Le possibili conseguenze

Assegno unico in bilico, l’Ue ne contesta i requisiti ‘discriminanti’

La Commissione europea procede con l’infrazione contro l’Italia per la misura di sostegno ai figli, perché violerebbe il diritto comunitario di circolazione

Assegno unico in bilico, l’Ue ne contesta i requisiti ‘discriminanti’

L’assegno unico universale è una prestazione sociale che il governo Draghi ha introdotto nel marzo 2022 per aiutare le famiglie con figli a carico. Si tratta di un importo mensile che varia in base al numero e all’età dei figli, al reddito e alla composizione familiare. L’assegno unico che ha sostituito le precedenti detrazioni fiscali e i bonus per i figli, secondo le statistiche dell’Inps, tra gennaio e settembre 2023, è stato elargito a 6,3 milioni di famiglie per 9,8 milioni di figli, distribuendo complessivamente 13,4 miliardi di euro.

Tuttavia, la misura di sostegno non ha convinto la Commissione europea, che ha aperto una procedura di infrazione contro l’Italia nel febbraio scorso. Il motivo della contestazione è che l’assegno unico richiede dei requisiti che discriminano i cittadini comunitari residenti in Italia. In particolare, per accedere all’assegno unico, bisogna risiedere da almeno due anni in Italia e convivere con i propri figli. Queste condizioni, secondo Bruxelles, violano il regolamento sul coordinamento della sicurezza sociale e il principio della libera circolazione dei lavoratori, che proibiscono qualsiasi requisito di residenza per ricevere prestazioni di sicurezza sociale come gli assegni familiari.

 

La reazione dell’Italia

L’Italia ha risposto alla lettera di messa in mora della Commissione nel giugno scorso, ma la sua risposta non ha dissipato le preoccupazioni di Bruxelles. Per questo motivo, la Commissione ha deciso di andare avanti con il secondo passo della procedura di infrazione, inviando un parere motivato all’Italia. Si tratta di un atto formale che dà un termine di due mesi entro il quale lo Stato membro deve conformarsi al diritto dell’Unione. Se l’Italia non dovesse rispettare il termine o non dovesse cambiare la sua normativa sull’assegno unico, la Commissione potrebbe portare il caso alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, che potrebbe infliggere delle sanzioni pecuniarie.

 

Le possibili conseguenze per le famiglie 

La procedura di infrazione potrebbe avere delle implicazioni sulle famiglie italiane che ricevono l’assegno unico, ma anche su quelle comunitarie che ne sono escluse. Se l’Italia dovesse modificare la sua normativa, potrebbe dover estendere l’assegno unico a tutti i cittadini comunitari residenti in Italia, anche se non convivono con i propri figli o se sono arrivati da meno di due anni. Inoltre, potrebbe dover riconoscere l’assegno unico anche per i figli residenti all’estero, come già stabilito dalla Corte di Giustizia in seguito a un ricorso presentato dall’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione. Questo comporterebbe un aumento della spesa pubblica e una diminuzione dell’importo dell’assegno unico per le famiglie italiane.

 

La scelta del Governo di non potenziare l’assegno unico 

La procedura europea contro l’assegno unico è una delle ragioni per cui il Governo italiano ha scelto di non rafforzare la misura di sostegno per le famiglie con figli con la prossima legge di Bilancio. «Concentrare tutte le risorse disponibili per la natalità su una misura oggetto di infrazione a livello comunitario potrebbe essere rischioso». Con queste parole la ministra per la famiglia, Eugenia Roccella, qualche settimana fa aveva commentato la critica di non aver inserito in manovra un potenziamento dell’assegno unico. La scelta invece è stata quella di usare il risparmio della misura - pari a circa un miliardo di euro nel 2022 a causa del mancato raggiungimento dell’intera platea di potenziali beneficiari - su altri aiuti per le famiglie, in particolare per chi ha almeno due figli, introdotti in legge di Bilancio. Tra questi, ad esempio, lo sgravio per le madri lavoratrici con almeno due figli, la mensilità in più di congedo parentale al 60% e il potenziamento del bonus nido per il secondo figlio. Misure in alcuni casi non strutturali (quindi da rinnovare negli anni successivi) e capaci di raggiungere una platea più ristretta rispetto a quella dell’assegno unico, ma su cui non grava la minaccia dell’infrazione europea.

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