Il 66esimo giorno

Gaza, la crisi umanitaria senza fine. L’Onu sfida il veto Usa

Martedì fissata una nuova Assemblea. Hamas rifiuta di liberare gli ostaggi israeliani senza negoziati mentre Netanyahu esorta i terroristi a arrendersi

Gaza, la crisi umanitaria senza fine. L’Onu sfida il veto Usa

La Striscia di Gaza è diventata "un inferno in terra, dove si muore di fame". Queste sono le parole usate dall'Onu per descrivere la situazione di 1 milione e 800mila palestinesi che vivono sotto l'assedio israeliano e il fuoco di Hamas, il movimento islamista che controlla il territorio dal 2007. Dopo 66 giorni di guerra, il bilancio è di 18mila morti, 50mila feriti e una devastazione senza precedenti. Le infrastrutture sono distrutte, l'acqua e l'elettricità sono scarse, gli aiuti umanitari sono insufficienti. Le organizzazioni mediche denunciano la mancanza di cure e di condizioni igieniche minime. A Rafah, la città più a sud della Striscia, in alcuni rifugi ci sono 600 persone per un solo bagno.

 

L'Assemblea generale dell'Onu contro il veto Usa

Per cercare di porre fine a questa tragedia, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite si riunirà martedì in una sessione speciale di emergenza per discutere il veto presentato dagli Stati Uniti all'ultima risoluzione del Consiglio di sicurezza venerdì scorso, che chiedeva di fermare immediatamente il fuoco a Gaza. Il veto degli Stati Uniti, che hanno sempre sostenuto Israele, ha suscitato numerose critiche da parte del mondo musulmano, ma anche di Russia, Cina e Paesi africani e asiatici. Il presidente dell'Assemblea può convocare una sessione straordinaria ogni volta che uno dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza - Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Regno Unito - si avvale del proprio diritto di veto per impedire una delibera che altrimenti avrebbe ottenuto la maggioranza necessaria (9 membri su 15). Già il 27 ottobre l'Assemblea si era riunita in maniera straordinaria, anche dopo l'ennesimo veto statunitense, e ha deciso di chiedere "una tregua umanitaria immediata, duratura e prolungata che porti alla cessazione delle ostilità". Quel testo è stato sostenuto da 120 paesi, tra cui Francia e Spagna, ed è stato respinto da 14 - Stati Uniti, Israele e altri 12 paesi alleati - mentre 45 si sono astenuti, tra cui Canada, Regno Unito, Germania e Italia. Giova ricordare che, a differenza delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza, quelle dell'Assemblea generale non sono vincolanti e hanno solo un valore politico.

 

Hamas: "Nessun ostaggio libero senza negoziati"

Uno dei nodi più spinosi della crisi è quello degli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas. Il movimento islamista ha dichiarato che non li rilascerà a meno che non si aprano dei colloqui su accordi di scambio mirati. Lo ha detto Abu Obaida, portavoce delle Brigate al-Qassam, in un messaggio preregistrato trasmesso da Al Jazeera. "Diciamo agli israeliani che Netanyahu, Gallant e altri membri del gabinetto di guerra non possono riportare indietro i loro prigionieri senza negoziati. L'ultima uccisione di un prigioniero che hanno cercato di riprendere con la forza lo dimostra", ha aggiunto Obaida. 

 

Netanyahu: "Arrendetevi, non morite per Sinwar"

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, dal canto suo, ha affermato che dozzine di terroristi di Hamas si sono arresi alle forze israeliane negli ultimi giorni, il che, a suo dire, dimostra il fallimento di Hamas e della sua lotta contro Israele. "Negli ultimi giorni decine di terroristi di Hamas si sono arresi davanti alle nostre Forze. Hanno deposto le armi e si sono consegnati ai nostri coraggiosi combattenti", ha dichiarato Netanyahu in un video messaggio rilanciato dai media israeliani. "Ci vorrà più tempo, la guerra è ancora in pieno vigore, ma questo è l'inizio della fine di Hamas", ha aggiunto. "Dico ai terroristi di Hamas: è finita. Non morite per Sinwar. Arrendetevi adesso". Con Sinwar, Netanyahu si riferisce a Yahya Sinwar, il leader di Hamas a Gaza, considerato un falco e un sostenitore della resistenza armata. Sinwar è sopravvissuto a diversi tentativi di assassinio da parte di Israele, l'ultimo dei quali il 12 novembre, quando un raid aereo ha colpito la sua casa. 

 

La situazione umanitaria a Gaza

Nel frattempo, la situazione umanitaria a Gaza resta drammatica. Le organizzazioni mediche, tra cui Medici Senza Frontiere, hanno denunciato la mancanza di cure e di condizioni igieniche minime. A Rafah, la città più a sud della Striscia, in alcuni rifugi ci sono 600 persone per un solo bagno. "Un paziente su due ha un'infezione alle vie respiratorie a causa della prolungata esposizione al freddo e alla pioggia” afferma Nicholas Papachrysostomou, coordinatore delle emergenze di MSF a Gaza. “Le persone vivono in condizioni igieniche estreme, senza acqua corrente, senza servizi igienici, senza sapone". MSF ha iniziato a sostenere la clinica di Al-Shaboura, dove il primo giorno ha curato oltre 130 pazienti. La maggior parte di loro soffre di ferite da arma da fuoco, ustioni, fratture e traumi psicologici. MSF chiede a Israele e agli altri attori coinvolti nel conflitto di rispettare il diritto internazionale umanitario e di garantire l'accesso degli aiuti umanitari alla popolazione civile.

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