Il bradisismo flegreo

Campi Flegrei, il supervulcano che minaccia l’Italia e l’Europa

La grande caldera è in uno stato di intensa attività sismica e bradisismica. Ma quali sono i rischi di un’eruzione e quali le misure di prevenzione?

Campi Flegrei, il supervulcano che minaccia l’Italia e l’Europa

Il supervulcano dei Campi Flegrei è una vasta area di origine vulcanica situata a nord-ovest della città di Napoli. Si tratta di uno dei supervulcani (o grande caldera) tra i più pericolosi al mondo ed è famoso per il fenomeno del bradisismo, un periodico innalzamento e abbassamento del livello del terreno.

 

Lo sciame sismico e il bradisismo flegreo

Nella notte tra il 2 e il 3 ottobre 2023, una scossa di terremoto di magnitudo 4.0 con epicentro nei Campi Flegrei è stata avvertita a Napoli e nei dintorni. Si è trattato del terremoto “più forte degli ultimi 40 anni” ed è avvenuto durante uno sciame sismico cominciato il giorno prima, caratterizzato da 60 eventi di intensità inferiore. Lo sciame sismico si inquadra nella dinamica bradisismica, che negli ultimi giorni ha subito una lieve accelerazione, vale a dire che il processo di sollevamento del suolo si sta leggermente intensificando. Il bradisismo flegreo è causato dalla risalita di fluidi magmatici nella camera magmatica sottostante la caldera, che provoca deformazioni e tensioni nel terreno. Questo fenomeno è monitorato costantemente dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), che ha stabilito quattro livelli di allerta: verde, giallo, arancione e rosso. Dal 2015 il livello di allerta della protezione civile è passato da verde a giallo.

 

L’ultima eruzione dei Campi Flegrei e la sua storia

L’ultima eruzione dei Campi Flegrei è avvenuta nel 1538 e ha dato origine al Monte Nuovo, un cono vulcanico alto circa 130 metri. Questa eruzione, seppur di piccola entità, ha interrotto un periodo di quiescenza di circa 3000 anni e ha causato la distruzione del villaggio di Tripergole. L’eruzione è stata preceduta da una serie di terremoti e da un ritiro del mare di circa 400 metri. L’eruzione è stata documentata da numerosi testimoni dell’epoca, che hanno descritto le fasi dello sviluppo del cono e gli effetti sulla popolazione e sull’ambiente.

Ma l'ultima grande eruzione risale a circa 15 mila anni fa e produsse il Tufo Giallo Napoletano, una formazione geologica che ricopre gran parte della città di Napoli e dei suoi dintorni. L’evento più catastrofico, però, fu quello dell’Ignimbrite Campana, avvenuto circa 39 mila anni fa, che fu la più grande eruzione vulcanica dell’area mediterranea negli ultimi 200 mila anni. Si stima che furono espulsi 40 chilometri cubici di magma, che formarono una nube ardente che si estese per centinaia di chilometri e ricoprì di cenere gran parte dell’Italia meridionale e dell’Europa orientale. La quantità di cenere fu tale da oscurare il sole, generando un raffreddamento globale, con effetti devastanti sul clima e sulla biodiversità.

 

Il rischio di un’eruzione e le conseguenze

Un’eruzione di tale portata oggi avrebbe conseguenze catastrofiche per l’Italia e per l’Europa, sia in termini di perdite di vite umane, sia di danni ambientali ed economici. Si parla di una possibile eruzione di tipo pliniano, cioè caratterizzata da un’esplosione violenta che genera una colonna eruttiva di gas, cenere e pomici che può raggiungere decine di chilometri di altezza. Questa colonna eruttiva può poi collassare e formare delle correnti piroclastiche, cioè dei flussi di materiale incandescente che si muovono a grande velocità e possono distruggere tutto ciò che incontrano sul loro cammino. Inoltre, la cenere vulcanica può provocare problemi alla salute, alla circolazione aerea, all’agricoltura e alle infrastrutture.

 

Le misure di prevenzione e di protezione civile

Di fronte a uno scenario così allarmante, è fondamentale monitorare costantemente l’attività del supervulcano e predisporre dei piani di emergenza e di evacuazione. L’INGV, insieme ad altri enti di ricerca nazionali e internazionali, studia da anni i fenomeni fisici e chimici che caratterizzano il sistema vulcanico dei Campi Flegrei, utilizzando diverse tecniche di osservazione e di modellazione. L’obiettivo è di capire meglio i meccanismi che regolano il comportamento del supervulcano e di valutare la probabilità e il tipo di un’eruzione futura. Allo stesso tempo, la protezione civile ha elaborato un piano di emergenza che prevede la suddivisione del territorio in quattro zone di rischio (rossa, gialla, blu e verde) e la definizione delle modalità di evacuazione e di assistenza alla popolazione. Il piano di emergenza è stato aggiornato nel 2019 e coinvolge circa 700 mila persone che vivono nell’area flegrea. Si tratta di un’operazione complessa e delicata, che richiede la collaborazione tra le istituzioni, le forze dell’ordine, i volontari e i cittadini.

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