L’indagine continua

Matteo Messina Denaro, si cercano i complici di più alto livello

Non solo il prestanome, il medico di famiglia e l’autista ma anche le amministrazioni pubbliche che hanno rilasciato documenti autentici al capomafia

Matteo Messina Denaro, si cercano i complici di più alto livello

Dopo il clamoroso arresto del super boss mafioso Matteo Messina Denaro continuano i ringraziamenti a carabinieri e forze dell’ordine da parte delle istituzioni, della politica e dei cittadini. Ieri in apertura dei lavori del Consiglio Supremo di Difesa al Quirinale, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto ancora una volta ribadire la soddisfazione per il grande successo dello Stato con l'arresto del padrino trapanese, rinnovando le congratulazioni e la riconoscenza espresse al Ministro dell'Interno, all'Arma dei Carabinieri, a tutte le Forze dell'ordine e alla Magistratura.

Ma ora finita l’indagine per arrivare alla sua cattura, è cominciata quella per scovare tutti i complici del boss che in questi anni hanno garantito all’ultimo padrino stragista di Cosa nostra di vivere dignitosamente protetto nell’anonimato nella città di Campobello di Mazara fino al lunedì mattina, giorno dell’arresto presso la clinica La Maddalena di Palermo.

 

I complici

In primis si parla di Andrea Bonafede, colui che di fatto ha prestato la sua identità al capomafia, comprando per lui la casa in cui abitava. Bonafede arrestato ed indagato per associazione mafiosa, sta già parlando con gli inquirenti ai quali ha ammesso di conoscere fin da ragazzo, l'ex superlatitante e di aver comprato l’immobile con i soldi del capomafia.

Poi c'è il medico di famiglia del paese che rilasciava prescrizioni ai due Andrea Bonafede, muniti degli stessi dati anagrafici e della stessa tessera sanitaria, ma con problemi medici assai diversi. Poi c'è Giovanni Luppino, l’autista del boss che lo ha accompagnato in clinica lunedì scorso per sottoporsi alla seduta di chemioterapia per il trattamento di un tumore al colon. 

Ma la rete di amici e tutele non si ferma certamente qui, ne sono certi gli inquirenti e il procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, che alla Tgr Rai Sicilia ha dichiarato: "Quanto è estesa la fetta della borghesia che ha favorito Matteo Messina Denaro è oggetto delle indagini dopo la cattura. Si tratta di quel mondo dell'amministrazione e della sanità che gli ha permesso di operare senza essere individuato. Il materiale che potrebbe essere trovato nella casa di Campobello di Mazara dove abitava l'ex latitante "sarà utile per ricostruire questa rete di protezione di cui il boss ha usufruito”.

 

Il covo e le carte

Oltre ad indagare sulla rete di complici che hanno aiutato nella trentennale latitanza l’ultimo dei corleonesi, la Procura cerca le «carte mafiose» nel covo di Messina Denaro. Nell’appartamento di vicolo San Vito sono stati ritrovati degli scatoloni con documenti medici per lo più risalenti al 2022 o poco prima, e ciò fa sospettare l’esistenza di un altro covo.

La carte ritrovate aiuteranno però gli inquirenti a perseguire un altro primario obiettivo: trovare i complici di più alto livello. Quelli che hanno permesso al primo ricercato d’Italia di vivere alla luce del sole, sotto falso nome. Quindi le indagini riguarderanno sicuramente ad esempio gli uffici dell’amministrazione comunale e pubblici di Campobello, visto che la carta d'indentità rilasciata nel 2016 a nome di Andrea Bonafede - prestanome di Matteo Massina Denaro - è provvista di timbro autentico posto sulla foto di un’altra persona. Stessa prassi anche per la patente di guida.

Altri indizi arriveranno poi dall'agenda personale e dall’analisi dei due cellulari utilizzati dal capomafia e delle schede telefoniche trovate nell’appartamento.

 

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