LA SCONFITTA CON LA MACEDONIA

La Nazionale fuori dal Mondiale, un tracollo che non si può perdonare

Molti giocatori, da Insigne a Donnarumma a Immobile, non sono stati all’altezza di un compito che appariva facile. Ma anche Mancini ha le sue colpe

La Nazionale fuori dal Mondiale, un tracollo che non si può perdonare

L’Italia di Mancini, attuale campionessa d’Europa, non è riuscita a qualificarsi ai prossimi Mondiali, che si svolgeranno in Qatar, per la seconda edizione di fila. Infatti l’ultima presenza della nostra Nazionale nell’ambita Coppa del Mondo risale al lontano 2014, quando Prandelli cercava il miracolo con una squadra meno tecnica di quella uscita sconfitta ieri sera con la Macedonia del Nord. Al Renzo Barbera cala il gelo Trajkovski, al 92’ minuto di gioco, alla prima conclusione nello specchio di porta. 

 

Un risultato storico per il nostro paese: abbiamo assistito al più grande tracollo della nazionale di calcio, che ha toccato il fondo. E tutto ciò non può essere minimamente paragonato agli ultimi precedenti negativi. Mancini esce trafitto da un’avventura che è iniziata in paradiso, per poi terminare inspiegabilmente all’inferno calcistico. Quello perfido, in cui non può esistere un reale pronostico sulla vincente di una partita. 

 

È il lato malefico del pallone, che non regala nulla, condannando talvolta chi è, sì dominante, ma poco lucido nell’animo. La superficialità nell'essere spocchiosi, con il passare del tempo trasforma la presunzione in paura di non farcela. Quel momento lì di una partita, cambia completamente le carte in tavola, mettendo in croce chi meritava ben altro. Alla fine dei conti però, come si può veramente parlare di meritocrazia, se poi chi doveva essere distrutto, giunge alla gloria

 

Mancini indubbiamente fa fatica a spiegare come una squadra che venisse definita coesa e fraterna, diventa nella gara più importante di tutte un gruppo che discute, che non si trova nelle scelte tecniche e nell’ultimo passaggio. “Ripartire tutti insieme” adesso come adesso, è un’immagine complessa da immaginare, visto che i punti interrogativi su chi sono i futuri riferimenti da cui ripartire sono parecchi e i dubbi sul cambio di panchina,  sempre più in risalto.

 

Mancini, non c’è perdono per nessuno

Non si può dimenticare nulla, perché le pagine storiche come quelle scritte dall’Italia a luglio, vincendo l’Europeo, sono immagini che rimarranno impresse nei nostri cuori per sempre. Un trofeo storico, che avrebbe dovuto finalmente rilanciare la nostra squadra a quei livelli storici, che da anni non ci appartengono più. 

 

Una nazione che vanta di ben 4 Mondiali di Calcio in bacheca, non riesce però a giungere, a distanza di otto anni, nuovamente alla competizione. Una freccia nel cuore, che spezza tutto l’incantesimo che ci teneva fluttuanti nella vittoria dell’Europeo. Credere di potersi nascondere dietro alla gloria passata, sarebbe come non voler mai accettare un’evoluzione di percorso, che a questo punto, incredibilmente, si deve nuovamente azzerare

 

Le delusioni chiaramente non piovono dal cielo così, dal nulla: da settembre in poi, quando abbiamo battuto nuovamente il Belgio, ci siamo sentiti forse presuntuosi nel mettere tutto quel cuore, che è stata l’arma della grande vittoria estiva. Il tecnico ha iniziato ad incontrare le prime difficoltà, non riuscendo a imporsi sul campo una squadra fisicamente forte, che sapesse reggere le avversarie. Se volessimo discutere unicamente della scelta di far tirare i rigori a chi “è il più bravo” allora metaforicamente i più bravi dovevano stra vincere anche ieri

 

E come Jorginho, che ha sbattuto la sua carriera azzurra contro un palo, la Nazionale è caduta nuovamente nell’ombra delle delusioni. E il percorso ricomincia di nuovo. Fallire quelle due gare a novembre dovevano farci capire che siamo tutt’altro che imbattibili e che giocare con la testa, sfruttando realmente le doti dei giocatori, sarebbe stata l’unica chance possibile per andare in Qatar. Ritrovare quel che eravamo realmente noi.

