In Cdm il 3 novembre

Meloni, con il premierato all’italiana si va verso la Terza Repubblica

La premier ha parlato della sua proposta di riforma costituzionale per l’elezione diretta del premier. Le opposizioni contrarie si preparano alla battaglia

Meloni, con il premierato all’italiana si va verso la Terza Repubblica

La premier Giorgia Meloni nel suo messaggio alla convention della Dc a Saint Vincent, organizzata da Gianfranco Rotondi, oltre a sottolineare il ruolo e la responsabilità del centrodestra nel guidare l’Italia verso la Terza Repubblica, con una riforma costituzionale che il Governo intende realizzare, ha voluto anche ricordare la storia e i valori della Democrazia Cristiana. Elogiandone la lungimiranza nella scelta occidentale e nel miracolo economico del Dopoguerra.

Ed è proprio in questo contesto che la leader di Fratelli d’Italia, ha presentato la sua proposta di riforma costituzionale per l’elezione diretta del premier, che ha definito come “un passaggio fondamentale per la nascita della Terza Repubblica”.

 

Il vertice con i leader per le riforme costituzionali

Meloni ha annunciato che oggi si terrà un vertice con i leader delle altre forze politiche per discutere delle riforme costituzionali e del premierato, che dovrebbero essere portate in Consiglio dei ministri venerdì 3 novembre.

La premier ha detto di essere aperta al confrontocon le altre forze politiche, ma ha ribadito che la sua proposta è “la più coerente con lo spirito repubblicano e con la volontà popolare” e non è in contraddizione con il referendum confermativo sulla riduzione dei parlamentari, ma ne è un completamento. 

 

Premierato all'italiana come funziona

In base alla sua proposta di riforma costituzionale, si prevede la modifica degli articoli 88, 92 e 94 della Costituzione, che stabiliscono i poteri del presidente della Repubblica di sciogliere le Camere, designare il premier e i ministri, e il voto di fiducia del Parlamento al governo. In questo modo la maggioranza intende impedire la possibilità di ribaltoni e assegnare un premio di maggioranza alla lista legata al premier. Non è prevista l’elezione diretta del capo dello Stato, né la sfiducia costruttiva del premier. La riforma elettorale prevede una scheda unica per eleggere Parlamento e premier.

Si tratta quindi di una modifica “soft” e “meno radicale” rispetto ad altre ipotesi, come il presidenzialismo o il semi-presidenzialismo, che erano state avanzate in passato da alcuni esponenti della maggioranza. La riforma, elaborata dalla ministra per le riforme Maria Elisabetta Casellati, si compone di solo cinque articoli con l’obiettivo è quello di consolidare la democrazia dell’alternanza. 

Il premier eletto avrà un mandato di cinque anni e dovrà indicare un sistema elettorale maggioritario con un premio del 55%. La riforma prevede anche alcune garanzie per le opposizioni e per il ruolo del capo dello Stato.

 

La novità più importante riguarda il rapporto tra il premier e il presidente della Repubblica. Il capo dello Stato conferirà l’incarico al premier eletto e manterrà il potere di nominare i ministri su indicazione del presidente del Consiglio, il quale non potrà revocarli. Inoltre, il Colle conserverà la facoltà di sciogliere le Camere, previa consultazione dei presidenti dei due rami del Parlamento. Si tratta di una soluzione che mira a preservare l’equilibrio tra i poteri e a evitare il rischio di una deriva autoritaria.

La ministra Casellati ha sottolineato che si è trattato di un atto di responsabilità da parte della maggioranza, che ha rinunciato a rivendicare l’elezione diretta del capo dello Stato, come era previsto nel programma elettorale. Si è cercato così di trovare un punto di incontro con le forze di opposizione, che però hanno già espresso il loro scetticismo e la loro contrarietà alla riforma.

 

Riforma Meloni, l’elezione diretta del premier in 5 articoli

La proposta di Meloni prevede una modifica della Costituzione in cinque articoli, che riguardano i seguenti aspetti:

  • L’elezione diretta del presidente del Consiglio dei ministri da parte dei cittadini, con un sistema a doppio turno tra i due candidati più votati al primo turno.

  • La possibilità per il premier di nominare e revocare i ministri, senza il vincolo della fiducia parlamentare.

  • La possibilità per il premier di sciogliere le Camere, previa consultazione del presidente della Repubblica.

  • La riduzione del numero dei parlamentari, con 400 deputati e 200 senatori.

  • La semplificazione delle procedure per la revisione costituzionale e per l’approvazione delle leggi.

 

Le reazioni delle opposizioni

La proposta di Meloni ha suscitato reazioni forti nelle opposizioni che hanno bollato la riforma come “ipocrita” e “inutile”, accusando il governo di voler cambiare la Costituzione solo per favorire gli interessi personali di Meloni. Secondo la gauche mediatica e politica, la riforma non avrebbe alcun beneficio per il paese, ma anzi creerebbe solo confusione e instabilità. La sinistra ha anche denunciato il tentativo di strumentalizzare la figura del presidente della Repubblica, che verrebbe svuotata di significato e ridotta a una semplice formalità.

 

La segretaria dem, Elly Schlein, ha prontamente confermato che il suo partito è indisponibile a sostenete il percorso riformativo targato Meloni. Dello stesso parere il segretario di Più Europa Riccardo Magi che ha scritto sui suoi canali social ."Giorgia Meloni, con il cosiddetto premierato vorrebbe accentrare tutti i poteri su di sé, esponendo la democrazia parlamentare a pericolosi conflitti tra istituzioni”.

Fortemente critiche le opposizioni su tutto l’impianto. "La presidente del Consiglio annuncia con fierezza la sua percezione di avere la responsabilità storica di portare l’Italia nella Terza Repubblica", ironizza Angelo Bonelli, Verdi e Sinistra, che poi attacca: "Ci opponiamo fermamente a modifiche che alterino l’equilibrio dei pesi e contrappesi del nostro sistema parlamentare e ridimensionino il ruolo del presidente della Repubblica"

 

La battaglia si preannuncia dura e lunga, visto che la riforma dovrà passare il vaglio delle due Camere e poi essere sottoposta a referendum popolare. Il governo spera di poter approvare il testo entro la fine dell’anno, ma non è escluso che possano emergere delle resistenze anche all’interno della stessa maggioranza. Il premier Meloni dovrà dimostrare di avere la forza e la determinazione per portare a termine il suo progetto di rinnovamento istituzionale.

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