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Il Governo, i grillini e la pace virtuale con il partito democratico

Dem e premier provano a ricucire ma il quadro politico è tutt’altro che semplice. Intanto il decreto Semplificazioni dovrebbe arrivare in Cdm lunedì

Il Governo, i grillini e la pace virtuale con il partito democratico

La tregua tra il segretario del Pd Nicola Zingaretti e il premier Giuseppe Conte, dopo giornate fatte di incomprensioni, appelli, silenzi e scarsa interlocuzione, porta con sé una distensione più sul piano personale che politico. I due leader sono tornati a parlarsi. E, certamente, con l’intenzione di trovare un punto d’incontro e un compromesso sui tanti dossier aperti. A partire dal decreto Semplificazioni che lunedì dovrebbe arrivare in Consiglio dei Ministri. Ma il quadro politico è tutt’altro che semplice. E non è detto i protagonisti dell’incontro di ieri a Palazzo Chigi riescano a trovare la quadra. E soprattutto a tenere a bada i fronti interni.


Il problema ce l’ha soprattutto Conte con i grillini. L’invito di ieri del premier a presentarsi uniti (con il Pd) alle Regionali non ha fatto piacere al M5s. “Sarebbe una sconfitta per tutti anche per me se non si trovasse il modo per fare un passo avanti” ha detto il premier. Ma le sue parole sono parecchio distanti dalla realtà. Perché a livello locale l’alleanza Cinquestelle – democratici proprio non decolla. Solo in Liguria – unica delle sei Regioni che andranno al voto a settembre – c’è qualche spiraglio per un accordo ora che il confronto si è riaperto sul nome del giornalista Ferruccio Sansa. Ma non c’è altro. A parte i mal di pancia che Conte avrebbe provocato intervenendo a gamba tesa nelle scelte interne al Movimento. Che risulta essere particolarmente suscettibile in questa fase. Oltre che spaccato e disorientato. Con un reggente ufficiale, il senatore Vito Crimi, in carica da gennaio 2022, e tre leader putativi: appunto il premier Conte, e gli storici Luigi Di Maio e Beppe Grillo. Quest’ultimo riemerso qualche settimana fa dal silenzio, ma solo per zittire le velleità democratiche di Alessandro Di Battista che chiedeva un congresso.


E poi c’è il Mes. E’ ormai opinione comune che il presidente del Consiglio non ha nessuna preclusione verso il Meccanismo di Stabilità. Ma il punto è che finora non è riuscito a convincere i ‘suoi’ dell’opportunità di attivare la linea di credito da 37 miliardi. E anche se in settimana qualche voce fuori dal coro pentastellato si è levata – vedi quella del senatore Primo Di Nicola – la linea dell’intransigenza prevale. Come se la posizione sul Fondo Salva Stati fosse diventata una sorta di roccaforte ideologica, un punto di riferimento per un Movimento che perde pezzi – al Senato sembra che siano in uscita altri parlamentari – e diviso tra l’essere partito di lotta e di Governo. Un gioco che alla lunga ne sta erodendo identità e consenso.


Non va meglio per i democratici. Zingaretti in questi giorni è stato ‘costretto’ a fare la ‘voce grossa’. Il pungolo ‘interno’ ad essere più incisivo verso il premier e gli altri azionisti di maggioranza, oltre al timore, ormai fondato, che altri aspiranti segretari - vedi il presidente dell’Emilia Romagna, Bonaccini - siano all’orizzonte, hanno smosso il capo del Nazareno. Facendolo deviare da quel suo modus operandi, quasi doroteo, di chi preferisce lavorare sempre dietro le quinte, piuttosto che andare allo scontro aperto. Ma tant’è. Conte ha atteso qualche giorno prima di incontrarlo. E ha anche lasciato cadere l’appello-manifesto pro Mes sottoscritto dal segretario dem e pubblicato sul Corriere della Sera. Sbilanciandosi solo dopo l’incontro a Palazzo Chigi con un generico: ‘Vedremo’. Sul resto si sa poco lo stesso.


Lunedì è probabile che il decreto Semplificazioni arriverà sul tavolo del Consiglio dei ministri. Conte l’ha definito la ‘madre di tutte le riforme’ ma i termini dell’accordo non sono stati svelati. Soprattutto per quanto riguarda gli appalti ‘veloci’. Che nei giorni scorsi avevano creato non pochi dissapori. Proprio ieri l’Autorità anticorruzione si è detta contraria al ‘modello Genova’ e ai super-commissari, ipotesi che invece il premier sostiene per sbloccare rapidamente i cantieri e rimettere in moto parte dell’economia. Per la riforma dei decreti Sicurezza di Salvini c’è da attendere. Mentre per il decreto Rilancio ci pensa la spinosa riduzione dell’Iva a tenere distanti Pd e Palazzo Chigi.


Anche le aperture di Berlusconi verso il Governo stanno creando qualche scompiglio. La sortita del cavaliere che sarebbe “pronto ad entrare al governo con una nuova maggioranza” ha mandato in fibrillazione più di qualche capodelegazione. Conte ha parlato di “atteggiamento costruttivo di Forza Italia”. Certo, l’assist del leader azzurro al premier- che ora al Senato conta su numeri davvero risicati - c’è tutto. Ma l’argomento sembra fuori discussione.

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