 

Invece dopo mezz’ora di gioco, con il Portogallo già avanti 2-0 sull’altro campo, nessuno di noi poteva credere che in fondo quei ragazzi così fragili, indecisi e poco lucidi potessero sbattere fuori Cristiano Ronaldo nell’ultimo turno. Il suo ultimo Mondiale se lo sarebbe preso a tutti i costi, anche per giocare una sola gara. 

 

Il fatto che non si può spiegare è come pensava il tecnico azzurro di affrontare una gara in cui la massa offensiva è più importante di qualsiasi altra cosa, decidendo di lasciare fuori Belotti, Zaccagni e Zaniolo. Dover ricorrere a cambi difensivi, senza avere effettivamente qualcosa di diverso da proporre, che possa realmente incidere sul risultato, in panchina, è una cosa non accettabile. Ha deciso di rimuovere Immobile, non aggiungendo una punta, lasciando così di fatto l’attacco completamente  scoperto.

 

La prova che il dominio tecnico non prevale sul “catenaccio” è stata messa in luce pure questa volta, visto che dopo Villarreal e Atletico Madrid in Champions League, per citarne due e la Macedonia di ieri, hanno prediletto la pazienza, alla troppo frenesia

 

Insistere con la tecnica, senza dare più peso alla testa, all’approccio mentale e alla resistenza fisica che parte dalla mente, non può portare alla vittoria in gare in cui ottenere la gloria è l’unica cosa che conta. Dopo i successi si fa fatica a ritrovare lo stesso equilibrio, perché cercare gli stimoli in qualcosa che non fa più parte del presente, mette l’oggi in ombra rispetto al passato

 

Mancini si dovrebbe dimettere perché ama il suo paese ed è consapevole che una sconfitta storicamente così dolorosa non si può perdonare. Non si può perdonare contro un avversario che vive 61 posti indietro nel Ranking Uefa, dove noi, da campioni continentali, siamo sesti, ma che sul campo, non ha avuto assolutamente peso questo dato statistico. 

 

Essere grandi solo come un’idea,  che realisticamente non si concretizza, perché poi se alla fine giocatori come Insigne, che rinuncia all’ultima avventura azzurra giocando con sufficienza o Immobile, che rimane immerso nei suoi inspiegabili limiti nel comandare l’attacco azzurro, il vero proseguo non può avvenire. 
 

È quasi comico pensare che Jorginho potesse arrivare sopra a Messi e Lewandowski nella classifica per il pallone d’oro: una gara che nessun centrocampista del mondo avrebbe approcciato con così poco coraggio. 

 

Vedere Donnarumma ormai vivere in un altro pianeta calcistico, in cui cerca invano di ritrovare la sua immagine da eroe, ormai sommersa da una scelta palesemente dannosa per la carriera, come quella di lasciare il Milan, lo ha trasformato nell’immagine più limpida del nostro team: confusione, paura e mancanza di autostima in se stessi

 

Eppure ha vinto il premio di miglior giocatore dell’Europeo ed ha appena ventidue anni. Siamo sicuri a questo punto che forse, sei mesi fa, siamo stati bravi, ma anche più fortunati di quanto pensassimo? La buona sorte fa parte del gioco e metterci cuore, con tutto lo spirito del mondo, va oltre ogni tipo di schema possibile. 

 

Noi lo sapevamo la scorsa estate, ma giovedì questa strategia è stata messa in atto dalla Macedonia. Non importa chi sia il più evoluto, se poi su piano concreto, l’evoluzione rimane ferma. Facendosi superare. 

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