L’intervento

Draghi a Strasburgo solleva il problema della riforma dei Trattati

Il presidente del Consiglio ha parlato dinanzi al Parlamento europeo. Netta la posizione sulla guerra in Ucraina ma a Roma i 5 Stelle si smarcano ancora

Draghi a Strasburgo solleva il problema della riforma dei Trattati

La posizione dell’Italia sulla guerra in Ucraina, e sulla difficile crisi geopolitica che attraversa il Vecchio Continente e il mondo intero, sta tutta nelle parole che Mario Draghi ha pronunciato oggi dinanzi al Parlamento europeo. “La guerra in Ucraina pone l’Unione Europea davanti a una delle più gravi crisi della sua storia. Una crisi che è insieme umanitaria, securitaria, energetica, economica”, ha detto il premier. “Come Paese fondatore dell’Ue e che crede profondamente nella pace, l’Italia è pronta a impegnarsi in prima linea per raggiungere una soluzione diplomatica”. Ma il conflitto ha mostrato “la profonda vulnerabilità di molti dei nostri Paesi nei confronti di Mosca. L’Italia è uno degli Stati membri più esposti. Una simile dipendenza economica è imprudente dal punto di vista economico e pericolosa dal punto di vista geopolitico”. Ecco perché intendiamo “prendere tutte le decisioni necessarie a difendere la nostra sicurezza e quella dell’Europa. Abbiamo appoggiato le sanzioni che l’Ue ha deciso di imporre nei confronti della Russia, anche quelle nel settore energetico. Continueremo a farlo con la stessa convinzione in futuro”.

 

E’ netta la linea di Roma di fronte ai rappresentanti delle principali forze politiche europee. Ma il presidente del Consiglio ha colto l’occasione per sollevare un problema cruciale nel processo decisionale dei Ventisette: la riforma dei Trattati e il superamento del principio dell’unanimità. “Dobbiamo superare questo principio, da cui origina una logica intergovernativa fatta di veti incrociati, e muoverci verso decisioni prese a maggioranza qualificata. Un’Europa capace di decidere in modo tempestivo è un’Europa più credibile di fronte ai suoi cittadini e di fronte al mondo”, ha sottolineato.

 

Secondo Draghi le “istituzioni europee costruite negli scorsi decenni hanno servito bene i cittadini europei ma sono inadeguate per la realtà che ci si manifesta oggi. Abbiamo bisogno di un federalismo pragmatico, che abbracci tutti gli ambiti colpiti dalle trasformazioni in corso: dall’economia, all’energia, alla sicurezza. Se ciò richiede un percorso che porterà alla revisione dei Trattati, lo si abbracci con coraggio e con fiducia”.

 

Una giornata importante quella del presidente del Consiglio a Strasburgo che però non ha fatto dimenticare le fibrillazioni di una parte della maggioranza. A incalzare Draghi sulla posizone dell’Italia sull’offensiva russa contro Kiev è ancora il Movimento Cinque Stelle. “Nelle democrazie parlamentari bisogna costantemente aggiornare il Parlamento e il popolo italiano su quale è l’obiettivo politico che l’Italia sta perseguendo e che intende portate ai tavoli internazionali”, ha detto l’ex premier, Giuseppe Conte.

 

Il leader pentastellato ha reiterato la richiesta a Draghi di riferire in Aula sull’evoluzione del conflitto e sull’appoggio italiano alle missioni e agli aiuti militari al Paese di Zelensky. “Una richiesta scontata da parte di un leader di un partito di maggioranza relativa. Le guerre si fanno senza confrontarsi con il Parlamento?”, ha chiesto Conte polemico. Poi è tornato sulla questione del termovalorizzatore che dovrebbe essere realizzato nella Capitale: “Sulla transizione ecologica dobbiamo guardare al futuro mentre la norma sull’inceneritore varata ieri dal Consiglio dei ministri non è in linea con la tassonomia Ue ed è una norma che guarda al passato. Abbiamo vissuto con grande delusione questo passaggio in Cdm”.

 

Dunque, non si placano le critiche che i Cinque Stelle muovono contro Palazzo Chigi e che continuano a scavare un solco tra il premier e il gruppo politico più numeroso in Parlamento. E’ chiaro che i contiani hanno cambiato completamente strategia sulla guerra, come su altri aspetti della politica del governo. Sempre più antagonisti, sempre meno d’accordo con l’alleanza di unità nazionale.

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