di un altro fuoriuscito dal Pd, Carlo Calenda.

 

Il leader di Azione ha chiuso ieri a Roma il suo primo congresso con un obiettivo molto ambizioso: portare il suo progetto politico al 20% dei consensi. E ha lanciato la sua sfida a Letta: “Io voglio stare con te ma tu devi venire nel nostro campo. Si combatte a modo nostro”. Una provocazione, più che un invito al leader democratico. In ballo il campo riformista, quello di cui da mesi tutti parlano, anche alcune forze del centrodestra, ma senza che ne siano stati delineati confini e traiettorie. Il punto è esattamente questo: partiti di centro, seppure piccoli, lavorano alla costruzione di un’ampia area che raccolga consenso tanto nel centrodestra quanto nel centrosinistra. E tale da smantellare i due blocchi bipolari e lasciare fuori gli estremi: il populismo di Giorgia Meloni da un lato, quello dei Cinque Stelle (l’area più oltranzista si intende) dall’altro.

 

In mezzo una galassia dinamica che potrebbe trovare il suo baricentro attorno ad un moderatismo trasversale: la Lega del ministro Giancarlo Giorgetti, la Forza Italia dei ministri Mara Carfagna e Renato Brunetta, i centristi ex Margherita del Pd. La tentazione di questi ultimi potrebbe farsi più forte se andasse importo il rientro di Articolo 1 nelle file piddine. Le prime prove sono già in atto per le prossime comunali. Renzi e Calenda lavorano ad apparentamenti caso per caso. Sparigliare, sparigliare, sparigliare.

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