Il sì a Kiev

Status di candidato all’Ucraina, valore simbolico della decisione Ue

L’accelerazione dei Ventisette un atto dovuto e un messaggio inviato al presidente russo a difesa del proprio spazio. L’Europa deve muoversi in fretta

Status di candidato all’Ucraina, valore simbolico della decisione Ue

Il senso del riconoscimento dello status di candidato all’ingresso in Ue dell’Ucraina – ieri è arrivato anche il disco verde per la Moldavia – sta tutto nelle parole pronunciate da Josep Borrell, l’Alto rappresentante di Bruxelles per gli Affari esteri: “Oggi inizia un lungo cammino che percorreremo insieme. Il popolo ucraino appartiene alla famiglia europea. Il suo futuro è con l’Ue, restiamo uniti per la pace”. I capi di Stato e di governo dei Ventisette, riuniti per la prima giornata di lavori del Consiglio europeo, si sono espressi unanimamente. Quattro mesi dopo la richiesta avanzata da Kiev hanno compiuto un gesto di grande valore simbolico, esattamente ciò che voleva rappresentare l’Ue nei confronti della Russia di Vladimir Putin: l’Ucraina appartiene allo spazio occidentale e, appunto, alla famiglia europea. La presidente della Commissione, Ursula Von der Leyen: “Adesso saremo più forti contro Mosca”.

 

Ciò, tuttavia, non significa che il Paese di Valodymyr Zelensky abbia ad oggi i requisiti ‘tecnici’ di ordine economico e giuridico per entrare nell’Unione. Il sì alla candidatura è un messaggio che il governo di Kiev attendeva e che lo rafforza agli occhi del nemico, ma nella consapevolezza che i tempi per l’ingresso effettivo saranno lunghi. Kiev dovrà prima realizzare le condizioni che la Commissione chiede per diventare Stato membro. Si tratta, come dicevamo, di requisiti specifici, la cui sussistenza va accertata e il cui iter richiede molto spesso degli anni. Albania, Macedonia del Nord, Serbia, Montenegro, Bosnia, Kosovo hanno protestato ieri perché le loro richieste sono ferme da anni. Lo status di candidato è solo il primo passo per l’avvio dei negoziati, nessun automatismo per l’ingresso effettivo.

 

Ma i Ventisette hanno fatto ciò che andava fatto. Ci sono circostanze in cui i gesti valgono moltissimo. Abbracciare l’Ucraina e considerarla parte del Vecchio Continente legittima ulteriormente le sanzioni dei Paesi Ue contro Mosca, l’invio di armi per la difesa e di aiuti economici e umanitari e trasmette al popolo ucraino l’idea di non essere solo contro l’invasore russo. A Putin Bruxelles sta dicendo che la sua guerra chiama direttamente in causa l’Ue. E’ chiaro che l’accelerazione del via libera allo status di Paese candidato dell’Ucraina è di per sé una mossa di natura geopolitica.  Il 24 febbraio ha cambiato gli assetti internazionali, i rapporti di forza, gli equilibri precedenti. Ci si è svegliati di colpo e ci si è resi conto di chi è veramente Putin, di cosa è capace, che visione ha del mondo.

 

I confini europei non sono al sicuro fintanto che l’ex agente del Kgb sarà al potere. L’Ue ne sta prendendo atto. La richiesta di adesione alla Nato di Finlandia e Svezia hanno dato pienamente idea di quanto il contesto sia cambiato. La crisi che il presidente russo ha scatenato è di portata storica: c’è un prima e c’è un dopo anche sul piano geoconomico, come dimostrano l’aumento dei prezzi del gas, la difficoltà di reperire alcune materie prime, le rotte del grano interrotte dal blocco dei porti occupati dai russi. Anche di questo si discuterà al G7 di questo fine settimane in Baviera, cui seguirà il vertice Nato di Madrid. Sicurezza militare, energetica e alimentare sono i grandi temi aperti di un’Europa che deve muoversi in fretta. 

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